IL CRISTALLO, 2009 LI 2-3 [stampa]

CARMINE MANZI, Non finisce oggi il giorno, Edizioni dell'Ippogrifo, Sarno, 2009.

recensione di ENRICO MARCO CIPOLLINI

Con la prefazione di Aldo De Francesco, molto interessante, si snoda Non finisce oggi il giorno, di Carmine Manzi, figura poliedrica nel campo letterario (poeta, scrittore e saggista) che conobbi tramite la rivista da lui diretta, "Fiorisce un Cenacolo". A parte i meriti poetici che metteremo in risalto, questo "taccuino di viaggio" ha anche una valenza "storica". Noi tutti, più o meno consapevolmente, stiamo vivendo una rivoluzione sotterranea ma non meno incisiva sulle nostre esistenze: le comunicazioni ultra sofisticate, l'era post-industriale, un diverso modo di concepire la realtà e lo scadimento a torto di certi valori, una globalizzazione spesso selvaggia, l'incontro e lo scontro con altre culture e credi religiosi nonché visioni del mondo.

Aggiungerei, leggendo la silloge e per esperienza personale, che oggi, nonostante tali mezzi di comunicazioni sofisticati, noi paradossalmente trasmettiamo solo messaggi spesso non recepiti dall'altro: non comunichiamo affatto nel senso tradizionale della parola. E anche tale motivo che riscontriamo nell'Iter di Manzi. Quella trasparenza e calda empatia che "olim" si riscontrava, oggi è sparita o va sparendo. Da qui le venature e sfumature malinconiche del Poeta.

Manzi cerca nei ricordi e nell'oggi, nella vita di ogni giorno, motivi veri e saldi ideali e valori per cantarli con voce alta e nobile in una società che si va sempre più spersonalizzando e con essa chi la compone: sì "ungarettiano" come ben dice il prefatore ma anche con influssi del Pascoli, più moderno dei moderni, come l'ultimo Carducci che si reclina su se stesso per tirare i conti di una vita.

Nel quotidiano incedere, i frammenti di una vita vissuta e non epidermicamente, nei ricordi, Manzi ci dà la prova di estrema potenza evocativa, contro gli idoli imperanti: è pulito; la poesia non ama le menzogne per definizione. Certo, e dice bene De Francesco, riportando un assioma di Mallarmé che calza a pennello con tale fatica di Manzi, «astrarre la quotidianità e convertirla in eternità».

Quella quotidianità bistrattata che ci dà gioia e dolore, ci conduce il pensiero in un'età dell'innocenza, ci fa recuperare ricordi e loro frammenti che andrebbero perduti. Ricordo, pur non avendo un'età veneranda, quando mi recavo alle medie, l'odore inconfondibile che usciva da una panetteria. Tale mi è restato impresso sempre non solo nelle narici ma nella mente, così come la trasparenza e la ingenuità forse dei rapporti umani che ora sono tarati.

E ciò che dice, "in nuce", anche il Manzi in questo scorrere della vita in modo poetico: la sua venatura di malinconia che trovo nel suo "taccuino di viaggio" è proprio la sua sconcertante denuncia di mancanza di valori, di trasparenza, di generosità.

Nei quadri quotidiani il Poeta non canta gesta eroiche ma il vivere com'era e come si è trasformato nonché la giovinezza, piena di speme, che ormai non è più, ma si sente la sua pregnante assenza.

Già l'incedere quotidiano oggi più che ieri è diventato un'impresa eroica se si segue la rettitudine, l'onestà, se non ci si lascia incantare dalle varie "sirene" che di mitologico non han proprio nulla. È, diciamocela francamente, tale un mondo volgare quello in cui viviamo, siamo costretti a vivere dove il candore e altri valori si sono persi sotto le sabbie mobili dell'arrivismo ad ogni costo, del vizio, della ricchezza smodata ma si è perduta e, peggio ancora, rischiamo di far perdere la fiducia in saldi e sani valori ai nostri figli.

La memoria personale di Manzi vaga e scava nei meandri del cuore secondo la sua regola interiore di moralità, aprendosi al lettore che comprende la tematica della vita perché le dia un virile senso e non la viva in modo superficiale, ripromuovendo il senso del valore in sé e per sé affinché si riacquisti la gioia della serenità dei valori al plurale. Della giustezza di tal interpretazione mi sembra esser confermata da molti componimenti poetici ma soprattutto da Non più stelle cadenti.

La magia, lo stupore delle piccole-grandi cose si son perdute purtroppo e infatti:

 

Uguale a tutte le altre

La notte di San Lorenzo

È anch'essa diventata.

 

Lo stereotipo, i disvalori, la mancanza di ingenuità, il non stupore, la globalizzazione selvaggia danno certi frutti ma Manzi, meno pessimista di chi scrive, spera ancora come lo si può leggere nell'ultima sua poesia della raccolta, Il Canto della Speranza.