IL CRISTALLO, 2008 L 2-3 [stampa]

PRESENTAZIONE

di CLAUDIO NOLET

 

La rivista di varia umanità "Il Cristallo" giunge al suo mezzo secolo di vita. È una rivista di provincia, ma di una "provincia difficile", di confine.
Esce in lingua italiana in una terra prevalentemente tedesca.
Può essere interessante osservare come il gruppo linguistico italiano, in buona parte formatosi per le correnti migratorie propiziate dall'annessione del territorio all'Italia dopo la prima guerra mondiale e confermata anche dopo la seconda guerra mondiale, abbia vissuto la sua identità culturale nella difficile condizione di chi deve confrontarsi con chi ne ha un'altra forte di ormai antiche tradizioni ben radicate localmente.
Quando il Centro di cultura dell'Alto Adige, per iniziativa del prof. Giuseppe Negri, decise di dare vita a questa rivista, la situazione politica locale era caratterizzata da forti tensioni riguardo allo statuto di autonomia che veniva ritenuto inadeguato a tutelare veramente le minoranze linguistiche. Era senza dubbio un momento difficile che richiedeva al gruppo linguistico italiano un grande sforzo di riflessione sul senso della propria presenza, sul significato dall'appartenenza alla cultura nazionale e sulla necessità di stabilire un rapporto costruttivo con la cultura tedesca.
Nei primi anni dalla fine della guerra i due gruppi maggiori dovettero in un certo senso ricostituirsi. Il compito fu particolarmente difficile per il gruppo di lingua tedesca, per i sudtirolesi, non pochi dei quali erano stati dispersi oltreconfine a causa delle "opzioni "del 1939, concordate tra Italia e Germania, che di fatto imposero alle minoranze linguistiche la scelta tra il restare in Italia senza garanzie della difesa della propria identità culturale e l'emigrazione nella Germania di Hitler.
Gli italiani dell'Alto Adige, dopo il periodo dell'occupazione tedesca e dell'"Alpenvorland", ripresero rapidamente i contatti con la vita culturale nazionale, accogliendone gli stimoli, partecipando alla grande speranza di un riscatto e di un rinnovamento del Paese dopo la dittatura fascista e le sciagure della guerra. In un certo senso la cultura degli italiani fu più pronta ad aprirsi alle correnti innovative della cultura europea ed americana di quella sudtirolese che doveva fare i conti con consolidate tradizioni contadine.
Forse per gli italiani più illuminati era venuto il momento di considerare anche i rapporti con la cultura tedesca, ma non si può dire che avessero piena consapevolezza di quanto particolare fosse il modo di essere tedeschi dei sudtirolesi.
I programmi del Centro di cultura dell'Alto Adige erano animati da un grande desiderio di dare importanza alla letteratura cui si attribuiva il compito di creare le condizioni di una convivenza civile. In certa misura sia il Centro che la rivista rimasero nel corso dei decenni fedeli a questa impostazione.
Certamente quando la provincia dovette affrontare una grave crisi politica che rendeva difficile la convivenza fra i gruppi linguistici, la rivista dovette andare oltre alla letteratura e proporre ai suoi lettori una cronaca attenta degli avvenimenti politici cercando di superare le polemiche accesissime sul piano politico e distanziandosi nettamente da ogni atteggiamento nazionalistico.
Pur non essendo stato concordato un preciso orientamento politico, la rivista mostrò nel corso degli anni di privilegiare gli atteggiamenti che promuovevano gli incontri fra la cultura italiana e tedesca e favorivano l'intesa fra i gruppi linguistici in una prospettiva europeistica.

 

Nel cinquantenario della rivista il Centro di cultura dell'Alto Adige presenta una antologia essenziale dei volumi pubblicati in un primo tempo con una periodicità semestrale e poi quadrimestrale. Nell'ultimo triennio si è di fatto ripresa la periodicità semestrale anche se uno dei numero è doppio.
Il prof. Negri è riuscito ad assicurare una regolarità esemplare della pubblicazione dei volumi, garantendo la qualità dei contenuti e il rigore della veste tipografica.
Egli si era proposto di sostenere l'attività del Centro di cultura dell'Alto Adige anche con una attività editoriale che ha avuto momenti significativi quando si sono pubblicati volumi indipendenti dalla rivista, dei quali uno, che raccoglie lezioni sulla storia d'Italia dal 1914 al 1948, è stato sempre citato nelle bibliografie sulla storia dell'Italia contemporanea.
Certamente fino agli anni settanta il Centro di cultura ebbe una funzione importante: non solo Bolzano non era sede universitaria, ma mancavano sale, un auditorium e un teatro cittadino. Soltanto con il nuovo statuto di autonomia la Provincia autonoma di Bolzano e i comuni poterono destinare risorse per sostenere le attività culturali. Leggi e provvedimenti per l'educazione permanente hanno poi favorito uno sviluppo eccezionale delle iniziative culturali.
Il panorama è completamento cambiato rispetto ai primi vent'anni del dopoguerra. La piccola provincia di Bolzano è ormai partecipe della cultura contemporanea nei suoi molteplici aspetti. Ha una università trilingue ed ha istituzioni che vanno oltre la cultura umanistica tradizionale.
Forse è anche venuto il momento di riflettere sulle vicende di questi ultimi cinquant'anni, di tentare un bilancio delle esperienze fatte, di considerare gli aspetti positivi, i limiti e le occasioni perdute che hanno impedito di fare meglio.
Questa antologia vuole essere un piccolo contributo, uno stimolo, a fare questo bilancio.
Ci si è proposti perciò di riprodurre anastaticamente saggi e recensioni che fossero significativi come documento dell'orientamento della rivista e che in qualche modo indicassero la temperie culturale del momento in cui furono scritti. La scelta non vuole essere prevalentemente frutto di un giudizio di valore, ma piuttosto la ricerca di testimonianze di un impegno culturale.
Si pubblicano anche recensioni perché possono essere un indizio degli interessi dei collaboratori più assidui. È, ad esempio, significativo che nei primi volumi della rivista le recensioni siano quasi brani di diario di una lettura attenta di opere che consentivano il recupero di ciò che era andato perso durante la guerra, oppure erano, sia pure con un certo ritardo, il recepire gli stimoli più innovativi. E a questo proposito si possono citare i contributi di Luigi Serravalli, che fu sempre vicino nel corso degli anni alla rivista, e di Lidia Menapace, apprezzata docente di lettere che avrebbe in seguito partecipato con straordinario impegno alla vita politica nazionale.
Scorrendo i nomi degli autori dei saggi si vedrà che solo in parte sono di Bolzano e della provincia. Intenzione principale del direttore e della redazione della rivista è stata sempre quella di favorire una certa "interattività" tra centro e periferia.
Per mettere in evidenza questa impostazione sono pubblicati nell'antologia scritti di Guido Calogero, di Francesco Capanna, di Francesco Flora, di Giovanni Spadolini, di Bruno Maier, di Vito Pallabazzer, di Horst Rüdiger e di Elda Tapparelli.
Si è detto del carattere letterario della rivista. Ciò è vero per i saggi e per parte delle recensioni che sono comprese nell'antologia, è meno vero per le ampie sezioni dedicate alle cronache d'arte, alle rassegne delle stagioni teatrali, alla cronaca degli avvenimenti politici (quest'ultima già pubblicata in volumi a parte) che ovviamente non vengono qui ristampate. Il Cristallo ha preso posizione sulla questione universitaria e sui problemi fondamentali della convivenza interetnica nella provincia.
Documenti di rilievo dell'attenzione della rivista per il teatro sono i saggi di Piero Agostini, di Marco Bernardi, di Massimo Bertoldi, di Alessandro Fersen, di Umberto Gandini e di Fantasio Piccoli. La rivista ha seguito e sostenuto l'attività del Teatro stabile di Bolzano, istituzione che lega la provincia alla vita teatrale italiana nelle sue espressioni di maggior valore.
Il Centro di cultura ha pubblicato un volume dedicato alla storia di questa istituzione.
Per quanto riguarda le note d'arte va ricordato Pier Luigi Siena che è stato a lungo, dal dopoguerra in poi, un punto di riferimento per l'arte contemporanea a Bolzano tanto da essere nominato direttore del museo di arte contemporanea, del "Museion". Nell'antologia sono pubblicati due testi che Siena ha dedicato a Valier e a Plattner, due artisti altoatesini che si sono affermati nella seconda metà del Novecento.
Silvia Spada dedica un saggio commemorativo a Nicolò Rasmo, figura importante di studioso dell'arte locale, di rara competenza.
Grazie alla collaborazione di Bruno Maier la rivista ha avuto una certa attenzione per la letteratura giuliana, una letteratura di terra di confine che ha molti lettori a Bolzano e nella provincia. Gli autori locali sono qui rappresentati da Silvano Demarchi e da Sandro Guarneri, che fanno parte del comitato di redazione della rivista.
Negli ultimi anni la rivista si è valsa anche dei contributi di docenti della Libera Università di Bolzano.
Si può affermare, mi sembra, che la rivista è rimasta nel corso dei decenni fedele alla sua ispirazione originaria. Forse è stata troppo prudente, non per calcolo, ma per un senso di responsabilità, dovendo esprimere la cultura del gruppo linguistico italiano in una terra in cui i confronti possono essere aspri e duri.