IL CRISTALLO, 2010 LII 1 [stampa]

Quel che il teatro deve a Pirandello, a cura di ENZO LAURETTA, Pesaro, Metauro Edizioni, 2010. Pp. 223., 20,00 euro.

recensione di FRANCO ZANGRILLI

Nato ad Agrigento nel 1867 e morto a Roma nel 1936, Luigi Pirandello è indubbiamente un personaggio controcorrente, rivoluzionario, molto importante, davvero "epocale" nel panorama culturale contemporaneo. Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Ma è particolarmente a cominciare dall'inizio degli anni Venti che il suo pirandellismo diventa una moda e un fenomeno culturale in Europa e in altri paesi del mondo.

Con Sei personaggi in cerca d'autore ed altri drammi svolge un ruolo di straordinario rinnovamento del teatro anche con l'"azione parlata" del suo personaggio filosofico e con gli strumenti dell'umorismo, presenta un nuovo modo di far teatro tanto che eclissa i modi convenzionali di far teatro, proprio mentre nella scena europea fioriscono nuove correnti artistiche, le esperienze delle avanguardie. Infatti parecchi studiosi (come ad esempio R. Brustein e G. Livio) sostengono che l'influenza di Pirandello sul teatro contemporaneo sia "incalcolabile".

Egli ha influenzato scrittori italiani e stranieri di ogni formazione, di ogni generazione, di ogni tipo d'ispirazione, inclusi giovani scrittori dei nostri tempi. La sua presenza si fa sentire costantemente, anche negli scrittori che pur avendo dichiarato apertamente i loro "precursori" e i loro "maestri", non hanno mai menzionato il nome di Pirandello, come se volessero celare una loro importante fonte.

La critica si è occupata ampiamente del rapporto tra Pirandello e le correnti avanguardistiche del primo Novecento dal Futurismo all'Espressionismo, al Surrealismo. E si è occupata soprattutto dell'influenza della drammaturgia pirandelliana sul teatro contemporaneo, mettendo a confronto il teatro di Pirandello con quello di moltissimi drammaturghi, Rosso San Secondo, Massimo Bontempelli, Diego Fabbri, Sartre, Unamuno, Lorca, ecc.

Su questa linea di critica comparata si muovono la maggior parte dei diciassette saggi raccolti in questo volume, presentati al quarantasettesimo "convegno internazionale di studi pirandelliani", tenutosi ad Agrigento la prima settimana del dicembre 2009. Certi saggi sono meditati, penetranti, originali, altri lo sono meno anche perché non rimangano fedeli né al tema del convegno né al loro intento, sono fuorvianti. Ci sono quelli che si sforzano di trovare nell'opera di questo o di quel drammaturgo tracce di elementi pirandelliani, e risultano poco convincenti. Per lo più sono saggi che esaminano, anche con rigore e con approcci diversi, punti di contatti, linee, presenze, parentele, affinità, comunanze, familiarità, echi, reminiscenze, somiglianze e differenze, vale a dire tanti motivi che tracciano o formano il rapporto di Pirandello sia con correnti d'avanguardia del Novecento, dal Modernismo al Futurismo, dall'Espressionismo al Living Theatre, sia con parecchi drammaturghi contemporanei, italiani e stranieri: F. T. Marinetti, Rosso Di San Secondo, Anton Giulio Bragaglia, Thornton Wilder, Ugo Betti, Eduardo De Filippo, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Testori, Henry Bernstien, Harold Pinter, Witold Gombrowics, ecc. E per lo più sono saggi che valutano e mettono in risalto come nelle opere di questi drammaturghi vive, consciamente o inconsciamente, il fantasma di Pirandello, impronte, echi, idee, tante cose che sono il fulcro dell'arte pirandelliana. Per cui spesso danno ampio spazio ai temi che riguardano il problema della personalità, le crisi, le scissioni, e le moltiplicazioni dell'io, sempre alla ricerca di stesso; la ricerca dell'oltre che secondo qualche studioso si esprime anche con il gesto del suicidio; lo schema dell'inchiesta inquisitrice alla maniera di Così è se vi pare o del Berretto a sonagli che si ripresenta anche nei drammi di Betti; il sentimento della maternità o della ricercata paternità che invade anche certi drammi di Testori; la funzione di vedersi vivere e della maschera; la filosofia della relatività di ogni cosa; le forme della pazzia che se in Pirandello appare "una malattia sociale" in un altro drammaturgo può apparire "una condizione del vivere" (p. 69); la costruzione della scena, della didascalia, e del dialogo che può articolarsi anche con toni e linguaggi diversi; le forme della contraddizione che vengono ad esprimere un "tragico umorismo"; il processo della creazione artistica come un'avventura fantasticamente misteriosa tanto che il personaggio fantasma appare vivo, in carne e ossa non solo al suo creatore, che vuole vivere nel regno dell'arte o come attore, e che viene a controllare la scena e lo stesso autore, come suggerisce anche Pinter: "la posizione dell'autore è alquanto bizzarra […], ti rendi conto di avere tra le mani persone in carne e ossa, dotate di volontà e sensibilità proprie" (p. 132) e qualche critico ha affermato con acutezza che "Pinter ha estremizzato il metodo di Pirandello. Non ci sono personaggi in cerca d'autore, nei suoi drammi, ma attori in cerca di personaggi" (p. 1240); gli argomenti del "teatro dello specchio" o del teatro nel teatro che immettono nell'humus della metascrittura, della metateatalità, della metaletteratura; la matassa dei contrasti specialmente tra arte e vita, tra realtà e illusione, tra essere e apparire; la figura dell'attore o del personaggio attore; il triangolo d'amore, magari quello formato da due amici che si condividono la stessa donna, e ha portato Roberto Alonge a discutere "della donna dei sensi" e dei "deliri fantasticamente omosessuali" in alcuni drammi pirandelliani (ad es. All'uscita, Tutto per bene, Il gioco delle parti) che, in questo, si avvicinano e trovano convergenze con Melò ed altri drammi di Bernstien; la funzione dell'arte-poesia nella nostra società, e così Fabio Pierangeli valuta con acribia l'influenza dei Giganti pirandelliani su certi drammi di Testori. Mentre si analizzano questi e altri motivi, la maggior parte dei saggi evidenziano che i drammaturghi approdano a un pirandellismo proprio ed originale, teso allo sperimentalismo dei procedimenti, dei piani narratologici, dei mezzi della scrittura, come ad esempio mostra l'opera di San Secondo, di Testori, di Pinter. Per esempio, il pirandellismo di Eduardo De Filippo è esaminato con perspicacia ermeneutica da Andrea Bisicchia: "Il pirandellismo diventa puro pretesto fino a trasformarsi in eduardismo, ovvero in una maniera di accostarsi alla vita più attenta ai particolari umani, in una ricerca scrupolosa di tutti quei sentimenti che si agitano dentro noi. Mentre Pirandello tende all'assoluto, alla definizione, al geometrismo puro, Eduardo ricerca il particolare, la dimostrazione e lo svolgimento. Se la logica pirandelliana porta alla dialettica, a una realtà che incarnata nel discorso o nelle contraddizioni sofistiche, si caratterizza per continue fratture e contraddizioni, che hanno come fine lo smascheramento, la logica eduardiana aspira alla ricerca di una comprensione umana, di quella solidarietà che i tempi sembrano aver distrutto. Il processo che dal pirandellismo porta all'eduardismo, si può sintetizzare nella formula: dalla ricerca dell'identità alla ricerca della solidarietà" (p. 74).