IL CRISTALLO, 1965 VII 2 [stampa]

BEPPINO DISERTORI: Il Messaggio del Timeo (CEDAM, Padova 1965).

recensione di SILVANO DEMARCHI

Beppino Disertori è noto nel mondo culturale non solo per i suoi studi strettamente scientifici (cfr. Trattato delle nevrosi, 1956) ma anche per aver indagato con particolare acume problemi, al limite della scienza e della filosofia, di biologia e psicologia teoretica, che rispecchiano la sua concezione metafisica della vita (cfr. Libro della vita, 1947; De anima, 1959). Nel presente libro l'autore raffronta le teorie scientifiche (geologiche, paleontologiche, fisiche, astronomiche, fisiologiche, psicologiche ecc.) con le più recenti conquiste della scienza contemporanea, convinto che dalla pagina platonica balenino «sbalorditive anticipazioni», quasi profezie, di cui alcune si sono verificate, altre attendono ancora una verifica e potrebbero essere stimolo fecondo agli scienziati nella loro indagine.

Risulta chiaro quindi l'interesse filosofico e insieme scientifico dell'opera che, da un lato illumina ed approfondisce vari aspetti del travagliato pensiero greco e platonico, dall'altro, sul piano della scienza, verifica risultati e propone soluzioni a problemi tuttora aperti.

Lo scrittore vuole rendere accessibile al lettore del XX secolo la mirabile sintesi di pensiero, tramandata nelle forme dell'antico dialogo dal sommo filosofo, riesponendola in termini consoni alle odierne abitudini mentali e interpretandola nel quadro del pensiero greco e insieme alla luce della scienza contemporanea.

«Il Timeo di Platone — è scritto nella prefazione — è tra le massime opere della mente umana; comparabile per altezza solo alla Commedia di Dante. Se questa è un itinerario dalla creatura al Creatore, quello lo è dal Creatore alla creatura. Con l'attributo «divino» fu definito il poema dell'Alighieri, con il medesimo attributo fu degnamente chiamato Platone».

Ci limiteremo in questa breve recensione ad accennare solamente ad alcuni dei problemi più significativi.

L'opera si apre con la presentazione del suggestivo mito platonico dell'Atlantide, che interessa per alcuni aspetti fondamentali: l'Atene prisca e i suoi rapporti con gli Egizi e con gli Atlantidi; l'isola Atlantide e il suo cataclisma; il continente al di là di quest'isola.

Passando, nel successivo capitolo, dal piano della archeologia a quello dell'astronomia, l'A. istituisce un raffronto fra le leggi planetarie, desunte dal Timeo, e quelle di Keplero (cfr. pp. 84 e segg.) e rileva come la concezione della «chora» precorra la teoria dello spazio einsteiniano.

Sul piano psicobiologico, il Disertori osserva che dalla dottrina del Timeo risulta che il sostrato morfologico preminente della sfera istintiva è il diencefalo, mentre quello della sfera dell'orientamento e causalità della psiche umana è la corteccia cerebrale. Piena concordanza, dunque, fra l'intuizione platonica e l'odierna psicologia teoretica! «Ed è verace taumaturgia profetica che l'encefalo non è che differenzazione cefalica del midollo spinale e che gerarchiche regioni e funzioni psichiche, autonome ma non indipendenti nella loro correlazione, sono subordinate tra loro e in rapporto con livelli ariatorno-funzionali discendenti dal sistema nervoso centrale» (pag. 249).

Altri motivi sono degni di tutto l'interesse, come l'ipotesi di trasformismo, inteso ancora in senso soltanto involutivo, delle specie viventi e le molteplici questioni di fisiologia e di patologia.

Nel Timeo il filosofo ateniese ha voluto descrivere il processo discensivo degli essere da Dio, l'azione plasmatrice per opera del Demiurgo della materia informe, che investe tutti i piani dell'essere e interessa di conseguenza scienza e filosofia. Ne è nata la più grande enciclopedia scientifica dell'antichità che porta fino a noi il suo messaggio. Quale è dunque il valore per noi e il senso ultimo del messaggio? «Che quest'unigenito universo è immagine di Dio; che noi siamo figli di Dio e siamo, ognuno di noi, un microcosmo che trova la sua perfezione nel farsi simile al macrocosmo quando la mente s'accorda con le armonie universali; che il nostro destino è lassù» (pag. 332). (Silvana Demarchi)