IL CRISTALLO, 2009 LI 2-3 [stampa]

IL MEDIALISMO NELL'ARTE

di VITTORIO SELLERI

Premessa


Oggi, in epoca post-industriale, con lo sviluppo di tecnologie come l'informatica, la telematica, la comunicazione satellitare, le comunicazioni audio-visive e altre, c'è stato uno stacco sia in senso espressivo sia formale fra arte precedente e arte nuova perché molti artisti nelle loro metodologie si sono rivolti sempre di più alle nuove tecnologie rinunciando ai mezzi tradizionali. Con il Medialismo abbiamo un'arte integrata, un'arte di "media mix", la pittura può essere dipinta come una foto digitale, un video può essere trattato come un dipinto, un messaggio digitale racchiuso in un floppy può diventare l'opera d'arte e così via. Con l'evoluzione continua delle tecniche di comunicazione e delle tecnologie il Medialismo si può considerare un'arte sempre in movimento, in continuo aggiornamento, o in "progress" nei suoi linguaggi e nei suoi contenuti.

Il Medialismo sottende una cultura complessa e multidisciplinare, con molti riferimenti ai mass media e alla comunicazione. L'arte non può operare sotto una campana di vetro ma è partecipe dell'evoluzione scientifica, tecnologica e sociale del periodo in cui agisce. Basti pensare, per esempio, come l'arrivo dell'elettricità e il successivo sviluppo industriale, abbia contribuito a sviluppare movimenti d'avanguardia come il Futurismo in Italia. È ovvio che nel periodo attuale dove la comunicazione e i mass media hanno tale importanza ci sia un'arte che rifletta questa situazione: il Medialismo lo fa, sia in modo critico sia in modo visionario.

Lo strutturalismo, la semiotica, il decostruzionismo, la Teoria della comunicazione linguistica di Jacobson o la Teoria matematica della comunicazione di Shannon e Weavers sono tutte teorie che hanno contribuito a capire la comunicazione nei suoi molteplici aspetti, fra cui gli sviluppi artistici e il modo di operare degli artisti stessi. Perciò, fra le «pieghe» di queste teorie, si possono trovare idee utili per comprendere meglio il Medialismo in arte e nella società in generale.

Si può leggere il medialismo a diversi livelli: critico-storico, artistico-stilistico, teorico-filosofico, semiotico-comunicazionale, sociale-comportamentale, psichicoantropologico e altri livelli ancora. Questa gamma di possibilità indica già tutta la complessità del Medialismo e dell'arte mediale in tutte le sue coniugazioni. Questa ricchezza di implicazioni culturali spiega anche l'interesse che il Medialismo può suscitare oggigiorno in una vasta audience.

I fondamenti culturali più pertinenti del Medialismo sono lo Strutturalismo linguistico, il Postrutturalismo, il Decostruzionismo, la Semiotica generale, la Semiotica dell'arte e la Teoria dell'informazione, tutte teorie che si collegano in vari modi alla comunicazione, allo studio dei Mass media, al Medialismo e alla storia della cultura nel 1900.

Si può anche obbiettare che per guardare e apprezzare un quadro di un artista medialista non è necessario avere conoscenze teoriche ma è anche vero, citando il famoso esempio culinario di Umberto Eco, che c'è una differenza fra chi gusta semplicemente un piatto prelibato e chi è in grado di capire sia gli ingredienti della ricetta sia il procedimento del cuoco che ha preparato il piatto: è un fattore di minore o maggiore conoscenza e non solo perché chi conosce la qualità degli ingredienti e capisce le difficoltà da superare nel cucinare il piatto, apprezza ancora di piùnil piatto stesso.


Il fondatore del Medialismo


Ogni nuovo movimento artistico di rilievo ha il suo "vate", il suo leader, il suo teorico. Basti pensare a Breton per il Surrealismo, a Marinetti per il Futurismo, a Bonito Oliva per la Transavanguardia, a Célan per l'Arte Povera, e così via. Tutti questi movimenti non si sarebbero affermati e valorizzati senza un guida teorica ma anche operativa e organizzatrice.

Nel Medialismo questo ruolo, fin dalle origini, è rappresentato da Gabriele Perretta, il fondatore e teorico del movimento.

Ecco una nota biografica1:

Gabriele Perretta (Napoli, 1958) è uno storico e saggista italiano. Studioso e ricercatore di arte, estetica e media, è conosciuto per aver ideato la teoria del Medialismo che ha esercitato un'estesa influenza sulle ricerche artistiche, soprattutto in Italia, a partire dagli anni novanta del XX secolo.

Insegna teoresi dell'estetica tecnologica all'Accademia di Belle Arti di Brera. Ha studiato Storia dell'Arte Moderna e Contemporanea, Filosofia e Sociologia all'Università degli Studi di Napoli. Si è laureato in filosofia e sociologia all'Università degli Studi di Trento, con una tesi sui sistemi di sviluppo e in filosofia del linguaggio. Ha poi seguito i corsi di semiologia di Roland Barthes al Collège de France, specializzandosi in Sociologia dei mezzi di comunicazione. Ha conseguito l'Agrégation Recherche in Teorie delle forme all'Università di Paris IV dove insegna storia e teoria della critica. Ha tenuto seminari e corsi nei dipartimenti di Barcellona, Lovanio, Francoforte. È stato per più di dieci anni redattore della rivista «Flash Art», poi coordinatore della testata «Juliet», membro del comitato scientifico de «La Stanza Rossa», collaboratore de «Il Giornale dell'Arte» e del bimestrale «Segno».


Le teorie del medialismo (attraverso Saggi, cataloghi, articoli)


Inizierò questa analisi del movimento esaminando tre importanti raccolte di saggi apparsi in corrispondenza ad alcune fra le principali mostre del ciclo espositivo con cui il Medialismo è stato fatto conoscere in Italia: Medialismo, Art. comm, Media. comm., ricordando che i saggi sono molti di più ma non possono essere commentati tutti per ovvie ragioni di spazio.

Inoltre bisogna osservare che oltre i saggi e i cataloghi delle mostre, Perretta ha pubblicato innumerevoli articoli, che si possono considerare brevi saggi, su diversi temi in innumerevoli riviste fra cui: Flash Art (Milano), Juliet (Trieste), Il segno (Pescara), Il Giornale dell'Arte (Torino) e altre.


"Medialismo" - Trevi Flash Art Museum


Nell'introduzione del volume Medialismo2, stampato in occasione della mostra "Medialismo" presso il Trevi Flash Art Museum, Trevi (PG), Perretta scrive:

"Secondo alcuni il medialismo oggi è per l'arte contemporanea quello che la Pop ha rappresentato per le provocazioni degli anni Cinquanta e Sessanta. Un gigante di stile che ha influenzato la forma dell'arte e, al tempo stesso, l'ha resa popolare. La verità è che l'arte contemporanea nel suo assetto strutturale, cioè nella sua composizione sistemica, si è estinta a causa di una concezione troppo spesso semplicistica del mondo. "

In questa frase Perretta pone subito il problema base che mette in relazione il Medialismo con l'arte contemporanea, o meglio il Medialismo riempie una lacuna dell'arte contemporanea: la mancanza di complessità strutturale. Una complessità che viene riempita in due modi, con la critica che si vale della metodologia semiotica e con le opere degli artisti che si appoggiano con diverse modalità ai nuovi media. Sia la critica che le opere fanno riferimento alla comunicazione e ai processi comunicativi sempre in evoluzione, ai mass-media e alla tecnologia con le sue continue novità. A tutto ciò corrisponde la trasformazione del concetto di arte tradizionalmente inteso e la metamorfosi dell'artista che cambia il suo modo di operare.

In sintesi Perretta aggiunge che la degenerazione dell'arte contemporanea è stata causata sia dal dogmatismo delle avanguardie sia dalle strategie del mercato, gallerie e istituzioni, finalizzate solo al successo e alla divulgazione delle idee dell'avanguardia a fini di oscurantismo e commercializzazione non di vera ricerca. Per rifondare l'idea stessa di avanguardia bisogna piuttosto parlare di pensiero complesso, aperto alla ricerca, stabilendo un rapporto tra ricerca e futuro. Perciò il compito degli artisti nuovi è quello di uscire da questa situazione ghettizzante di stallo e di pensare la complessità.

In questa analisi viene toccato anche il problema della distribuzione dell'opera d'arte: riuscirà l'opera d'arte a costare di meno e essere accessibile a un pubblico più vasto? Per costare di meno l'opera d'arte deve opporsi alla singolarità del prodotto. Il riferimento potrebbe essere un sistema come lo intende Mark Kostabi. Kostabi ha fondato una piccola impresa, uno studio d'arte di tipo artigianale con una ventina di artisti dipendenti che riproducono su tela le sue idee e progetti. Peretta dà poi una definizione della sua teoria generale sul Medialismo:

"Il medialismo non è un'Araba Fenice fine a se stessa, ma è una clonazione della razionalità, una razionalità che è scandita sulla paradossalità del presente. Mi sembra di aver detto in altre pagine che non bisogna farsi impressionare dalla consistenza della teoria rispetto alla nomenclatura ordinata degli artisti. Non si tratta né di un'inadeguatezza dell'idea rispetto al corpo delle opere né viceversa della praxis rispetto al noùs. L'una e l'altra sono adeguate ai tempi che corrono, ovvero sarebbe inadeguato pensare ad un medialismo solo a partire dalle nuove tecnologie della comunicazione, come hanno finito per fare Gianfranco Bettetini, Fausto Colombo, Nicoletta Vittadini, Paolo Vidali ed altri allievi di Macluhaniana memoria; come sarebbe altrettanto inadeguato pensarlocircoscritto al campo delle arti visive tradizionali."

Perretta conclude questa introduzione puntualizzando che il compito della sua generazione è stato quello di far convivere, mediare la pittura iconografica con il CD-Rom, con la Television-art, la televisione interattiva che si affermeranno nelle nostre case in un prossimo futuro nel quale nulla potrà più sfuggire alla tecnica per cui sarà molto importante controllare la qualità del messaggio.


art. comm. Collettivi, reti, gruppi diffusi, comunità acefale nella pratica dell'arte:

oltre la soggettività singolare.


Per capire i collettivi d'artista è utile leggere la raccolta di saggi di art. comm, collettivi, reti, gruppi diffusi, comunità acefale nella pratica dell'arte: oltre la soggettività singolare (2002)3 di Gabriele Perretta, dove si parla della situazione artistica dell'ultimo ventennio del '900 e della trasformazione del concetto d'arte stesso. In questa raccolta di saggi Perretta allarga la sua ricerca critica dall'analisi del singolo artista e delle sue opere alla produzione artistica dei gruppi, delle collettività con osservazioni che, anche allontanandosi dai temi strettamente artistici, raggiungono un livello interdisciplinare che comprende la letteratura, la semiotica, la filosofia, la sociologia, lo studio dei mass media e altro ancora.

La ricerca parte dal concetto della morte dell'autore. Roland Barthes aveva scritto un saggio nel 1968 che sanciva la libertà del lettore di fronte al testo: l'autore (scrittore) è morto, non esiste, è ridotto a mero luogo di incontro di linguaggio, citazioni, ripetizioni, echi e referenze, per cui il lettore è libero di aprire e chiudere processi di significato del testo, senza nessun riguardo per i significanti. L'autore non è più l'unico fautore dell'opera letteraria perché il lettore, leggendo l'opera, l'interpreta a suo modo e contribuisce ad un senso "altro" dell'opera stessa.

Perretta applica il concetto della morte dell'autore (scrittore) all'artista e alle contraddizioni tra cultura individuale e collettiva e riflette sulle conseguenze della morte dell'autore, sulla metamorfosi dell'artista, sul senso delle comunità per poi analizzare i prodotti culturali in tutte le loro manifestazioni, dalla fotografia al video, dalla letteratura alla musica, e naturalmente le tradizionali arti plastiche (pittura, scultura, decorazione).

Alla base di queste riflessioni c'è la convinzione che non solo l'opera d'arte è in via di totale trasformazione ma anche la figura dell'autore-artista che la concretizzava. L'artista è ormai più vicino alla figura di un artigiano anonimo che lavora su un progetto collettivo, staccandosi quini da un contesto di produzione dell'opera d'arte unica.

Si ricorderà il concetto di "volontà artistica" (kunstwollen) coniato dallo storico dell'arte, Alois Riegl, in Industria artistica tardoromana (1901), saggio in cui è rivalutata la figura anonima dell'artigiano rispetto all'autore con nome e in cui si spiega che questa volontà artistica, che contribuisce allo sviluppo dei nuovi stili artistici, è frutto di lavoro collettivo.

Nei tempi delle comunità virtuali, la diffusione e la distribuzione dell'arte si è trasformata

in una pratica allargata, dove tutti possono partecipare all'elaborazione dell'opera, non solo il singolo autore considerato geniale, perciò la pratica delle comunità rimette in discussione il senso dell'opera d'arte che può situarsi dappertutto, non confinata nello studio dell'artista, ma in qualsiasi posto pubblico e servendosi di qualsiasi media ed è anonima perché l'autore ha perso il potere di individualizzare il suo segno.

La strategia dell'anonimia, come osserva Perretta4, ha un precedente con Malevic che, redigendo nel 1918, i principi del Suprematismo Bianco e dell'Infinito, invitava gli studenti della sua scuola a non firmare i lavori, sottotendendo un'idea dell'infinito in cui c'è la partecipazione empirica dell'altro:

"L'infinito è moltitudinre e molteplicità. L'incerto è il non bene identificato, è quello spazio dove l'IO dell'artista si trova a fare i conti con uno spazio che si apre definitivamente davanti ai suoi occhi, come dimensione ignota."5

Media. comm (unity) /comm. medium.

Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa.


Il volume Media. comm (Unity) /comm. medium. Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa.6, raccoglie testi critici di Perretta e altri autori oltre a essere il catalogo della mostra tenuta a Masedu, Sassari (2004). La rassegna offriva un ampio panorama dell'arte comunitaria contemporanea, sia dal punto di vista degli apporti stilistici che delle tematiche. Il visitatore poteva immergersi nell'ambiente delle community e dei medium con cui gli operatori anonimi si esprimevano entrando così a contatto con una vasta tipologia di intelligenza generalizzata.

Questa esposizione che documenta l'evoluzione dei gruppi artistici negli ultimi anni è servita anche per monitorare i mutamenti dello scenario artistico internazionale, fornendo inoltre i differenti nuclei problematici della filosofia dei gruppi.

Le sezioni della mostra comprendevano diversi gruppi e ogni gruppo era rappresentato da più artisti:

-Polilab01 a cura di Anonima di chì-si-lu-son

-Polilab02 a cura di Old Players Society

-Polilab03 a cura di Cristina Show

-Polilab04 a cura di M. Bertinetti&Co

-Polilab05 a cura di generic art History and promotion (GAHP)

-Comm. Noesis

-Nickname

-Comm the comm (aition. comm)

-Newsgroup

-Comm/on ground a cura di ma0/emmeazero

-Kata_doxo. comm a cura di eadesso-vediamo. org-NetcriticalZine, nodo


Dal punto di vista critico Perretta fa un'ampia analisi della situazione delle community, osserva che oggi, benché si faccia avanti l'ipotesi di una rinascita dell'individualismo (sopravvivenza del concetto di "genio") la questione dell'arte collettiva ritorna al centro del dibattito sul simbolico;


"A partire, dunque, da alcuni esempi chiave del lavoro delle art community internazionali, la mostra Media. comm. non vuole solo continuare a desacralizzare il concetto di opera, né quello di artista ma, criticando il famoso slogan di M. McLuhan il medium è il messaggio, vorrebbe dimostrare che il medium è la comunità e l'arte, dissolvendosi nella vita quotidiana, già ai tempi di Kurt Schwitters, aveva oramai superato il mezzo, scegliendo l'ambiente e la comunità non come un'effettualità, ma come un soggetto che spinge i moventi, le cause e gli impulsi a divenire. È la comunità stessa nella sua fattualità che non impone più un modello linguistico o il progetto di un'opera, ma "un'operatività diffusa", che usa qualsiasi mezzo e realizza volontariamente un'opera disseminata, spesso mescolata tra gli strumenti e i messaggi della medialità che ormai brulicano nel sociale. In altri termini, qui la sostanza delle community è presa alla lettera, essa esprime una virtuale condivisione volontaria, una

deliberata pratica di vita in comune, una "prestazione aperta" tra individui che instaurano delle relazioni reciproche, basate sulla mutualità di valori e sullo scambio di codici di accesso ad una rete infinita di cognizioni tecniche e non.7


In sintesi Perretta osserva che, in questa ottica, la deliberata pratica artistica e di vita in comune diventa una "prestazione aperta" tra individui che instaurano delle relazioni reciproche, basate sulla mutualità dei valori. Inoltre in questo concetto di collettività possono rientrare tutte le espressioni artistiche che paradossalmente vengono potenziate: la pittura, la scultura, l'architettura, l'installazione, la fotografia, la musica, il cinema, il video, la televisione e la rete. Di conseguenza anche il soggetto (potenzialmente genio) non appare centro assoluto dell'operatività artistica ma la sua identità stilistica e individuale è gestita all'interno di una partecipazione sparsa.

I cambiamenti della figura dell'autore, delle forme di comunicazione e dell'ambiente sociale in cui opera l'artista, hanno fatto sì che le singole identità si siano espanse. Non c'è più, di fronte all'opera quel "sacro timore" che accompagnava tradizionalmente l'immagine "del genio". Le comunità rimettono ironicamente in discussione il senso dell'arte, perché l'arte e gli artisti possono essere dappertutto in qualsiasi dimensione sociale ed esprimersi in qualsiasi medium.

Un elenco non esaustivo delle innumerevoli pubblicazioni di Perretta che comprende oltre i saggi sopracitati altre pubblicazioni è il seguente:


Libri e Saggi

1993 - Medialismo. Milano, Giancarlo Politi Editore.

1996 - Laboratorio Politico di Fine Secolo 1. Roma, Ed. Per Mari e Monti.

1997 - Laboratorio Politico di Fine Secolo 2. Bologna, Edizioni Dell'Ortica.

1997 - Pour Artaud: neuralità e delirio nell'arcipelago dell'introspezione. Bologna, Edizioni dell'Ortica.

2002 - Art. comm, collettivi, reti, gruppi diffusi, comunità acefale nella pratica dell'arte: oltre la soggettività singolare. Roma, Cooper & Castelvecchi Editori.

2004 - Nel tempo dell'adesso: Walter Benjamin tra storia, natura e artificio. Milano, Mimesis Edizioni.

2004 - Media. comm (unity) /comm. medium. Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa. Milano, Mimesis Edizioni.

2005 – I mestieri di Érgon, Mimesis, Milano.

2005 – Sulle tracce storiche dell'immagine mediale, in Neo televisione, Costa & Nolan, Milano.


Cataloghi

1991 - Medialismo. Roma, Ed. Galleria Paolo Vitolo.

1993 - Pittura Mediale. Milano, Ed. Galleria Ruggerini & Zonca.

1994 - Icastica. Bologna, Ed. Galleria d'Arte Moderna.


Il Medialismo: altre considerazioni

Il Medialismo per uscire dagli anni '80, caratterizzati dal ritorno alla pittura-pittura della transavanguardia e del neo-espressionismo tedesco, si propone il superamento della posizione estetica, anche citazionista, del post-moderno, per una visione molto più complessa e problematica, che si relaziona allo sviluppo tecnologico e mass-mediatico considerato non come catastrofe ma come evoluzione con cui bisogna saper convivere.

Agire nel contemporaneo significa per gli artisti medialisti, la critica del sistema, il trasferimento da una posizione estetica ad una posizione etica, il porsi il problema etico di una pragmatica dell'estetica. Nel postmoderno la pittura riportava l'essere al passato e alla citazione del passato, invece il medialismo si chiede "cosa divengo?", l'obiettivo è situato nel processo del divenire.

Come già osservato gli artisti del Medialismo mantengono le distanze da movimenti come la Transavanguardia italiana degli anni ottanta (Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Nicola De Maria, Mimmo Paladino), citazionista nei contenuti e pittoricamente espressionista, il neo-espressionismo tedesco dei Nuovi Selvaggi tedeschi (Reiner Fetting, Martin Disler, Jiri-Georg Dokoupil, Helmet Middendorf, Salomé, Jörg Immendorf, Sigmar Polke e altri); l'iper-rappresentazione e descrittività dell'iperrealismo (Hhuck Close, Duane Hansen e altri). È invece più vicino alla Pop-art anglo-americana e italiana (Andy Warhol, Roy Lichtenstein, James Rosenquist, Franco Angeli, Tano Festa, Mario Schifano Concetto Pozzati e altri) nel senso di riferimento a icone popolari comuni a tutti, anche se meno edonistico, meno business oriented e più critico-analitico.

Il parossismo della visione mediale, termine coniato da Perretta8, porta all'esasperazione dell'immagine, che allontanandosi dalla normalità banale di routine, porta in sé sia un elemento critico, analitico e etico, sia un elemento di eccitazione creativa (dal greco paraksysmos= eccitazione, si dice, parlando dei vulcani "parossismo vulcanico" oppure "creativo come un vulcano" nel modo di dire). Questo processo critico-analitico innestato dal medialismo porta dunque all'"esasperazione" e al "parossismo" della visione e dell'immagine iconica ma allo stesso tempo realizza una destrutturazione critica dei mass-media per arrivare ad una visione allargata ed espansa dell'arte e dell'artista non considerato più identità singola ma facente parte di una voce collettiva.


Il Medialismo si sviluppa dalla fine degli anni 80 ad oggi in varie fasi e diversi applicazioni: Medialismo in pittura, Medialismo analitico, Medialismo di gruppi d'artisti o Imprese mediali. Si è già osservato come il Medialismo, in ogni sua declinazione, non enfatizza una visione trionfalistica, ottimistica e celebrativa dei Mass Media, cioè della pubblicità, della TV, della fotografia digitale, del cinema, del video, di internet o di ogni nuovo sistema comunicativo che possa sorgere nella società contemporanea, ma fa esattamente il contrario perché osserva i sistemi comunicativi con occhio critico, ironico o scientifico, che commenta anche i cambiamenti sociali.

Il realismo mediale rappresenta quindi immagini molto lontane da una banale normalità perché non descrive ma commenta la realtà e la società attuale. Oltre ad essere critico d'arte e video-art, nonché critico letterario, Perretta è un semiologo dell'arte e come si può comprendere dai suoi scritti egli applica nella critica una metodologia semiotica.

La semiologia dell'arte è una branca specializzata della semiologia ed è connessa strettamente con lo strutturalismo, il post-strutturalismo, il decostruzionismo, la filosofia del linguaggio, la filosofia stessa, la storia dell'arte e qualsiasi altra disciplina possa essere utile per dimostrare il funzionamento di un fenomeno socio-culturale o altro; non è interessata solo all'archiviazione o descrizione dei segni ma cerca di scoprire come questi segni funzionino in un cero sistema: si basa fra l'altro sulle teorie di Roland Barthes e Hubert Damish, uno dei maggiori iniziatori della disciplina9.

Questi studi sono integrati da altre discipline come la teoria della comunicazione, lo studio dei mass-media, la sociologia e le nuove tecnologie dell'immagine. Tutto ciò è sotteso nella metodologia critica di Perretta che si può definire sia scientifica che storica, tendente ad una visione dinamica dell'arte con un'attenzione particolare per quelli che possono essere gli sviluppi futuri dell'arte, grazie proprio a questo fertile background che gli consente di spaziare da una disciplina all'altra.

Questo fardello culturale tende a una concretezza comunicativa che stabilisce una dimensione dialettica con il lettore, senza mai rinunciare al rigore, alla profondità e complessità di ricerca con cui la semiotica affronta i problemi dell'arte.

Non a caso Perretta ha studiato con Hubert Damish10, il semiologo francese fra i primi a dedicarsi alla semiologia dell'arte e Roland Barthes, che oltre ad essere il famoso linguista che tutti conosciamo, è autore di molti saggi dedicati alle arti visive, al cinema, e alla fotografia, nonché pittore di quadri segnico-astratti.

Scrive Perretta sulle finalità del Medialismo:

"Il medialismo vuole innestare nell'arte un metodo di lettura scientifica non solo tematica ma antropologica, rivolta allo studio dell'uomo, dove la tecnologia è considerata l'anello di congiunzione con la storia passata, è una possibilità grammaticale della testualità."

A seconda dell'iconografia rappresentata il medialismo ha differenti declinazioni, c'è la pittura mediale, il medialismo analitico, come nel caso di Maurizio Cattelan che non è un concettuale puro ma un medialista analitico, c'è un medialismo locale e uno globale, come nel caso dell'africano Cheri Samba, medialista locale che, trasferitosi dall'originario Congo a Parigi, è diventato medialista globale e star internazionale.

C'è poi il medialismo delle imprese mediali che si pone il problema della morte dell'autore, della metamorfosi dell'artista, e della trasformazione dell'arte nella società contemporanea facendo critica all'economia politica e alla politica stessa.

Oggi tutti danno ragione al medialismo11, ma il dibattito che venne dopo la sua nascita, dalla seconda metà degli anni '80 al '93, anno della mostra "Il medialismo" al Trevi Flash Art Museum, dimostra che il movimento non fu del tutto capito, perché venne recepito anche come una tendenza verso un'arte business oriented mentre era esattamente il contrario. Nelle varie declinazioni del medialismo, fra i molti artisti mediali alcuni spiccano più di altri, ma tutti sono uniti da una comune strategia e sensibilità nel trattare l'immagine e soprattutto da uno stesso atteggiamento verso l'arte e la vita.

La ricerca del medialismo privilegia il rapporto tra arte e mass media in una visione critico-

sociale dalle moltissime sfumature secondo le varie personalità degli artisti mediali.

Come già osservato in precedenza il Medialismo significa anche la reazione al postmoderno;

su questo argomento scrive Loredana Parmesani12, un critico che ha teorizzato il Medialismo delle Imprese Mediali:


"Il postmoderno, che caratterizza tutti gli anni ottanta, è una ventata di euforica ed eclettica libertà, un tempo e un luogo in cui tutto è possibile e dove ognuno può dare una propria risposta alle infinite domande dell'arte. È quasi inevitabile che a tale esuberanza stilistica, che assume sempre più le caratteristiche della soggettività, a cavallo fra gli anni ottantae novanta un gruppo di artisti di varie nazioni (in Italia Premiata Ditta sas, Oklahoma srl, Tecnotest, in Olanda Int. Fishhandel Servaas, in Germania Ingold Airlines, negli Stati Uniti Kostabi World, cui si può avvicinare anche la ricerca della Bertozzi & Casoni snc), introdotti in parte dal lavoro del belga Guillaume Bijl e del francese Philippe Thomas, contrappongono una ricerca in cui vengono messe in relazione arte, organizzazione dell'arte e realtà. Il movimento – rilevante soprattutto in Italia, dove viene teorizzato da chi scrive sotto la sigla "Arte & Co" e analizzato nell'omonimo libro, e in Olanda, dove è patrocinato da Frans Haks con il nome di "business art" – mira a riportare il postmoderno ai problemi dell'avanguardia ribaltando i termini della gestione del lavoro artistico: galleria, museo, critica non sono più la finalità dell'arte, ma ne divengono gli strumenti. Si dà così vita a nuovi soggetti artistici che sono le "ditte". Nelle operazioni di tali artisti-ditte infatti appaiono di nuovo i materiali del mondo riutilizzati in operazioni quali indagini di mercato, scalate finanziarie, produzione di oggetti industriali. Nel loro operare tutti gli elementi del sistema artistico divengono la base oggettiva delle loro operazioni. Il museo diviene materiale, insieme all'economia, alla sociologia, alla finanza, da utilizzare come strumento artistico."


Il Medialismo può essere visto anche come un atteggiamento artistico che si oppone all'obsolescenza per un bisogno di tesaurizzare l'effimero e valorizzare il "transeunte". Su questa tematica scrive Gillo Dorfles13:


"Ecco perciò come, accanto alla volontà di molti pittori d'oggi di avvilire i media tradizionali, di sorprendere e scandalizzare con l'impiego di elementi presi a prestito dall'ambiente giornaliero, c'è anche assai più importante, il bisogno di fissare il mutevole, di arrestare il continuo divenire delle forme, attraverso la creazione di "oggetti artistici" che forse sono più duraturi di quelli utilitari veri e propri. Ecco allora come codesti oggetti-trovati, inventati, manipolati, acquistano una nuova "funzionalità" che ovviamente non potrà essere che di carattere formativo e metaforico. Gli oggetti divengono a un tempo "simboli di sé stessi" e simboli della esistenzialità da cui sono tratti."


Di seguito Dorfles cita, come esempio i combine painting di Rauschenberg, che sono dei conglomerati di oggetti vari, spesso tolti di peso dall'ambiente che ci circonda. Naturalmente il Medialismo non rientra completamente in una filosofia pop perché se da un lato usa le icone della società contemporanea, che ci circondano dovunque, dall'altro le destruttura cercando altri percorsi di senso.


Le mostre

In parallelo alla ricerca teorica Perretta, classificando con attenzione i vari gruppi di artisti che aderiscono al Medialismo, ha curato moltissime mostre ed eventi che hanno fatto conoscere il Medialismo in tutta Italia in un ciclo continuo di mostre, in musei, fondazioni e gallerie private, a partire dal 1989 fino ad oggi.

Storicamente una delle prime mostre ufficiali del Medialismo è stata la mostra Metessi14 del 1989 a Roma, ma ancora prima, nel 1984, c'è stata una mostra premedialista, Città senza confine a Napoli, quando già il termine "medialismo" cominciava a circolare negli articoli che Perretta pubblicava nella stampa specializzata italiana e internazionale.

In questa mostra Perretta, riallacciandosi alle teorie del Situazionismo di Debord, applicava il concetto di "sconfinamento" e "non luogo", perciò il visitatore doveva uscire dai confini della città di Napoli, spostandosi con i mezzi pubblici lungo la linea che collega Napoli al Comune di Pomigliano d'Arco, per scoprire i "non luoghi", cioè i siti delle esposizioni dislocate in vari punti del percorso. Inoltre le esposizioni erano abbinate ad una serie di conferenze e interventi di noti critici d'arte, come Filiberto Menna.

Si ricorderà brevemente che il Situazionismo di Guy Debord (1931-1994) è l'evoluzione del Lettrismo di Isadore Isou e si incentra su concetti come "détournement", deriva psicogeografica e decontestualizzazione. Tra le varie teorie proposte da Debord le più interessanti risultano essere quelle legate al tempo libero e quelle relative alle teorie architettoniche comportamentali. Debord15 osserva che il potere del capitale è tale che vuole spremere beneficio non solo dagli strumenti della produzione ma anche da quelli dello svago e del tempo libero ed afferma:


"Ovunque si è limitati dalla degradazione degli stadi e dei programmi televisivi […] la costruzione di situazioni sarà la continua realizzazione di un grande gioco, un gioco che i giocatori hanno deciso di giocare".


Le mostre più note, sempre accompagnate da ampi cataloghi-saggi di Perretta e allestite in importanti centri museali pubblici e privati (in parallelo molte mostre sono state organizzate presso gallerie private), sono:

1984 – Città senza confine, Napoli.

(In questa occasione è stata pubblicata la raccolta di saggi critici A. A. V. V. Città senza confine, Image Team, Napoli-Assessorato alla Cultura Comune di Pomigliano d'Arco).

1989 - Metessi, Roma

1991 - Medialismo, Galleria Paolo Vitolo, Roma.

1992 - Medialismi, Museo di Villa d'Este, Tivoli, Roma

1992 - Imprese mediali, Roma

1993 - Pittura Mediale, Ruggerini & Zonca, Milano

1993 - Medialismo, Trevi Flash Art Museum, Trevi (Perugia)

1994 - Icastica, Galleria d'Arte Moderna, Bologna

1994 - Così lontano, così vicino. Pinacoteca provinciale, Bari

1997 - Pour Artaud. Galleria Bianca Pilat Contemporary Art, Milano, Chicago.

1997 - Laboratorio di fine secolo 1. Teatro degli Artisti, Roma

2000 - Tempus Fugit. Museo Archeologico, Formia (Latina)

2000 - Officine senza nome, Terracina (Latina)

2001 - Comunità acefale, Galleria Casagrande, Roma

2001 - Cum. art, La Giarina Arte Contemporanea, Verona

2004 - Media. comm (unity). Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa, Museo Masedu di Arte Contemporanea, Sassari

2004 - s. Finiti dall'arte. Sul lavoro e altri travagli, Antico Palazzo della Pretura, Castell'Arquato (Piacenza)

2005 - Fabric'Art, Palazzo M, Latina

2007 - Videofusion 1, Studio Ra Contemporanea, Roma

2007 - "Massa critica è un ossimoro", del collettivo medialista Anonima di chi-su-loson, Studio Ra Contemporanea, Roma



Le conclusioni


Senza il supporto visivo delle immagini delle opere è piuttosto arduo suggerire delle conclusioni finali, si cercherà comunque di stabilire dei punti fermi nell'analisi di questo movimento artistico.

Parlando di Medialismo è inevitabile parlare anche di semiotica, perché essendo il Medialismo, sia negli artisti singoli che nelle imprese mediali, molto vicino alle problematiche comunicazionali, ed essendo la semiotica la disciplina che pone la comunicazione al centro delle sue ricerche (il segno per la semiotica è l'atto che rende possibile la comunicazione), è inevitabile che i due campi di ricerche si tocchino.

Storicamente negli anni Sessanta l'arte concettuale traduceva la semiotica e lo strutturalismo16. Basti pensare all'opera di Joseph Kosuth, One and Three Chairs (1965-66), in cui l'artista traduce il concetto tripartito di segno del semiotico e filosofo pragmatista americano Charles Sanders Peirce [segno (representamen o significante), interpretante (significato), oggetto].

Come negli anni Sessanta l'arte concettuale traduceva la semiotica, oggi il Medialismo in arte traduce quella semiotica che si occupa dei mass media e della comunicazione alla ricerca del senso della realtà che ci circonda nella società contemporanea (un senso della realtà condizionato dai mass media) e soprattutto cerca di scoprire meccanismi che producono il senso attraverso le immagini e il testo. Ma l'arte mediale non è solo "traduttrice", in quanto la semiotica (o l'approccio semiotico) è il punto di partenza (fornisce gli strumenti analitici), ma è anche "creatrice" perché interpreta la cultura storica del momento.

Quando Kosuth crea One and three chairs non fa un semplice atto di traduzione dal verbale-filosofico al visuale-artistico (come una semplice traduzione tecnica o un'abile copiatura) ma interpreta, perché intuisce e anticipa, un bisogno artistico-culturale del momento, e i molti artisti seguaci di Kosuth che hanno portato avanti le sue idee lo dimostrano.

Da un punto di vista semiotico senza significazione, senza produzione di senso fra un emittente e un ricevente (cioè senza semiosi), non c'è neanche comunicazione. Ma si può dire paradossalmente che per il Medialismo non c'è significazione senza comunicazione, nel senso che gli artisti medialisti operano soprattutto per comunicare, per fare leggere il loro "testo" (sia esso visivo che verbale) al ricevente (il pubblico degli osservatori-critici). Il fatto quindi di usare un certo medium per comunicare, la pittura tradizionale o una nuova tecnologia dell'arte, che sia efficace in un dato momento storico, è altrettanto importante che l'emissione del messaggio (portatore di senso) stesso, altrimenti il messaggio non arriva al ricevente e di conseguenza non ci sarà comunque comunicazione.

Riflettiamo dunque sulla tesi di Marshall MacLuhan "il mezzo è il messaggio"? In parte sì, perché fra le sue tesi teoriche questa è la più convincente (più della sua distinzione fra media caldi e freddi, ad esempio) e duratura. Bisogna però non dimenticare, come chiaramente esprime Perretta nel suo volume Media. Comm (unity) /comm. medium. Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa17, che in contrapposizione a un'interpretazione della comunicazione deformata dal sistema è importante "la rivalutazione della comunità come antidoto al mezzo, e del collettivo nel suo superamento della minaccia pervasiva che anima ogni formalismo mediologico". In sintesi il medium è la comunità e l'arte è contraddistinta da "un'operatività diffusa" che realizza un'opera disseminata e mescolata tra tra i messaggi della medialità che brulicano nel sociale.

Le caratteristiche principali degli artisti medialisti:

gli artisti medialisti non ricercano uno stile esteticamente definito perché la ricerca perfezionistica di uno stile unico (il concetto dell'autore "genio" è ormai tramontato) non corrisponde più alla cultura artistica contemporanea attuale (anche se ciò non implica che non ci possano essere valenze estetiche nell'opera) essi ricercano piuttosto delle idee che definiscano la realtà (ogni tipo di realtà psicologicamente percettibile dall'individuo e dall'artista) e le sviluppano in opere d'arte visual-testuali, visuali perché con qualsiasi mezzo essi si esprimano, dalla pittura tradizionale al video, nell'opera è sempre implicita un'immagine o un testo-immagine (come nelle opere grafico-testuali della Cignini, per esempio).

Ricorderemo, a questo proposito, che per Perretta18 "la questione centrale su cui si è mossa l'arte nel '900 non è l'astrazione ma la necessità di confrontarsi con la realtà, e ciò vale sia per artisti come Cattelan o la Beecroft sia per chi lavora attraverso il web (net art)" essendo l'idea l'obiettivo primo nella creazione dell'opera (e non lo stile per lo stile), l'enunciazione dell'idea (tramite procedimenti vari come l'ironia, l'ossimoro, la metafora, la denuncia sociale o politica, il comportamento cioè tutti i procedimenti possibili che siano funzionali all'opera stessa) diventa "testo" e "testualità" in rapporto ad altri testi possibili la volontà di comunicazione dei medialisti diventa come il Kunstwollen di reigliana memoria, ma non la volontà di una nuova forma e quindi di una nuova estetica, ma di una nuova comunicazione, una comunicazione non compiacente e autosoddisfatta, ma scientifica, ironica e sorattutto critica. È in questa ricerca che lo sguardo medialista sulla realtà diventa "parossistico" (come lo definisce Perretta) e la visione del mondo si trasfigura la molteplicità delle idee e la grande varietà degli stili espressivi usati dai medialisti confermano il loro modo di lavorare su "progetto", nel senso di portare avanti un'idea per approfondirla sempre di più su un singolo progetto da compiere, ma non necessariamente con obbligata coerenza (la coerenza a tutti i costi non è più un valore nell'arte contemporanea), piuttosto si ricerca l'imprevedibilità che, come insegna la teoria dell'informazione, è più informativa e comunica meglio l'anonimia delle nuove imprese mediali non è solo la scelta di una sostituzione di nomi (dal nome dell'autore al nome del gruppo cioè al suo brand image) ma può essere anche la scelta di una nuova convivialità, partecipazione e condivisione, la methexsis ("partecipazione" dal greco, nel senso platonico del mondo sensibile che può attingere al mondo delle idee) a cui Perretta ha dedicato una mostra e un saggio critico già nel 1989 (Metessi, Roma).


Questi sono i punti critici di riferimento sul Medialismo che mi sono sembrati più evidenti, molti altri argomenti potrebbero essere individuati in un studio più esteso, anche completato dalle immagini delle opere. Si consideri perciò questo breve saggio come una prima fase informativa e introduttiva su questo importante movimento artistico della fine degli anni '80.

 


BIBLIOGRAFIA


Damish H., Teoria della nuvola. Per una storia della pittura, Costa & Nolan, Milano, 1984

Debord G., dal sito: antithesi.info/testi/testo_2.asp?ID=237

Dorfles G., Simbolo, comunicazione, consumo, Einaudi, Torino, 1962

Parmesani L., Arte & co. Dal concetto all'avviamento, Politi, Milano, 1993

Perretta G., Tra pittura ed ecologia della pittura, in In contrattempo (a cura di Romano Gasparotti), Mimesis, Milano, 2007

Perretta G., Media. comm (unity) /comm. medium. Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa., Mimesis, Milano, 2004

Perretta G., Presentazione della mostra Media. comm, dal sito: teknemedia.net

Perretta G., Medialismo, Politi Editore, Milano, 1993 (in cui si cita il testo critico tratto dal catalogo Methexis, Roma, 1989)

Perretta G., Art. comm, Cooper & Castelvecchi, Roma, 2002

Perretta G., Semiotica: arte, testo, multimedialità, Dispensa inedita per il Corso di Semiotica dell'arte, Anno accademico 2007-2008, Accademia di Brera-Milano, Dipartimento Nuove tecnologie per l'arte

 



NOTE



1 Dal sito: it.wikipedia.org/wiki/Gabriele_Perretta

2 G. Perretta, Medialismo, Politi Editore, Milano, 1993, pp. 9-13 (Introduzione)

3 G. Perretta, art. comm., Cooper&Castelvecchi, Roma, 2002, p. 5.

4 G. Perretta, Art. comm, Cooper & Castelvecchi, Roma, 2002, p. 149

5 G. Perretta, Art. comm, op. cit., p. 149

6 G. Perretta, Media. comm(unity) /comm. medium. Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa., Mimesis, Milano, 2004, pp. 9-11

7 G. Perretta, Presentazione della mostra Media. comm, dal sito: teknemedia.net

8 G. Perretta, Lezione seminariale di Semiotica dell'arte, presso l'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, 28-11-2007

9 H. Damish, Teoria della nuvola. Per una storia della pittura, Costa & Nolan, Milano, 1984.

10 H. Damish, Teoria della nuvola. op. cit.

11 G. Perretta, Tra pittura ed ecologia della pittura, in In contrattempo (a cura di Romano Gasparotti), Mimesis, Milano, 2007, p. 129.

12 Parmesani L., Arte & co. Dal concetto all'avviamento, Politi, Milano, 1993, p. 95

13 G. Dorfles, Simbolo, comunicazione, consumo, Einaudi, Torino, 1962, p. 200.

14 G. Perretta, Medialismo, Politi Editore, Milano, 1993, pp. 20-21 (in cui si cita il testo critico tratto dal catalogo Methexis, Roma, 1989)

15 Dal sito: antithesi.info/testi/testo_2. asp?ID=237

16 Da lezione universitaria di G. Perretta, 31/03/2008, presso Accademia di Brera - Milano, Dipartimento Nuove tecnologie per l'arte.

17 G. Perretta, Media. Comm(unity) /comm. medium. Divenire comunità oltre il mezzo: l'opera diffusa, Mimesis, Milano, 2004, pp. 9-11.

18 G. Perretta, Semiotica: arte, testo, multimedialità, Dispensa inedita per il Corso di Semiotica dell'arte, Anno accademico 2007-2008, Accademia di Brera-Milano, dipartimento Nuove tecnologie per l'arte, p. 9.