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LIBRI

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Roberto Alonge

Discesa nell’inferno familiare
Angosce e ossessioni nel teatro di Pirandello

 

Torino, Utet, 2018, pp. 188

 

Nella premessa Perché Pirandello al suo libro Discesa nell’inferno familiare Alonge consiglia il lettore di iniziare dall’ultimo capitolo dal titolo piuttosto denso: Scrittura desiderio biografia. Dilacerato: fra tre figli e un grande amore. In queste pagine si ricostruiscono le tempeste sentimentali di Pirandello, dalla prigionia coniugale complice la moglie folle alle frustrazioni erotiche patite nel tormentato rapporto con Marta Abba. L’ipotesi dello studioso è illuminante: in Pirandello “la vita e le opere sono strettamente intrecciate”, si mescola cioè “la fantasia alla realtà” in una sorta di sovrapposizione “delle belle forme dell’immaginario artistico alle configurazioni banali e insignificanti della routine quotidiana”.

Questo libro, caratterizzato da lucido approccio saggistico e morbida scrittura romanzata quasi a voler instaurare un rapporto di intimo contatto con l’universo pirandelliano, è di accattivante e coinvolgente lettura. L’erudizione di Alonge, uno degli studiosi più qualificati e prolifici, è al nobile servizio di una rigorosa indagine condotta con quella profondità analitica propria di chi conosce la materia come le proprie tasche o il miglior amico dell’infanzia.

I nove capitoli del libro evocavo i gironi dell’inferno dantesco in versione familiare e patriarcale, dove si posizionano i personaggi assunti principalmente da Sei personaggi in cerca d’autore, Il giuoco delle parti, Il piacere dell’onestà, Enrico IV, La morsa, Questa sera si recita a soggetto. Sono coinvolti uomini e donne accorpati del crudele gioco delle frustrazioni condivise, del piacere negato. Sono donne avvolte nella solitudine e disposte a sacrificare il sesso per la maternità (le madri sante), oppure come indica il titolo del secondo capitolo, Donne frustrate, avvilite, infelici come la frigida Silia in Enrico IV che ripudia il proprio corpo, o Donata di Ritrovarsi, delusa dal sesso che non le ha regalato il piacere. Tuttavia, osserva Alonge, nel ricco repertorio del drammaturgo siciliano si incontrano figure femminili, poche, alle prese con pulsioni irresistibili e carnali. Un esempio è offerto dal rapporto tra il sadico console Grotto e Ersina, badante di sua moglie in Vestire gli ignudi.

I gironi maschili risultano affollati da Uomini soli, infantili, crudeli (capitolo quarto) che si rapportano alla donna, vissuta come nemica, con atteggiamento impetuoso a difesa di una marcata incapacità relazionale. E poi incontriamo, sempre guidati da Virgilio-Alonge, la zone abitata dai Maschi “voyeurs” e un poco perversi in un dialogo a distanza con La moglie adultera e madre indegna (capitolo settimo). Le infedeli non sono molte nell’umanità pirandelliana ma condividono un aspetto piuttosto inquietante: sono madri pessime oppure donne incattivite dalla maternità negata.

Completa questo inquietante quadro di famiglia, dove non mancano incesti e pedofilia, la presenza dell’elemento omosessuale, maschile e femminile, assunto con atteggiamenti omofobi da parte dello scrittore agrigentino, come bene illustra Alonge nell’ottavo capitolo Malebolge: l’ambiguità che fa ribrezzo (agli omofobi) che si sofferma, tra le tante, sulla figura della berlinese Mob amante di una seducente e misteriosa donna originaria del Friuli (Come tu mi vuoi).

Il lavoro chirurgico e certosino di Alonge si basa su uno scavo viscerale del sottotesto, dal quale emergono le mille sfumature del non-detto o della battuta allusiva. Si tratta di un’operazione filologica fondamentale in quanto porta alla luce aspetti anche inediti o trascurati di molti personaggi, dai quali trarre spunto per nuovi percorsi interpretativi anche a beneficio di registi e attori pirandelliani.

 

                                        di Massimo Bertoldi

 

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