IL CRISTALLO, 1989 XXXI 2 [stampa]

LA POESIA NEL TRENTINO ALTO ADIGE - a cura di Duccio Canestrini, Silvano Demarchi, Vittoriano Esposito - Ed. Forum/Quinta Generazione - Forlì - pagg. 395 - L. 25.000

recensione di FRANCESCO GARLATO

È possibile usare l'aggettivo «regionale» per la poesia? Penso che sia come chiedersi se è possibile usare un simile aggettivo per la pittura, per la musica, per la letteratura. Eppure, il problema non è così semplice. È vero che nell'arte l'incidenza di spessori e sedimentazioni dell'atmosfera culturale, psicologica, ambientale in cui vive l'artista, lascia tracce non trascurabili; ma è anche vero che determinate particolarità «locali» acquistano nella storia una valenza universale come elementi di quei rapporti che costituiscono l'anima della cultura. Per non essere... banale, penso a Dante -fra i tanti nei secoli- che viene «gustato» in tutto il mondo, a prescindere dalle culture di diversa e lontana matrice.

Rimane tuttavia la connotazione del «locale» come segno di una realtà che, inserendosi nella dimensione dell'universale, conferisce a questa la dinamica del confronto, dello stimolo, della dilatazione ai fruitori delle opere d'arte, come «strumento» che consente loro di entrare più agevolmente proprio nell'universale. Ciò potrà apparire come una contraddizione. Ma dobbiamo chiarire, riferendoci in particolare all'arte, che quando si parla di «universale» non si intende un concetto dal contenuto unico e assoluto. Forma e materia del suo essere disvelano possibilità che potremmo dire senza limiti. Esiste sempre predominante, sul piano esistenziale, il rapporto specifico che ogni singola persona vive con l'universale; ma l'universale non si esaurisce in tale rapporto, ma dilata l'atteggiamento vissuto del singolo (o del gruppo) verso se stesso. Ovvero, conferisce al «sentire» del fruitore, che pone in relazione una propria esperienza interiore con il messaggio dell'opera d'arte, il significato di un aggancio a valori -o quanto meno a realtà- che trascendono la singola persona -o il singolo gruppo-. E questo è uno degli aspetti essenziali di quella circolarità che caratterizza la cultura.

Ritornando alla poesia, che, come sottolineava Cesare Pavese, è la coscienza oscura -forse- dei rapporti, e in cui l'immagine poetica si trasfigura in contenuti trascendenti, toccando il senso dei valori della esperienza umana, non è dunque fuori luogo aver intitolato una consistente raccolta di versi: «La poesia nel Trentino Alto Adige». Va annotata quella preposizione «nel» (anziché «del», come sembrerebbe più spontaneo), che, se ha giustificazione nel fatto che non tutti i poeti ivi rappresentati sono originari della Regione, ma in essa vivono da più o meno lungo tempo, sembra sottintendere una certa «immersione» ambientale, nel senso e nello spessore cui sopra abbiamo fatto cenno.

Il volume, ricco di tanti nomi localmente più o meno conosciuti, rappresenta una silloge significativa della poesia «regionale»: emergono scorci di sensazioni profonde, di riflessioni tradotte in immagini, di aspirazioni che nascono da sensibilità attente a quei rapporti che tessono l'esistenza umana verso il ricamo di un destino superiore (anche quando predomina una vena di pessimismo), di esperienze interiori che illuminano di senso la realtà dell'uomo, della natura e della storia. E, in particolare per i poeti dell'Alto Adige, emerge la trasformazione dilatante del raccordo con lontane matrici di altre Regioni, indicando proprio la ricchezza degli «incontri».

Che cosa si ricava dalla lettura -anche rapsodica- di questo volume? Oltre le puntuali e pungolanti presentazioni curate da Canestrini, Demarchi ed Esposito, che aiutano a inquadrare poeti e momenti storici, cultura locale e agganci oltre i confini regionali, è possibile cogliere -ed è gratificante- il significato più chiaro della tensione umana verso il «poetare», come slancio non soltanto di autoaffermazione nel senso nobile del termine, quasi attestazione di un servizio offerto, ma anche di sete di valori che superino il piatto contingente, per fare della esperienza di vita, della vita e dello stesso contingente, una apertura a ciò che non muore e non può morire.