IL CRISTALLO, 2008 L 1 [stampa]

ROMANZI E RACCONTI DI PIETRO CHIARA

di RENATO BERTACCHINI

A Piero Chiara (Luino, sulla sponda "magra" del Lago Maggiore, 1913 - Varese.

(1986) piaceva partecipare di persona, sceneggiatore e attore egli stesso all’interno delle sue pagine quando venivano tradotte sullo schermo. Amabilmente lieto e "paesano" compariva nel film "Venga a prendere il caffè da noi", tratto da uno dei suoi romanzi più celebri "La spartizione" (1964). Per un trentennio autore di successo - oltre quattro milioni di copie vendute - da "Il piatto piange" (1962) a "Il capostazione di Casalino" (1984), ai postumi "Saluti notturni dal passo della Cisa" (1987), "Di casa in casa, la vita" (1988), "Sali e tabacchi" (1989) - sotto le insegne del divertimento e della pressante gioia di raccontare, Chiara andava incontro al desiderio"popolare" di leggere, di godersi i momenti della lettura. Le sue storie rispondevano all’attesa del lettore medio che vuole leggere bene, sostanzioso, in tempi esaurienti e brevi insieme. Variando e rinnovando la materia narrativa - ricordi autobiografici e spinte avventurose, curiosità e dicerie - i modelli seguiti erano Boccaccio (cfr. Decameron con undici tavole a colori di Franco Gentilini, a cura di P. Chiara, Milano, SEED, (1975) e i picari spagnoli, il francese Balzac, la commedia goldoniana e i memorialisti libertini come Casanova (cfr. "Il vero Casanova", Milano, Mursia, 1977).

C’era tuttavia un inconveniente. Queste storie di Chiara, queste narrazioni naturali e schiette, questi liberi campi tematici di una lacustre collettività parlante cadevano in un periodo di riserve e squalifiche nei confronti della "letteratura di massa". Negli anni Sessanta, Settanta, "i detentori del gusto letterario perseguivano un puritanismo di marca tradizionalista o francofortese ferocemente avverso al godimento estetico e soprattutto incline a ritenere l’investimento emozionale dei lettori un falso valore d’uso imposto dall’industria culturale".

Lo afferma Mauro Novelli nella Introduzione al Meridiano P. CHIARA "Tutti i romanzi" (Mondadori, Milano, 2006, pp. XCV - 1509, euro 55), completato dai "Racconti" (Meridiani, 2007) a cura dello stesso. Oggi il clima risulta sensibilmente mutato a favore del luinese scrittore di successo.

 

Gente lacustre e gialli procedurali

 

La terra e la gente protagonista di Chiara sono sempre quelle della sua Luino, all’estrema sponda Nord del Verbano (chiamata, ripetiamo, la sponda"magra"per differenziarla dalla sponda"grassa", cioè ricca e turistica, situata dalla parte piemontese del Lago Maggiore). Atmosfera di vento e bonacce, acque e distese la lustri, cielo e nuvole. Le abitazioni vanno dai casolari rustici coperti di beole (roccia tagliata in lastre) alle dimore signorili traboccanti di verde e di glicini.

Negli alberghetti strategici presso le stazioni nidificano a loro agio le coppie clandestine.

Il tessuto di chiacchiere e conversari, nei caffè, nelle osterie, nelle bische improvvisate, lasciano scorrere al rallentatore partite interminabili (vedo, passo, rilancio), originali scherzi e beffe ai"bei cornuti d’antan", mordaci canzonature e scandalosi pettegolezzi (sesso, quattrini e debiti). Al centro, come voci e referenti diretti, ecco i personaggi di razza anarchica o melensa: sfaticati e perdigiorno, dongiovanni e sciupafemmine, cavalieri d’industria truffaldina, candide giovinette e sordide "carampane", femmine procaci e sensuali, tenutarie strepitose e sgualdrine da turno quindicinale. 1

Il romanzo d’esordio, "Il piatto piange" (1962), provvisoriamente intitolato "I giocatori", presenta una prima sezione corale, imperniata su storie di gioco e di meretricio, di biscazzieri e flanellisti. Ai bozzetti, agli aneddoti, gli excursus storici sulla guerra d’Abissinia, seguono tre blocchi più compatti: gli amori del Càmola (grottesca, esilarante la sua comparsa, nudo come mamma l’ha fatto, durante le cerimonie del Decennale della Rivoluzione fascista), le disgrazie del Tetàn, i maneggi del dottor Guerlasca. Personaggio reale di leggendaria cronaca luinese, Mamma Rosa, la grassa, materna padrona del casino locale. Straordinario, impensato, il capitolo che riguarda il gonococco, "microbo scaltrissimo", argomento di genere proibito reso con audacia, umanità, forza stilistica.

Nell’opera seconda, "La spartizione", 1964 (tradotta sullo schermo dal regista Alberto Lattuada, col titolo "Venga a prendere il caffè da noi", interprete Ugo Tognazzi), il solerte funzionario Emerenziano Paronzini divide le proprie prestazioni sessuali fra tre sorelle. Su un fondo paesano che irride al perbenismo, la frequenza di simili pratiche carnali, i ritmi così diffusi di un meccanismo a orologio erotico implacabile conducono il protagonista a un crescendo di vorticosi rapporti, destinati a un mancamento repentino e alla morte.

Gigantesco maestro di scuola (centoquaranta chili di peso, metri uno e novanta di altezza), Amedeo Bordigoni, il Buon Cazzone, sospettato delle peggiori sconcezze, non se ne preoccupa. Nel romanzo "Il Balordo" (1967) vive a suo modo felice, gli bastano la musica, la pesca, gli amici. Cacciato con ignominia, attraversa l’Italia e la guerra senza capirci nulla. Torna dopo dodici anni sulle rive del lago, accolto come un messia. Eletto sindaco a furor di popolo, elabora un codice per la gente, dove candore e buon senso si alternano alla furbizia fraudolenta. Finché, ottenebrato da una malattia, come re del carnevale e venerato oracolo, non enuncia strani proverbi tradizionali alla rovescia: "Meglio un uovo fresco che una gallina soda"; "Una mano lava e l’altra aspetta"; "Re, patria e famiglia riducono l’uomo in poltiglia".

Nel gennaio del 1964, a Roma, trovano un giovane uomo d’affari d’origine egiziana sfigurato col vetriolo e ucciso a colpi di pistola. Del crimine sono incolpati l’amante, l’ex marito di lei, entrambi egiziani: i Bebawi. Al processo 1965 - 66 è impossibile accertare la verità. Il caso Bebawi scoppia quando Chiara ha già steso da due anni la trama de "I giovedì della Signora Giulia". L’uscita a puntate sul "Corriere del Ticino" nel 1962 conferma lo scrittore luinese circa la plausibilità della sua tesi: non l’impotenza della giustizia davanti al delitto perfetto, ma il"caso" per il quale certe situazioni giuridiche particolari "possono legare le mani dei giudici proprio in nome della legge".

L’interesse di Chiara per la detection - che la critica vorrebbe circoscrivere all’ultima produzione - risale dunque alle prime prove narrative, I giovedì della Signora Giulia precedendo addirittura di qualche mese "Il piatto piange"2. La predilezione per le categorie forensi, la vena "noir" e poliziesca emergono in seguito nel "Pretore di Cuvio" (1973), ne "La stanza del vescovo" (1976) e nei "Saluti notturni dal passo della Cisa" (1987). 3

I due romanzi "Il cappotto d’astrakan" (1978), portato sullo schermo da Marco Vicario) e "Una spina nel cuore" (1979, tradotto in film da Alberto Lattuada) sono meno ricchi di grazia inventiva e di humour. Ricordo della Parigi anni Cinquanta, all’epoca del soggiorno di Chiara presso i giardini del Luxemburg, "Il cappotto d’astrakan" intende esplorare e approfondire motivi nuovi: la solitudine nella folla della capitale, il senso precario degli incontri, le domande esistenziali inquietanti; tutti obiettivi difficili, scarsamente raggiunti per colpa di una disinvoltura, di una eccessiva" confidenza artigiana"che sconfina nella banalità.

"Una spina nel cuore" s’ispira alla travolgente passione sperimentata dall’autore Chiara ventenne per una ragazza della Valcuvia scomparsa giovanissima. Il tema dell’amore - impeto, dell’amore - urgenza sentimentale, fuori da ogni divagante pretesto boccaccesco, risulta tuttavia dichiarato piuttosto che creativamente vissuto.

Romanzo autobiografico, il più amato e complesso di Chiara, "Vedrò Singapore?" (1981) resta strettamente fuso e confuso ai suoi anni giovani; scoperte e stupori dolorosi, ma sempre cari e vitali per calore di sangue, nostalgia e incubo, bravure e pazzie. Il protagonista, uno studente in legge, falsario di persona, prende il nome e il posto del cugino morto. Gli ambienti e la gente tra cui si muove sono quelli della terra oltre l’Isonzo, la remota Aidussina negli anni Trenta, piena di fantasmi. L’interrogativo del titolo Vedrò Singapore? significa il sogno che tutti i giovani concepiscono: uscire da se stessi e dai propri limiti per trovare spazi maggiori e compiervi un destino più grande.

 

Racconti antifascisti e affarismo bancario

 

Il secondo, conclusivo Meridiano dedicato a Piero Chiara, "Racconti" (Milano, Mondadori, 2007, pp. XCV - 1888, euro 55, a cura sempre di Marco Novelli) completa la conoscenza del"narratore di fatti". Il volume presenta intere le raccolte"per adulti" pubblicate in vita: "Dolore del tempo" (1959), "Con la faccia per terra e altre storie" (1965), "L’uovo al cianuro e altre storie" (1969), "Sotto la sua mano" (1974) "Le corna del diavolo e altri racconti" (1977), "Viva Migliavacca! e altri 12 racconti" (1982), "40 storie negli elzeviri del"Corriere" (1983), "Il capostazione di Casalino e altri racconti" (1986). A queste raccolte si aggiungono i racconti per ragazzi "Le avventure di Pierino al mercato di Luino" (1980) e in appendice "Itinerario svizzero" (1950), scritto giovanile e "itinerante" nel Canton Ticino.

Cose e uomini, figure e figurine, ritratti a punta secca ora malinconici ora soffusi di tenera ironia nel "Dialogo del tempo" indicano l’abbandono dolorosamente contemplativo della scrittura dagli anni giovani e lo smarrirsi di tante cose amate: la madre contadina nata in una stalla come Gesù ("Compleanno di mia madre"), le barche a remo e a vela, le zattere, i sandolini di Piero fanciullo navigatore ("Sul Lago Maggiore"), il fischio del tram che dalla valle attraversa la città ("Un altro paesaggio"), le"montine"con la gerla sulle spalle ("Le strade di allora").

La raccolta "Con la faccia per terra e altri racconti" narra la storia dei viaggi di Chiara in Sicilia. Ma è una narrazione a posteriori, dal punto di vista del ritorno all’isola trent’anni dopo. Diversamente dalla discesa alle madri nella vittoriniana "Conversazione in Sicilia", il lacustre, il luinese Chiara - da settentrionale - non si riconosce, non si ritrova nell’isola degli avi. Non avverte né trasalimenti ancestrali, né vampate segrete di consanguineità. 4

La tendenza littoria al grandioso e al retorico attira i fulmini di Chiara, Franco, contestativo causeur comico ne "L’uovo al cianuro e altre storie". Una grossa anguria, nel "Povero Turati", rotolando giù da un pendio, viene a sfracellarsi sul palco del Segretario del Fascio ("quarant’anni, pallido, un po’storto di faccia e biondastro") durante un’adunata oceanica. Il sugo e i semi che bagnano la testa dei gerarchi imbevono la fronte del malcapitato Turati Augusto, "fu la prima scossa, il primo colpo andato a segno, ostile e premonitore". I pezzi del repertorio antifascista, orale e scritto di Chiara, spaziano sempre ne "L’uovo al cianuro" da "L’onesto signor Bernasconi" (impresario di pompe funebri a Filadelfia, industriale di sottaceti in Belgio, maestro in cambiali e acrobazie bancarie) ai "Figli della legge" (apprendisti ladri e truffatori di mestiere).

Soprattutto ne "La Banca di Monate", la fascistizzazione della società all’epoca della "battaglia del grano" e della "guerra alle mosche" procede di pari passo con la resistibile ascesa politico - bancaria del geometra Defendente Manera, ex combattente, esperto d’industrie tessili, spregiudicatamente simpatico, congeniale al regime, perfettamente in linea col comandamento mussoliniano "largo ai giovani", libero "volpone" antiborghese, contrapposto ai vecchi, odiati industriali "pescecani".

Significante, distintivo racconto "La Banca di Monate", dove l’istituto di credito è elevato a determinato, indiscusso protagonista della narrazione.

Mentre nella civiltà otto / novecentesca, la banca è in genere luogo d’impiego a basso livello, rifugio tradizionale d’umili impiegati, di travet costretti alla dura parsimonia, al vivere quotidiano grigio e monotono dietro la copertura borghese della rispettabilità (si pensi agli esemplari "Demetrio Pianelli" del lombardo Emilio De Marchi e alle "Miserie di Monsù Travet" del piemontese Vittorio Bersezio), La Banca di Monate - afferma opportunamente M. Novelli introducendo al Meridiano Racconti - chiama in causa l’istituto di credito"nella sua natura di forza cieca e irrefrenabile, paragonandola ora a una locomotiva ora a un corpo mistico in grado di rintuzzare i molteplici attacchi che le giungono dall’interno e dall’esterno".

Dunque trionfo, constatato e ironizzato, dell’affarismo bancario, della "volpina" intraprendenza economica di gerarchi e gente di potere.

La singolare attitudine dell’autore Chiara di far passare attraverso la scrittura la propria sopraffina arte combinatoria, parlante e dialogante, risalta nel racconto limpido e corsivo "L’uovo al cianuro" che intitola la raccolta omonima. Il signor Pareilla, occhio e orecchi curiosi, insiste a fotografare, smonta poco per volta l’enigma di un delitto commesso con un uovo che, all’esame chimico, presenta"tracce evidenti di cianuro", tossico ad azione letale potentissima. Ne " Le corna del diavolo" e altre storie", la perizia artigianale di Chiara narra lo spettacolo della vita di provincia in termini di furbizia, sensualità, avida doppiezza. Talento inventivo, felici manovre stilistiche e lessicali presiedono ad altrettanti ritratti memorabili di ladri, "birichini", borsari neri, taglieggiatori in Paolotto, Parabolano, Onor di furfante, Faccia di palta, Il Tonolini. Vedovo quarantenne, il protagonista omonimo Tonolini, ben rasato, dignitoso e affabile, è un pugliese che ottiene credito e prestiti al Nord, poi scompare (forse a causa del terremoto) per ricomparire in seguito, misteriosamente, alcuni dicono come fantasma, altri come volgare truffatore. L’interesse di Chiara per le figure imprenditoriali torna nei racconti di "Viva Migliavacca!, accompagnandosi al fervore per le tresche erotiche e all’invalsa funzione di "prede selvatiche" assegnata ai personaggi femminili.

Nella fortunata raccolta (50 000 copie vendute in un solo anno), Chiara insiste con piglio da intenditore sulla genesi e le forme della bellezza muliebre che germoglia prodigiosamente nei cantoni più sperduti e insospettati. 5

 

Elzeviri del"Corriere" e rinnovata fedeltà al narrare breve

 

Tra i narratori scolastici più gettonati nel secondo Novecento, accanto a Buzzati ("La famosa invasione degli orsi in Sicilia") e a Calvino ("Marcovaldo"), a Rodati ("Favole al telefono", Novellette fatte a macchina) e a Laura Orvieto ("Storie della storia del mondo"), figura Piero Chiara con "Le avventure di Pierino al mercato di Luino".

Precisa l’intenzione polemica. Mentre cadono in verticale le grandi avventure dell’umanità, mentre nella letteratura per l’infanzia spadroneggiano la fantascienza e i robot, il terrificante e il diabolico fuori dell’umano, Chiara intende riaprire l’orizzonte dell’immaginazione. Descrive e illustra un mondo reale e fantastico"ma a misura d’uomo e dentro il limite di un naturale sviluppo".

Vivacemente imparentato con Pinocchio e Giamburrasca, Pierino di Luino non s’inoltra fra i corpi celesti. Non conosce radiazioni mortali e astronavi da guerre stellari. Alle asfittiche aule scolastiche, preferisce l’aria aperta, specie di mercoledì, quando in paese piantano le tende numerose bancarelle, intorno alle quali gravita una "variopinta umanità che ammalia"6.

Chiara inizia a collaborare al"Corriere della Sera" nel 1969, su invito del nuovo direttore Giovanni Spadolini, che lo ha apprezzato in precedenza come elzevirista quando era alla guida del"Resto del Carlino". Progettata nel 1971, la raccolta e la selezione degli articoli avviene dodici anni più tardi nel maggio 1983 col titolo "40 storie di Piero Chiara negli elzeviri del"Corriere" (Mondadori).

Il genere elzeviristico particolarmente adatto, congeniale allo scrittore, gli permette di spaziare"dal saggio di costume al breve racconto di vita vissuta, dalla cronaca di viaggio alla recensione, dalla presentazione di un’opera d’arte all’incontro con un grande personaggio del presente o del passato, offrendo con ciò una incontrovertibile prova della ricchezza dei suoi interessi e della straordinaria duttilità della sua penna" (Roncoroni).

Pezzi autobiografici scorrono tra antropologia e ironici sorrisi. Il rigido inverno 1924 è rievocato in "Un brutto inverno", freddo atroce in collegio, piaghe e geloni.

Il microcefalo ricorda il compagno di camerata Battista, sbeffeggiato per la sua testa grossa. La pagella, ossia i ritrovati quaderni della terza elementare, presenta una serie di quattro sorprendenti composizioni. Sono tutti profili biografici all’antica, vale a dire schietti, naturali, senza troppi risvolti sociologici. In"Ella, signor giudice... ", la dura compagnia di una gamba di legno è la chiave per penetrare nell’intimo dell’avvocato Parietti, scoprirne la mesta solitudine. "Il vitalizio" svolge una strana, gaudente trovata: Ovidio, gran formaggiaio lodigiano, ricco e scapolo, per vivere in santa pace, stipula"un costoso vitalizio" con un’impresa di Milano che provvede a spedirgli una donna per settimana, elegante e spigliata, "noleggiandola sul mercato della prostituzione di lusso". 7

Dopo i romanzi "Il cappotto d’astrakan" e "Una spina nel cuore", con "Il capostazione di Casalino" (1986), la rinnovata fedeltà di Chiara torna alla misura e all’arte del racconto. Nonostante i progressi irreversibili della malattia, che nel dicembre 1986 lo condurrà alla morte, lo scrittore luinese si mantiene lucido e vigile nell’ultima raccolta. I racconti passano dall’atmosfera tesa e dissennata di fascismo e guerra a quella medio borghese del secondo dopoguerra. Narrativamente è ancora la vita di provincia, spiata dalla finestra del vissuto, al davanzale dei casi quotidiani. Ma – a differenza dei precedenti florilegi "L’uovo al cianuro", "Sotto la sua mano", "Le corna del Diavolo" - nel "Capostazione di Casalino" circolano segni di perdita, dilazioni e riprese, smarrimenti di identità, esistenze sprecate e gettate nel vuoto, dolorose intermittenze del vivere e la morte che incombe.

Oltre tutto, bisogna rispettare i segreti, le piaghe nascoste. Finita l’epurazione all’inizio del miracolo economico, il gracile, malandato Cuniberti, capostazione di un paesello sulla linea Oleggio - Luino, non sappiamo se sarà lui il marito (inadempiente) o solo il fratello della signora Gisella (mora alta e statuaria, di formosa avvenenza) a reggere l’equivoco intreccio del "Capostazione di Casalino".

Le trame sottili del trittico "Un posto meraviglioso", ben nascosto, "Gli Arnaboldi alla Porta", "Il bombardino del signor Camillo", sfruttano al meglio le risorse della contraddizione e dell’ironia. Chiara pensava alla possibilità di trarne un film"eroticamente esplosivo". Nel primo e nel secondo racconto "apparirebbe psicologicamente studiata la seduzione di una ragazza da parte di un uomo anziano"; nel terzo avremmo" la seduzione di un ragazzo da parte di una donna che potrebbe essere sua madre".

Negli anni del caso Bruneri - Canella (lo Smemorato di Collegno), il vercellese emigrante Antonio Chiappero, catturato nel cuore dell’Amazzonia, è creato re dagli indigeni; ma né il potere, né le ventiquattro mogli e le immense ricchezze riescono a compensarlo del dolore che prova ancora a settant’anni "per aver dovuto abbandonare la sua identità e quindi la sua personalità". 8


 

NOTE


1 Di formazione irregolare, anarchica lo stesso Chiara. Studi sgangherati e interrotti, fotografo a diciannove anni, emigrato in Francia, a Nizza, esattore d’affitti per case popolari, iscritto ad un concorso per funzionario amministrativo della Giustizia come" aiutante volontario di cancelleria". Esperienza di cancelleria giudiziaria, dapprima (1933) presso la pretura di Pontebba in Alta Carnia, poi a Idussina nella Slovenia occidentale (allora compresa nel Regno d’Italia), quindi nella più accogliente Cividale e infine a Varese. Ricercato politico per orientamenti antifascisti, "ospite" in campi di concentramento svizzeri, reintegrato nell’amministrazione giudiziaria nel 1947, Chiara ricomincia a compilare verbali, inventari di vizi, debolezze e mistificazioni umane. Andato in pensione nel 1957, con la qualifica di cancelliere di seconda classe, lascia almeno trentamila pagine di verbali scritti di suo pugno.

2 Nel romanzo 1962 Chiara (precisa il prefatore Novelli) "attinge a piene mani all’esperienza accumulata in un quarto di secolo speso al servizio dell’Amministrazione della Giustizia, come risulta dalla diligenza nella resa della procedura investigativa e processuale, che in più luoghi avvicina l’opera al legal thriller. Il commissario Sciancalepre, segugio doc, "capace di immedesimarsi nel delinquente", richiama l’Ingravallo di Gadda e il Maigret di Simenon.

3 Ambientata nei primi anni del fascismo, la vicenda del Pretore Cuvio, accanto agli aspetti erotici comicamente boccacceschi - gaddiani (il priapismo del dottor Augusto Vanghetta), lascia trasparire il presentimento di un precipitare inarrestabile, disperante degli eventi. Nella "Stanza del vescovo" (portato sullo schermo da Dino Risi nel 1977), due reduci, un giovanotto trentenne e un nobile del luogo, certo Orombelli, vanno in giro sulla Tinca, confortevole imbarcazione a vela. Nelle loro microcrocere lungo le coste italiane e svizzere del Lago Maggiore per diporto e a caccia di donne, l’innesto del giallo avviene attraverso il sospetto che l’Orombelli sia responsabile della morte della ragazza Cleofe. Un assassinio efferato e impunito, nel "Saluti notturni dal passo della Cisa", sulla falsariga della tragica fine del giornalista varesino Ismaele Mauro Carrera, ucciso insieme all’giovane domestica in una sua villa nell‘Oltrepò pavese, porta il sigillo dell’esclamazione pirandelliana rivolta dal principale accusato al lettore: " Ti ho messo davanti tutte le verità possibili. Scegli quella che ti va meglio".

4 In "Con la faccia per terra", Chiara manda a picco, liquida i ricordi, senza elegia e senza rimpianti. Eppure nel villaggio di Roccafinita - geograficamente Resuttano (provincia di Caltanissetta), solitario borgo delle Madonie, luogo di nascita del padre - vige ancora l’immobilità dell’esistenza, domina ancora e sempre la vanità delle vicende storiche. Vi si incontrano personaggi sornioni, astutamente passivi, gattopardeschi, dal cugino Biagio, interlocutore di primaria importanza, al figlio del barone di Càccamo che sa tutto sulla mafia ma legge soltanto l’Apocalisse.

5 La promettente sedicenne Luisa, poi sposa e "signora", è un miracolo di donna, un giglio di Francia trapiantato nella misera valle Vaddesca (I loro occhi si incrociarono). Le due avvedute sorelle Lilly e Lolly dividono senza gelosia il letto del generoso Cummenda ("Viva Migliavacca!"). Torbida, peccaminosa ninfomane, l’Aurelia si scalda ignuda alla fiamma del camino, con la sigaretta in una mano e un fiasco nell’altra ("Aurelia Armonia"). Cecilia, chiamata Céncina e anche "contessina" per i modi aristocratici, da fanciulla incantata e assente, fiorisce, prorompe come donna di forme piene, sode e opulente ("E’ tornato Gaudenzio").

6 Bugie fantasmagoriche e sogni concreti d’altra vita. Nell’antifiabesco "Cammina, cammina", il protagonista Pierino, volendo derubare il Mezzetti, venditore ambulante di frutta secca, si nasconde nel magazzino di arachidi e carrube del venditore. Pericolosamente intrappolato, racconta la storia di "esser stato dentro una grotta in fondo al mare". E a forza di raccontare e perfezionare la storia, anche da grande finisce per crederci. Le esperienze al mercato di Luino del mercoledì, più istruttive di quelle scolastiche (terza elementare), inducono Pierino a rendersi"aiutante" di un venditore di stoffa, e imbonitore allegro e sfrenato. Per giustificare il furto sistematico dalla piramide delle angurie dietro il banco, Pierino e il socio Gervaso inventano la mano miracolosa che porta in cielo i rossi frutti, facendoli estrosamente evaporare ("L’evaporazione delle angurie").

7 Costumi e abitudini che mutano quasi sempre in peggio negli elzeviri del"Corriere". Restaurata l’anno...: motivata presa in giro dei lavori condotti nella chiesa luinese di San Pietro, irriverenza, petulanza, disprezzo di ciò che vive nel tempo e nel ricordo. La campagna: elegia e nostalgia rimpiangono la campagna non più intonata con la natura, "grande cadavere ormai"sul quale prosperano coltivazioni intensive, fertilizzanti, terre "caricate" a fosfati, fragole a Natale e ciliege d’autunno. Memento e satira dello strabismo politico nel Cavallotti. Il focoso tribuno vuole "immolarsi" in duello con i nemici della patria. Ma, affetto da grave miopia, non vede la punta della spada dello sfidato Màcola, le va incontro, "inghiottendola come il più dolce boccone della vita".

8 Progessiva, matura confidenza di mezzi stilistici, Chiara applica a vicende incastrate l’una nell’altra ne "Le storie del Botta". Gran fabulatore, il bolognese Olindo Botta esibisce"sparate" enormi, ma godibili, godibilissime, come quando - racconta -, da robusto sosia, deve sostituire in campo amoroso il Kedivè d’Egitto, rimediando scrupolosamente a certe sue impreviste crisi falliche.