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SPETTACOLI E MOSTRE

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Le baruffe chiozzotte

di Carlo Goldoni

 

regia Paolo Valerio

con Luca Altavilla (Toffolo), Francesca Botti (Orsetta), Leonardo De Colle (Paron Vicenzo), Piergiorgio Fasolo (Cogitore), Stefania Felicioli (Madonna Libera), Riccardo Gamba (Beppo), Margherita Mannino (Checca), Michela Martini (Madonna Pasqua), Valerio Mazzucato (Paron Fortunato), Giancarlo Previati (Paron Toni), Vincenzo Tosetto (Comandatore-Canocchia), Francesco Wolf (Titta Nane)
consulenza storico-drammaturgica Piermario Vescovo
movimenti di scena Monica Codena
scene Antonio Panzuto
costumi di Stefano Nicolao

Produzione Teatro Stabile del Veneto

 

Uno degli spettatori più illustri di una rappresentazione settecentesca della commedia dialettale Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni è stato Johann Wolfgang von Goethe. Accomodato nella platea del Teatro San Luca di Venezia nel 1786 dove l’opera aveva debuttato nel 1762, si entusiasmò al punto tale da scrivere nel Viaggio in Italia che «m’era mai capitato d’assistere a una esplosione di gioia come quelle cui s’abbandonò il pubblico nel veder rappresentati così naturalmente se stesso e i propri simili». «Simili» sono i pescatori di Chioggia con le loro mogli, fidanzate, figlie e fratelli che danno vita a una vera e propria girandola di schermaglie amorose animate da egoismi e ipocrisie, pettegolezzi e gelosie, tensioni e ansie, alla fine felicemente risolte dal coadiutore del cancelliere criminale, grazie al quale si potranno celebrare i tre matrimoni prima compromessi.

La fortuna scenica novecentesca della commedia risulta condizionata dalla difficoltà dell’idioma chioggiotto rielaborato dallo stesso Goldoni. Ad eccezione degli spettacoli storici di Renato Simoni nel 1936, di Giorgio Strehler nel 1964 (ripresa nel 1992) e di Gianfranco De Bosio nel 1988, attenti a rappresentare con realismo «la vivacità, bonomia, trivialità, arguzia, allegria, spontaneità di modi» di cui parlava Goethe, gli altri allestimenti hanno offerto interpretazioni generalmente farsesche e di bozzettismo manieristico.

L’edizione de Le baruffe chiozzotte firmata da Paolo Valerio applaudita al Teatro Cristallo di Bolzano nell’ambito della rassegna In Scena in collaborazione con il Teatro Stabile, approfondisce il gioco della coralità esplorando i suoi meccanismi più sofisticati. La regia è lucida ed efficace nel dettare la giusta scansione ritmica alle azioni e ai movimenti degli attori. Affronta, invece, con poetica leggerezza la sostanza psicologica e sociale dei personaggi puntando sugli effetti di una teatralità tesa alla ricerca della raffinatezza ed eleganza formale.

È un gioioso susseguirsi di movimenti e di gesti stilisticamente perfetti per la connotazione dei singoli personaggi e di geometrica precisione nelle traiettorie disegnate sul palcoscenico che presenta una scena spoglia, chiusa da bianchi drappi in omaggio allusivo alle vele dei pescherecci e magistralmente illuminata da tenui tinte azzurre, arancioni e viola. Le abitazioni dei poveri pescatori, solitamente posizionate ai due lati del palco, risultano sostituite da una stretta pedana lignee sulla sinistra su cui prendono posto gli attori quando non impegnati e da un gruppo di sedie sulla destra. Lo spazio libero allude alla piazza dove esplode la forza delle turbolente dinamiche interpersonali dei personaggi, affidati alle competenze espressive di un gruppo di attori di qualità, esibita soprattutto nei sottili passaggi dal registro comico a quello tragico e viceversa.

Dal flusso incessante delle battute si sviluppa uno spettacolo brioso, a tratti esilarante, di accattivante leggerezza e di concreto divertimento per gli stessi attori e per il pubblico.

 

                               di Massimo Bertoldi

 

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