IL CRISTALLO, 2009 LI 2-3 [stampa]

PHILIPPE SOLLERS, Guerres sècretes, Paris, Gallimard.

recensione di EUGEN GALASSO

Non esiste, probabilmente, il tutto in mondo, un intellettuale come Philippe Sollers: fondatore-direttore, dal 1960, di "Tel Quel", una di quelle riviste (e collezioni editoriali) che fanno la storia della cultura, non solo della letteratura, marito di Julia Kristeva, la studiosa che, più di tanti altri, ha dato la stura a una lettura semiologica (ma non solo, in realtà) della letteratura, romanziere, Sollers è un protagonista indiscusso, tra polemiche, scambi di battute (polemiche ma anche non) di mezzo secolo di vita culturale francese. Dalle sue biografie (da Casanova a Mozart, solo per limitarsi alle più famose, dove ciò è anche per lo spessore degli eroi eponimi delle stesse, chiaramente) nelle quali parla degli "eroi eponimi", ma senza mai tagliar fuori un contesto, anche molto ampio, Sollers è un pensatore e scrittore di spessore, sempre. Talora glissa un po' su alcune questioni, d'accordo (in questo saggio, per es.), la questione relativa a Mao è per es. risolta in modo troppo semplicistico, dicendo che "Quant à Mao, ce fut un grand criminel, personne n'en doute... Mais remettre en cause ses talents militaires me paraît bien léger" (op. cit. , p. 317), dove queste considerazioni, unite all'accentuazione del valore strategico di Mao, a differenza degli altri "deux criminels du XX-e siècle: Hitler et Staline" (ibidem) va benissimo, ma forse, da chi, come Sollers, ha fondato e diretto "Tel Quel", rivista culturale di grido e di grande peso, ma che con il maoismo aveva "civettato" molto, ci si aspetterebbe un po' di più... Certo, vale, per l'intellettuale "il diritto a contraddirsi e andarsene" teorizzato da Baudelaire, ma talora, specie nell'epoca dei mass-media "selvaggi" (all'epoca di Baudelaire, invece, c'erano solo libri e giornali, quindi media assolutamente elitari, anche e soprattutto dal punto di vista economico), ma diremo che qualche volta esso assume forme d'espressione eccessive... Ciò sia detto senza voler entrare in polemiche che rischiano (ancora una volta un effetto mediatico...) di aggravare una situazione vieppiù proliferante, che deborda, invero, non sappiamo dove e con quali conseguenze ed effetti... Ma in tutto il libro, Sollers, che non è nuovo alla provocazione intelligente, anzi, che l'ha sempre cercata e praticata, esamina le "guerres secrètes", passando per la ricognizione di e su testi quali quelli omerici, passando per le due grandi varianti, Iliade e Odissea, bypassando, perché l'autore non è un filologo né pratica la filologia, pur se a tratti se ne serve per finalizzare la stessa alla conoscenza, nell'ottica di Nietzsche, nato (lui sì, viene da aggiungere) quale "filologo classico", certo in una direzione, esemplificata chiaramente nel libro "Die Geburt der Tragoedie aus dem Geiste der Musik", che creava una coupure netta rispetto al prima, per cui invece "dopo" (penso a un grandissimo filologo classico quale Ulrich Wilamowitz-Moellendorff) non si potrà più ignorare Nietzsche, ma sarà molto difficile avvicinarsi alla sua lezione, coglierne e inverarne i frutti più fecondi - dove si parla comunque di uno studioso e di un intellettuale straordinario. Di Ulisse, più che altro nell'Odissea, ma naturalmente anche nell'Iliade, inevitabilmente, Sollers mostra l'astuzia (ruse, dove il lemma italiano "più corrispondente", che abbiamo usato, non rende tutte le sfumature connotative insite nel lemma francese, che esprime un'astuzia forte e realizzatrice - ma allora, così, andremmo ad usare lunghe perifrasi, al posto d'un lemma unico...) sia sempre presente in Odisseo, dal famoso cavallo all'inganno perpetrato a Polifemo, alle strategi (appunto!) d'autodifesa rispetto a Circe e Calipso (con le differenze del caso, inutile ripeterlo), ma anche alle "tentazioni strategiche" messe in atto dalle Sirene... Dove gli esempi, andando avanti, diverrebbero legione e poi legioni al plurale... Ancora, senza indulgere al gossip intellettuale, ma anzi proponendo piste di lettura assolutamente degne e importanti, l'autore parla delle "guerres d'un dieu", con questo nome intendendo quello di Dioniso, dove, inter cetera, Sollers rivendica il primato della grecità rispetto alla romanità (traducendo: "Dioniso, non Bacco"!). L'ebbrezza dionisiaca che si declina ben diversamente da come ciò potrebbe intendersi corrivamente, al contrario includendo quell'"irruzione del divino" che percorre anche la razionalità greca, che invero non è mai solo tale... portando poi, fecondamente, a confrontarsi con quella rivoluzione della tarda antichità che chiamiamo cristianesimo e non necessariamente cristianità, che è altro, è una sua ipostatizzazione storica (m'assumo la responsabilità di quanto qui scritto, perché tale dicotomia non è rilevata da Sollers, ma testi come questo sono fecondi proprio perché e se riescono a far "pensare oltre", non solo seguendo una certa logica ermeneutica, che è poi quella dell'autore...) è letta soprattutto ma non solo ne "Le Baccanti" di Euripide. Risparmio ai colti lettori le parti (non sono divagazioni, certo, anche perché allora quella sollersiana sarebbe sempre una continua e completa digressione, una profilerazione selvaggia di digressioni...). Seguono le parti sulla strategia cinese, con richiami al classico di Sun-Tse sull'arte della guerra, ma arrivando alle questioni-clou degli ultimi decenni... Non solo maoismo, chiaramente. C'è poi la "Guerre divine", a partire da quel "grande savoiardo maledetto" che è Joseph de Maistre, sorta di pendant "reciproco" (e Sollers non si trattiene dal rilevarlo, anzi) del "Divino Marchese" Donatien-Alphonse Marquis de Sade... Fino alle riflessioni sollersiane sulla possibilità di un cattolicesimo non cristiano, un qualcosa che, peraltro, sociologicamente si dà già, se pensiamo a quanto viene definito "cattolicesimo culturale". Non contento di rivalutare - da par suo e a modo suo, certo - il gesuitismo in "Illuminations" e in "Délivrances", ma anche in altri testi, dove la scrittura è sempre rigorosa e "costante" anche nelle variazioni, anzi attraverso le stesse, nei saggi come nei "romans", l'autore ci ri-invita alla riflessione che vada oltre quanto egli scrive, pur facendone debito tesoro...