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CULTURA E SPETTACOLO: UN INTERMEZZO PRESTO INTERROTTO

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  Daniela Mimmi     Ma cos'è in fondo la cultura? solo una cosa che fa stare bene...   

Daniela Mimmi  -  24 ottobre 2020

E’ impossibile non dare (in parte) ragione a Carlo Bertorelle che qualche giorno fa ha scritto che la cultura non è solo spettacolo. Ma con i dovuti distinguo. La lettura, lo studio (e le relative riflessioni) dovrebbero far parte della vita e della giornata di chiunque. Ma si presume, a monte, di possedere un bagaglio intellettuale non indifferente. Oltre alla naturale interiorità, curiosità, voglia di mettersi in gioco, sperimentare. Non è facile addentrarsi nel mondo infinito e senza limiti della Cultura, quella scritta con la C maiuscola. Quale libro leggere? E quale poesia? Quale musica ascoltare? Quale mostra visitare? Nelle librerie ci si perde e nel web ci si perde. E lasciamo perdere la televisione, che raramente trasmette cultura, a meno che non si tratti di un film. Il web non sostituirà mai il teatro, la danza o il concerto dal vivo. Lo spettacolo, anche se è show, è unico, irripetibile, ogni sera diverso. Per quello è emozionante. Senza contare che il tipo di cultura di cui parla Bertorelle, presuppone anche una certa dose di misantropia. Non a caso cita Wirginia Woolf, donna solitaria che stava bene solo con se stessa, con i suoi prati e le sue scogliere in Cornovaglia. Andare a teatro può arricchire o meno da un punto di vista culturale, ma non è l’unico aspetto importante. Oltre che al fatto di assistere a un evento assolutamente unico e irripetibile, come dicevamo prima, andare a teatro significa anche prendere parte a dei riti che fanno stare bene: programmare la serata in anticipo, vestirsi bene, salire in macchina, entrare nel foyer e salutare amici e conoscenti che magari non si vedono da tempo. Dentro si annusa l’odore del teatro, del velluto e del sudore, il profumo delle signore e la fatica degli attori e ballerini. E quando si esce ci si scambiano opinioni. Quella sera, comunque fosse lo spettacolo, si va a letto leggeri e felici. Lo show può essere cultura, oppure no. Ma ormai sono distinzioni che nessuno fa più. Siamo d’accordo: il comico di Zelig che spara parolacce perchè non ha altro da dire, non è cultura, ma Maurizio Crozza potrebbe anche esserlo. Un concerto di Mahler è cultura. Shakespeare, Cechov e Ibsen, Max Frisch con cui apre la stagione le Vbb, Thomas Bernhard o Arthur Schnitzler sono cultura. Paul Simon è cultura? Il nuovo spettacolo di Paravidino sarà cultura? Ancora non si sa perchè dobbiamo ancora vederlo, ma sicuramente lo sarà. La musica pop non è cultura, ma la musica jazz sì, la musica rock secondo alcuni lo è, secondo altri no. In base a quale parametri? Secondo molti dei musicisti e attori e registi che ho intervistato nel corso della mia lunga attività di giornalista, c’è la musica bella e la musica brutta, il teatro bello e quello brutto, un bel libro e un libro brutto. Punto. Si può essere o meno d’accordo, ma questa è la tendenza e sono le opinioni di quelli che la cultura la fanno o la gestiscono. Penso sia passato in tempo in cui il cinema d’essai (parola per altro caduta in disuso) era Cinema con la c maiuscola (e più noioso era, più aveva valore), e il mainstream era un cinema con la c minuscola, da cassetta, per ignoranti, in cui lo scrittore famoso scrive male e lo sconosciuto è un genio della letteratura, in cui il concerto jazz di nicchia nel piccolo club che contiene 20 persone è fantastico, mentre quello al Palasport fa schifo. Anche se a volte è indubbiamente così. Quanto alla cameretta solitaria di cui parla Bertorelle, in cui abbiamo fatto i nostri primi viaggi più o meno avventurosi nel mondo della fantasia e della letteratura, spesso si tramutava in un incubo perchè non avevamo le armi per districarci nella giungla e volevamo solo mandare il cervello in fiamme. Howl, ovvero Urlo, di Allen Ginsberg era la mia poesia preferita. “Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate, nude, isteriche, trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di droga rabbiosa...” Ovvero, come bruciarsi il cervello quando troppo giovani si leggono cose troppo complicate e anche pericolose. Ciononostante Ginsberg è spettacolo (come abbiamo capito a posteriori), come lo erano i suoi amici, dal Gregory Corso a Lawrence Ferlinghetti e come lo era la sua libreria San Francisco, la mitica City Lights, visitata dai turisti né più né meno come il Golden Bridge. Alla fine, così è la cultura? Solo una cosa che fa stare bene. Quindi sì, the show must go on...

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