IL CRISTALLO, 1994 XXXVI 2 [stampa]

LA POESIA DI JAQUES PRÉVERT, SIMBOLO DI UN'EPOCA.

di ELENA FIORIOLI

Nell'autunno del 1943, cinquant'anni fa, studenti del liceo di Reims curano un'edizione clandestina di poemi di Jaques Prèvert. Ricordiamo questa vicenda per mettere l'accento sul fatto che il poeta riuscì sempre a catturare l'attenzione e l'entusiasmo dei giovani e non di una sola generazione. Nato nel 1900, egli manifestò molto presto la sua vocazione d'artista

anche se per guadagnarsi da vivere fu costretto a svariati mestieri.1 I suoi primi testi videro la stampa a cominciare dal 1930, sparsi in riviste varie. E nel frattempo iniziò un'attività teatrale2 parallelamente a collaborazioni cinematografiche, tra cui quelle con Marcel Carné che sono tuttora importanti punti di riferimento per la storia del cinema. Proprio del '43 è la sceneggiatura di Les enfants du Paradis3. Ma ci soffermeremo solo sulla produzione poetica di Prévert che ebbe una grande popolarità e che segna un'epoca.

Il mutamento dominante della letteratura francese del dopo-guerra, come del resto in tutta la cultura occidentale, fu la volontà di legare l'idea di letteratura a quella di società. Il legame con le vicende socio-politiche appare particolarmente evidente sul terreno del romanzo e della critica che si collocano nel vasto tentativo di rinnovamento e diedero luogo al «nouveau romane ed alla «nouvelle critique». La filosofia roteò attorno all'esistenzialismo, la linguistica prese una nuova veste con lo strutturalismo, il teatro inalberò un nuovo vessillo e divenne teatro dell'«assurdo» e «nouveau théàtre». Le innovazioni serpeggiando s'intrecciarono nei vari settori. Però la poesia molto spesso sfuggì a queste ricerche e alle faticose sperimentazioni che convergevano in schemi strumentalizzati.È tutt'altro che facile definire Prévert. Poeta surrealista se si pensa che molto giovane fece parte del gruppo surrealista4. Poeta popolare5 se si ricorda quale popolarità gli diedero cantanti famosi come Pierre Brasseur, Juliette Greco, Yves Montand.6 Non fu un poeta,<engagé», però non si estraniò dagli eventi del suo tempo, pur non partecipandovi direttamente. Quindi non si può mettere un'etichetta al nostro poeta: nella sua opera si riscontrano sentimenti contraddittori, spirito caustico e tenerezza, humour e slancio lirico, satira irriverente e calore umano, empietà e pietà.

Jacques Prévert fu un testimone inalienabile del suo tempo ed anche un precursore di una dissacrazione che prenderà piede non molto dopo di lui. Seppe esprimere, con una poesia gioiosa, sofferta, ammonitrice, tutto quanto c'è di polifonico nella realtà: immagini inquietanti che lasciano intravvedere una stupita lucidità. Si disse che Prévert subì la seduzione del marxismo.7 Ad una valutazione imparziale, appare un autore le cui implicazioni filosofiche e politiche non incisero in modo tale da essere inglobato in questo o in quel movimento. Certo, ebbe un temperamento ribelle intellettualmente, con un impulso profondo verso la libertà e la spontaneità, con un animo particolarmente incline alla poesia, dal lirismo sentimentale al comico boulevardier, sempre pronto ad afferrare le suggestioni del vivere quotidiano, a sviluppare scene e situazioni con realismo poetico. Le immagini, gli aneddoti, le bizzarrie davano luogo ad una effusione pseudo-autobiografica, ma soprattutto ad un mosaico di realtà che si scompongono e ricompongono con una sottile opera di ricognizione della verità, con il culto dell'ironia e della libertà.

Eluard aveva proclamato «la liberté absolue de la parole'. Come Eluard, ma per vie diverse, Prévert scelse la sua libertà. Anticonformista, contestatario, non fece tuttavia pesare sui suoi versi idee o intenzioni derivanti dal surrealismo, dall'anarchismo o dal marxismo, pur rimanendo ideologicamente di sinistra.

Dopo Rimbaud, che aveva liberato la poesia dal razionale, per il poeta la creatività è una questione di linguaggio. Prévert, lui, conciliò un linguaggio accessibile a chiunque con l'ispirazione poetica più autentica. Ciò non significa che la nuova funzione disconosca quanto la classicità e le varie scuole tramandarono o sperimentarono. Non è possibile trovare un denominatore comune tra la produzione di Prévert e quella dei suoi contemporanei, una generazione che diede testimonianze toccanti del periodo bellico con Aragon e Eluard, aggressiva con Henri Michaud, propugnatrice di una «vérité poétique«con René Char o di un messaggio spirituale con i più giovani La Tour du Pin, Luc Estang e Pierre Emmanuel.

Prévert creò un suo proprio mondo alieno dai giochi della retorica, fedele alla formula che lo rese popolare, in cui semplicità, umanità, eccentricità trovarono immediata fortuna. Gli si rimproverò di non aver saputo rinnovarsi. Forse non volle di proposito abbandonare uno stile che gli era congeniale. Non è detto tuttavia che non abbia affrontato problemi seriosi, anche con un piglio clownesco o blasfemo, soprattutto in fatto di religione. La sua propensione allo scherzo si accompagnava ad un umorismo rabelaisiano che tocca al virtuosismo.

Il poeta componeva e si può dire che disseminava i suoi versi dove capitava, in un primo tempo semplicemente ciclostilati. René Bertelé ebbe il merito di ricercare i testi dispersi e, grazie al suo entusiasmo ed alla sua pazienza, furono riuniti in un volume, Paroles, edito nell'immediato dopo-guerra. Il libro ebbe subito un enorme successo8. Ma già prima, nello stesso anno 1945, la televisione francese aveva dedicato a Prévert cinque trasmissioni che portavano l'autore alle stelle. Seguirono altre edizioni di Paroles,9 altre raccolte di poesie, come Histoires (1946)10, La pluie et le beau temps (1955), ecc. I titoli stessi delle sue opere ci danno un panorama del suo programma poetico: dalle parole alle storie, dalle piccole rappresentazioni alle voci della natura sempre sul fluire di intuizioni che andavano di pari passo con le manifestazioni esterne, una vena istintiva che sapeva cogliere l'attimo fuggente, gioia o malinconia, ma anche la nausea dell'esistenza senza l'apparato ideologico sartriano.

E negli anni Cinquanta e Sessanta il poeta fu sulla cresta dell'onda, grazie anche alle canzoni che entusiasmarono più di una generazione. L'incontro felice fra poesia e canzone non è raro nella letteratura francese: si era già verificato con Paul Fort e Aragon, per non citare che due personalità del nostro secolo, ma assai dissimili e di diversa generazione. La canzone e la poesia, nelle loro più squisite espressioni, hanno funzioni simili, anche se non della stessa natura. Questo fenomeno, che dà popolarità alla poesia, non è esente da una certa ambiguità. Prévert seppe far convergere la dizione discorsiva del linguaggio usuale e l'affiato poetico con effetti anche un tantino istrionici. Esiste un disco, ormai d'interesse storico, in cui l'autore "crache» i suoi poemi sul ritmo rapido del linguaggio meccanico. Un altro celebre esempio, la registrazione che fece Apollinaire, con quella sua inimitabile dizione, del Pont Mirabeau.

La sensibilità del poeta trasforma le immagini: subentra un transfert dalla logica alla fantasia. Le strutture verbali incarnano le immagini e provocano l'emozione estetica, siano esse immagini familiari sospese ad una realtà emotiva, anche immagini arbitrarie e paradossali, pura creazione della mente. Le cose, i sogni subiscono la metamorfosi poetica e vivono in virtù del potere che esercitano, non solo alla lettura, ma anche tramite la musica e la voce del cantante. E sopravvive così una tradizione antichissima che ha le sue patenti di nobiltà.

Il poeta parla, racconta storie semplici e tutto diventa canto e molto spesso canzone. La sua poesia è amica della gioia, però sa anche farsi denuncia contro chi contrasta la meta cui è destinato l'uomo. E allora le parole del poeta diventano aggressive, talora violente. Ciò non toglie che quello che noi prediligiamo in questa produzione poetica siano gli inni alla vita che ci rallegra con i fiori, gli uccelli, gli innamorati, i paesaggi incantati.

La poesia di Prévert incontrò dunque l'assenso di un vasto pubblico perché sembra far respirare una freschezza inusuale, apparentemente non-curante di sottigliezze stilistiche. Non va dimenticato che la gente che si inebriava a quella poesia, a quelle canzoni, era appena uscita dalle prove terribili della seconda guerra mondiale.

Il poeta parla - non per niente il titolo del suo libro più celebre è Paroles - e libera le sue impressioni, la sua tenerezza ed anche le sue collere. Sembra lontano da qualsiasi artificio, parla con un eloquio istintivo, vicino al realismo popolare, trova sempre con disinvoltura le parole argute, le battute di spirito, in breve il linguaggio variopinto del popolo, sia del monello come dell'uomo fatto. Possiede una «verve» che lo porta ad attingere con felice intuito alle stramberie ed alla comicità popolari.

Jacques Prévert si espresse sempre con spontaneità e naturalezza, qualità che gli erano proprie. Inoltre non si può perdere di vista il fatto che egli fu uomo di cinema11, abituato alla scrittura del dialogo cinematografico e teatrale. Il suo sguardo passa da un oggetto all'altro, penetra nelle cose. La sua disinvoltura nel maneggiare le parole, dotata di un'originalità indiscutibile, ha una grande presa visiva sul lettore o sull'ascoltatore. Anche quando Prévert si serve del <calembour» o di altri mezzi linguistici per dare brio al suo eloquio, la sua non è una poesia popolare propriamente detta. È una poesia che portò un'ondata di gioventù dopo l'esperienza amara della guerra che divenne popolare perché piacque ai giovani.

Non si può pertanto affermare che Prévert sia stato surrealista, populista o esistenzialista. Egli assorbì, forse inconsciamente, dalle varie correnti quel che il momento vissuto, la realtà quotidiana, l'immaginazione, il sogno o meglio l'estro poetico gli suggerivano. La via della poesia recitata o cantata gli fu connaturale, corrispose al suo bisogno di immediatezza: così il poeta scrisse per coloro che lo ascoltavano nei cabarets o attraverso i mass-media.

L'aver appartenuto al mondo del cinema, oltre che del teatro, contribuì dunque a dare alla sua poesia dimensioni visive e sonore da angolazioni diverse. Prévert fu uomo dalle grandi curiosità e uomo di cultura anche se talora aveva l'aria di non prenderla sul serio. Sarebbe sbagliato credere che il poeta si rivolgesse essenzialmente al popolo: le sue allusioni letterarie sono frequenti e stanno ad indicare che egli dialogava con un pubblico colto. Anche gli artisti del suo tempo entrarono da personaggi nei suoi versi: Chagall, per esempio, «pas très loin d'un coq rouge et d'un musicien vert»12, ed altri grandi pittori come Joan Miro, Van Gogh, il doganiere Rousseau, Picasso. Ugualmente i siti, anonimi o diventati famosi come St-Paul-de-Vence, fecero da scenario al suo raccontare, al suo dialogare. Il piacere della satira, di cui aveva già dato prova nel Dîner de têtes, non è esente da un sottile veleno allorché puntava il mirino su certi scrittori o giornalisti, fra cui Jacques de Lacretelle, Paul Morand, Drieu la Rochelle, Maurras, ecc. Si trattava generalmente di simpatizzanti per la destra e per il fascismo. Con tono canzonatorio da vignettista rappresentò Mussolini, Franco, Hitler e compagnia! Ritraendo la realtà cadde talora in espressioni di cattivo gusto o volgarità. Nella Crosse en l'air per esempio, che è del 1946, mise sulla scena i detentori del potere, papa, re, dittatori: questa farsa grottesca, non priva di irriverenza sul piano religioso, ha il pregio di cogliere nel segno il divario tra la protervia, la smania di protagonismo e la miseria dei diseredati. L'ostilità nei confronti della religione è espressa, fra l'altro, anche nel poema Les ècritures saintes: le facezie non sono solo anticlericali, ma scadono nell'atteggiamento clownesco del miscredente.

Forse fu proprio della sua natura portare il piacere di ridere e di far ridere dentro le cose gravi. Tuttavia, accanto al compiacimento della rivolta, esiste la fede nel rinnovamento. Quel che prevale nella produzione pluriforme di Prévert è l'immagine del poeta delicato, sensibile, amico degli innamorati, vicino all'umanità sofferente. Chi potrebbe dimenticare Barbara?

Il pleuvait sans cesse sur Brest ce jour -la Et tu marchais souriante
Epanouie ravie ruisselante
Sous la pluie
....13

Abbiamo allora un Prévert dotato di una grande tenerezza e il suo slancio lirico si accompagna alle note di una musica struggente.

In fondo, l'eloquio scanzonato, l'eccentricità nell'elaborare ritratti bizzarri o testi azzardati, sembrerebbero rivelare, accanto al divertimento provocatorio, una certa innocenza, un candore perduto e ritrovato. Del mondo pieno di contraddizioni appare un'immagine riflessa nella Lanterne magique de Picasso, ove

Les idées pétrifiées devant la merveilleuse indifférence
D'un monde passionné
D'un monde retrouvé
D'un monde indiscutable et inexpliqué
...
D'un monde triste et gai
Tendre et cruel Réel et surréel
...
Solite et insolite
Beau comme tout14.

Quest'ultimo verso sovrasta tutte le miserie del mondo, è come uno squillo di tromba, un inno alla bellezza.

 


NOTE

1 Già a quindici anni incomiciò a lavorare per vivere. Nel 1920, durante il servizio militare, conobbe Yves Tanguy, il futuro pittore, e l'anno seguente Marcel Duhamel. Iniziarono così i primi contatti con il mondo dell'arte e della cultura. Nel 1925 entrò nel gruppo capeggiato da André Breton, ma ne venne escluso tre anni dopo.

2 A partire dal 1930 apparvero su riviste i primi testi letterari, poesie e brevi «pièce». In quell'anno divenne sceneggiatore. Nel 1932 conobbe il cineasta Eli Lotar e con lui incominciò a lavorare per il cinema. L'anno seguente fece la conoscenza di Joseph Kosma, che in seguito mise in musica parecchi dei suoi poemi. Tra il 1932 e il 1936 lavorò con la sua compagnia teatrale del «Groupe Octobre»: di questo periodo ricordiamo La bataille de Fontenoy che fu rappresentata a Mosca e a Leningrado ottenendo il primo premio all'olimpiade del Teatro Operaio.

3 Questo film, con Barrault e Arletty, ebbe in italiano il titolo di Amanti perduti. Con Marcel Carné collaborò assiduamente: Drôle de drame (1937), Quai des brumes (1938), stupendamente interpretato da Jean Gabin e Michèle Morgan, Le jour se lève (1942), Les portes de la nuit (1945). Ma aveva lavorato anche per altri registi celebri, fra cui Jean Renoir.

4 Si può senza alcun dubbio affermare che Prévert non fu in posizione tributaria nei confronti del surrealismo. Nella sua opera plurima si potrà notare la coesistenza di vari filoni letterari, su cui però prevalse la sua originalità.

5 Gaétan Picon ebbe a definire la poesia di Prévert «populaire», proprio tra virgolette: evidentemente intendeva nobilitare in un certo qual senso l'aggettivo.

6 A Yves Montand (scomparso tre anni or sono) fu particolarmente legato. Ricordiamo alcuni versi di un bel poema a lui dedicato:

Un rideau rouge se lève devant un rideau noir
Devant ce rideau noir
Yves Montand
avec le regard de ses yeux l'éclat de,son sourire les gestes
de ses mains la danne de ses pas
dessine de décor
...
(S'alza un sipario rosso davanti ad un sipario nero / Yves Montand con lo sguardo dei suoi occhi il lampo del suo sorriso i gesti delle sue mani la danza dei suoi passi / disegna lo scenario...).

Sembra che in onore del poeta il cantante abbia dato al figlio nato dal suo tardivo matrimonio il nome di Valentin Jacques.

7 Prese le distanze anche dal comunismo e fece della sua inclinazione critico-anarchica lo strumento di ricerca dei frammenti poetici della vita.

8 Si può dire che il 1945 segni l'avvio della fortuna d'artista di Jacques Prévert. Venne rappresentato al Teatro Sarah Bernhardt il suo balletto Le rendez-vous (musica di J. Kosma, coreografia di Roland Petit, sipario di Picasso) con i grandi nomi dell'epoca.

9 Nelle sucessive edizioni, le sue opere verranno arricchite da fotografie, disegni e composizioni di artisti famosi, fra cui Chagall, Braque, Miro.

10 In collaborazione con André Verdet.

11 Anche il fratello Pierre divenne un cineasta. Nel 1961 girò per la televisione belga il cortometraggio Mon frère Jacques.

12 Non molto lontano da un gallo rosso e da un musicista verde...

13 Pioveva senza tregua su Brest in quel giorno
E tu camminavi sorridente
Raggiante estasiata grondante
Sotto la pioggia...

14 Le idee pietrificate davanti alla meravigliosa indifferenza d'un mondo appassionato / D'un mondo ritrovato / D'un mondo indiscutibile e mai spiegato... D'un mondo triste e lieto / Tenero e crudele / Reale e surreale... Solito ed insolito / Incomparabilmente bello!

Jacque Prévert morì a Rennes nel 1977. Aveva settantasette anni.