IL CRISTALLO, 2008 L 1 [stampa]

60 ANNI NEL 2010: PROSPETTIVE E NUOVE FUNZIONI PER UNA RIFORMA DEL TEATRO STABILE DI BOLZANO

di MARCO BERNARDI

Il Teatro Stabile di Bolzano si avvia a compiere 60 anni nell'autunno del 2010, dei 17 Teatri Stabili pubblici italiani è il secondo per anzianità dopo il Piccolo Teatro di Milano fondato da Giorgio Strehler e Paolo Grassi nel 1947. Il fatto stesso che operi da tanto tempo è certamente un sintomo di vitalità e si può ben dire che stia attraversando un periodo di successo artistico, solidità economica, efficienza delle sedi teatrali e che sia diventato un luogo importante di confronto culturale e politico per la formazione di una nozione di identità della comunità italiana dell'Alto Adige. (I numeri relativi all'attività del Teatro Stabile sono, in estrema sintesi, questi: 200 recite di spettacoli di produzione a stagione, 120.000 spettatori, dei quali 60.000 in Alto Adige e 40.000 under 26.)

Ciò nonostante ritengo opportuno avviare un processo di riflessione sulle funzioni di questa istituzione teatrale di interesse pubblico in rapporto ai cambiamenti, anche radicali, che hanno segnato la nostra società in questo periodo storico come per esempio la straordinaria crescita dell'offerta di spettacoli dal vivo registrata a Bolzano nel corso degli ultimi 15 anni.

Un primo nodo critico che vale la pena analizzare è certamente quello normativo. Se lo statuto adottato nel 1992 sulla base del decreto del Ministro dello Spettacolo Tognoli, che imponeva ai Teatri Stabili pubblici l'adozione di statuti omologhi progettati secondo criteri di razionalizzazione, appare tuttora solido e ben strutturato, in grado di favorire il giusto equilibrio tra autonomia artistica e controllo democratico della gestione amministrativa, i decreti (o regolamenti o circolari) emanati annualmente prima dal Ministero per il Turismo e lo Spettacolo e successivamente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali hanno cambiato troppo spesso le regole del gioco costringendo i Teatri Stabili, e soprattutto quelli più piccoli come l'istituzione bolzanina, a complesse acrobazie gestionali per raggiungere e mantenere i parametri richiesti allo scopo di ottenere i finanziamenti statali.

Per esempio la nuova normativa, in vigore da pochi mesi (D.M. 12/11/2007), prevede che "l'attività teatrale stabile sia connotata dal prevalente rapporto con il territorio entro il quale è ubicato e opera il soggetto che la svolge" e, più in particolare, che un Teatro Stabile come quello di Bolzano debba "rappresentare in sedi direttamente gestite almeno il 30% delle proprie recite di produzione" e nel territorio della regione di appartenenza almeno un altro 10%. Questo significa per l'istituzione bolzanina dover effettuare nei teatri gestiti in Provincia almeno 60 recite a stagione, alle quali se ne sommano altre 20 da effettuare in Regione. Numeri molto consistenti a fronte di una popolazione provinciale di lingua italiana di circa 115.000 abitanti. Molto consistenti ma raggiungibili a condizione di poter svolgere un lavoro capillare su un territorio dove la quantità dell'offerta di spettacoli dal vivo sia messa a punto dalle politiche culturali locali con l'obbiettivo della razionalità della spesa e con la consapevolezza di quanto stabiliscono le leggi statali in vigore. Ma non sembra che sia così. Non sembra che Ministero e Amministrazioni locali siano d'accordo: lo stato chiede che i Teatri Stabili si occupino di più del territorio, le Amministrazioni locali (in specie la Provincia Autonoma) invece hanno investito notevoli risorse negli ultimi 15 anni nella creazione di nuove stagioni teatrali e di nuovi teatri che operano sul territorio rendendo piuttosto affollata la scena bolzanina e di conseguenza molto difficile il raggiungimento dei nuovi parametri statali, favorendo di fatto una stratificazione dispersiva dell'offerta di spettacoli dal vivo che, più che arricchirlo, rischia di confondere il potenziale spettatore.

Da questo punto di vista, ma non solo, potrebbe essere interessante riconsiderare l'ipotesi, più volte affrontata nel corso dei sei decenni di vita del Teatro Stabile di Bolzano ma mai andata a buon fine, di studiarne la trasformazione in un organismo di interesse regionale.

Un progetto di politica culturale che si potrebbe avviare ampliando e istituzionalizzando la già proficua e collaudata collaborazione tra Teatro Stabile, Centro Servizi Culturali S.Chiara di Trento e Coordinamento Teatrale Trentino e successivamente aprendosi ad altri comuni, festival, soggetti di promozione teatrale interessati a creare sinergie sul territorio regionale. Gli obbiettivi di tale riforma sono evidenti: razionalizzazione delle risorse pubbliche investite, coordinamento delle stagioni in lingua italiana sul territorio regionale, opportunità produttiva finalizzata alle esigenze culturali specifiche di comuni e soggetti istituzionali, crescita del finanziamento statale conseguente al maggior rapporto dell'attività col proprio bacino d'utenza.

Ma una riforma di questa portata non può che essere concepita e realizzata a livello politico, dalle giunte provinciali e comunali, dagli assessori alla cultura, dai partiti politici. Non ci resta che formulare l'auspicio che venga fatta una seria riflessione su questi argomenti.

Un altro tema sul quale sarebbe interessante aprire una discussione è quello della formazione del pubblico, della funzione divulgativa a favore della conoscenza dei linguaggi e della storia del teatro presso il maggior numero possibile di cittadini della nostra comunità. È evidente che se vogliamo ampliare ulteriormente la quantità degli spettatori alle stagioni di teatro d'arte è necessario investire energie e risorse nel creare nuovi pubblici. In questo senso il Teatro Stabile potrebbe svolgere un ruolo importante nella diffusione della cultura teatrale con corsi di teatro, percorsi di avvicinamento al teatro, iniziative volte a formare spettatori preparati e consapevoli e ad abbattere la barriera culturale e comportamentale che c'è tra la complessità strutturale di uno spettacolo teatrale e la relativa capacità interpretativa di alcune fasce della popolazione meno preparate a decodificarla. D'accordo, c'è già l'iniziativa "Teatro nella Scuola" che, giunta ormai alla ventesima edizione, svolge in parte questa funzione ma non è sufficiente. Si sente sempre più chiara la necessità di affiancare questa rassegna di spettacoli dedicati ai giovani con processi educativi e divulgativi sia in ambito scolastico che per le altre fasce d'età.

In generale penso che, nella città di Bolzano, ci siano troppi spettacoli e troppo poche occasioni di formazione del pubblico. Forse sarebbe opportuno che le politiche culturali tenessero conto di questo problema, che si pensasse di disinvestire in termini di quantità dell'offerta di spettacoli dal vivo utilizzando le risorse così risparmiate per progetti dedicati alla creazione dei nuovi pubblici. Anche per ottimizzare gli importanti investimenti fatti fino ad ora in questo settore cercando di riempire sempre più i teatri, con il risultato non secondario di incassare maggiormente al botteghino liberando ulteriori risorse per la formazione del pubblico, in un circolo virtuoso di economia della cultura.

Un altro argomento importante, forse il più difficile da affrontare, è quello della periferia, dei numerosi centri della provincia di Bolzano dove la popolazione di lingua italiana è esigua e dove quindi la presenza di un'istituzione come il Teatro Stabile si carica di ulteriori responsabilità di carattere culturale, linguistico, sociale e, per così dire, identitario. In questi centri la ricerca di proprie radici storiche, antropologiche e sociali non è facile poiché penalizzata dai piccoli numeri del gruppo italiano e da una sorta di depressione collettiva, di sindrome da disagio, comprensibile ma del tutto improduttiva. È lì che bisognerebbe attivarsi per operare con maggiore efficacia accompagnando le attuali, fondamentali, stagioni teatrali con iniziative volte alla formazione del pubblico, con percorsi di animazione teatrale volti al recupero della memoria della comunità, alla costruzione di spettacoli che contribuiscano alla costruzione dell'identità di una comunità relativamente giovane come quella italiana dell'Alto Adige che ha poco più di 80 anni.

Ma per fare tutto questo ci vogliono energie umane e risorse finanziarie che il Teatro Stabile non ha, chiuso alla crescita com'è, frenato nell'ultimo quinquennio dai tagli dei finanziamenti statali e dalla sostanziale stabilità di quelli locali.

In somma, materia di riflessione ce n'è. Mi auguro che questo intervento possa stimolarne altri e che i responsabili delle politiche culturali locali si assumano la responsabilità di progettare assieme agli operatori della cultura e del teatro una riforma delle funzioni del Teatro Stabile di Bolzano che consenta a questa istituzione culturale di affrontare il futuro con efficacia sempre maggiore nella diffusione della conoscenza del teatro d'arte presso le nostre popolazioni.