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IL CRISTALLO 25 agosto 2020 - light edition

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  Mario Telò     75° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DELLE NAZIONI UNITE: LA RIFORMA URGENTE E I SUOI ​​NEMICI   

La crisi del COVID 19 ha mostrato a tutti la drammatica discrepanza tra la portata delle attuali sfide transnazionali (salute pubblica, cambiamento climatico, sicurezza, stabilità finanziaria, povertà estrema, sviluppo sostenibile, terrorismo ...) e la debolezza della governance globale.

Questo divario era visibile anche prima della crisi del Covid-19 ma si è manifestato in modo evidente nel 2020. Difendere l'eredità multilaterale del passato, pur attuando alcuni aggiustamenti gestionali, non è più un'opzione seria. Ecco perché questa crisi senza precedenti dovrebbe essere l'occasione per una grande mobilitazione di attori sociali e politici, esperti, stati ed entità regionali per un “nuovo multilateralismo”.

Le forze progressiste dovrebbero battersi per una riforma realistica delle Nazioni Unite. Siamo consapevoli della vasta e diversificata convergenza di avversari e di ostacoli che contrastano questa priorità politica.

In primo luogo, il nazionalismo sta tornando nelle sue forme peggiori, persino contro i risultati unanimi delle scienze sociali e delle scienze naturali, degli specialisti, che hanno evidenziato e divulgato le caratteristiche transnazionali delle sfide comuni come l’ epidemia del COVID 19.

Il sentimento civico nazionale, il senso di comune appartenenza, si è rivelato durante la pandemia come una potente risorsa potenzialmente non contro ma a favore della cooperazione multilaterale.

Il sentimento nazionale è compatibile con il multilateralismo, come già scriveva Mazzini un secolo e mezzo fa, ma a condizione che il nazionalismo intollerante, esclusivo e aggressivo venga combattuto e sconfitto.

In secondo luogo, il dinamico programma del Segretario Generale Guterres è minacciato dal ritorno alle politiche di potenza dei principali attori mondiali e anche da medie potenze come la Turchia e la Russia, compreso il Paese, gli USA, che nel 1945 per primo ha sostenuto la fondazione delle Nazioni Unite.

In terzo luogo, c'è una confusione e uno scompiglio senza precedenti tra le stesse forze progressiste e pacifiste, che si vogliono in buona fede impegnare per l'uscita dalla crisi dell'ONU: da un lato, aggiustamenti manageriali e minimalistici sono proposti da governi e forze che difendono lo status quo e la logica del potere; dall'altra, un'esplosione di sogni utopici sta emergendo sempre più, in nome del sogno di un'ONU radicalmente nuova, basata su un nuovo Trattato. Dobbiamo essere molto chiari: la sfida di una riforma delle Nazioni Unite coraggiosa ed efficace si deve distanziare sia da cambiamenti cosmetici, di pura facciata, sia dai sogni irrealizzabili. Il moltiplicarsi di meravigliosi disegni e utopie è una tentazione, peggio che inutile, controproducente, perché enfatizzare l'opposizione tra costruzioni ideali perfette e realtà attuale, provoca solo rassegnazione, mentre quello di cui abbiamo bisogno è la più grande mobilitazione e il più grande impegno per riforme graduali, concrete e fattibili. Tutti devono essere consapevoli che gli attuali cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono divisi su quasi tutto con una sola eccezione: sono pronti, con la sola possibile eccezione della Francia, a porre il veto a qualsiasi riforma del Trattato. [1].

Questo è il motivo per cui le forze progressiste e di pace devono fare affidamento su tendenze dinamiche già esistenti e operanti, tendenze che stanno chiaramente andando oltre la mera continuità con il passato e stanno affrontando con coraggio non solo i deficit di efficienza delle Nazioni Unite ma anche, attraverso nuove modalità di partecipazione interparlamentare e dei cittadini, i suoi attuali deficit di rappresentanza e legittimità.

Come potrebbero svilupparsi innovazioni radicali nei principali settori della politiche ONU, dalla salute pubblica attraverso la riforma della Organizzazione Mondiale della Sanità - manifestamente l’ anello debole - alla sicurezza, alla pace, allo sviluppo sostenibile, al commercio e alla protezione dei diritti umani, all'equilibrio di genere? Fondamentale sarà la capacità dei riformatori di chiarire in dettaglio non solo che cosa fare, quali politiche sostenere, , ma innanzitutto il come migliorare l'efficienza e la legittimità di questa istituzione.

Le riforme delle modalità di funzionamento e di governance devono cioè essere l'obiettivo principale, interessando le istituzioni delle Nazioni Unite e il loro processo decisionale.

Per quanto riguarda la governance multilaterale, l'UE deve affermare come priorità un'idea forte, naturalmente accompagnandola alla ricerca delle alleanze e delle convergenze necessarie: il ruolo rafforzato che deve essere svolto dalle organizzazioni regionali democratiche a complemento del necessario coordinamento centrale istituzionale delle Nazioni Unite. Contrariamente al 1945, infatti, le organizzazioni regionali, come l'UE, l'ASEAN, l'Unione africana, il MERCOSUR, tra le altre, rappresentano già una nuova realtà multidimensionale consolidata in ogni continente, prevengono conflitti, stimolano la convergenza per lo sviluppo sostenibile, frenano ovunque il nazionalismo e la disgregazione.

Le organizzazioni regionali combinano insomma il decentramento del sistema delle Nazioni Unite con il contenimento della politica di potere; possono limitare il nazionalismo mentre offrono una terza via tra universalismo occidentale e relativismo. Anche senza una riforma della Carta di San Francisco del 1945, le organizzazioni regionali possono essere riconosciute e supportate dal sistema delle Nazioni Unite, attraverso la loro inclusione nel processo decisionale.

I migliori segretari del passato Boutros-Ghali e Annan hanno avviato questo profondo cambiamento dell’ iniziale squilibrio tra il livello regionale e il livello globale del sistema di governance multilaterale concordato tra i grandi nel 1945: i loro sforzi potrebbero infine essere portati a compimento dalla leadership innovativa di Antonio Guterres, se supportati da volontà politica, analisi competenti di esperti, esame dettagliato dell impegno multilaterale della organizzazioni regionali e misure coraggiose di riforma della governance pratica che guadagnare dal divenire definitivamente una struttura a molti livelli: globale, regionale, interregionale, nazionale..

La seconda riforma urgentemente necessaria riguarda modalità di governance più vincolanti.

Ciò potrebbe essere conseguito consensualmente prendendo spunto da due esempi costruttivi che possono aiutare ad affrontare lo scandaloso deficit di efficacia ed efficienza nella attuazione delle decisioni politiche, pur nel rispetto delle diversità nazionali: il "Metodo aperto di coordinamento " sperimentato nella UE da circa venti anni e i "Metodi di revisione della COP 21". Entrambi assicurano un monitoraggio centrale rafforzato del follow-up da parte degli Stati membri.

Molti attori in tutti i continenti si aspettano che l'UE svolga un ruolo trainante rilanciando e rafforzando il sistema multilaterale. Perché? Perché, al di là sia dell'eurocentrismo che dell'euroscetticismo, il destino della stessa UE, in quanto entità multilaterale regionale più matura e sofisticata, è esistenzialmente legato a quello di un nuovo multilateralismo, strutturato a vari livelli

 

[1]  Secondo l'articolo 108, gli emendamenti al trattato Onu del 1945 devono essere adottati dai 2/3 dei membri dell'Assemblea Generale e ratificati dai 2/3 dei membri delle Nazioni Unite, compresi tutti i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

 

 

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Mario Telò è docente di Relazioni internazionali e “J. Monnet Chair ”, presso ULB, Bruxelles, LUISS-Roma, Macau e CFAU-China e FGV-Rio. Presidente emerito dell'IEE -ULB, è stato consulente della Commissione Europea, della Presidenza del Consiglio Europeo e del Parlamento. Dirige il programma di dottorato GEM (“Globalization Europe multilateralism”), che comprende 12 università dei 5 continenti e 60 dottorandi . Telò ha pubblicato libri e articoli scientifici. Tra questi: Europe. A Civilian Power ?, 2005; EU and New Regionalism, 2001, International Relations. A European Perspective, 2009, Deepening the EU-China partnership, 2018, La place de l'UE dans le monde du 21ième siècle, 2018 e Regionalism and multilateralism, 2020.

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