IL CRISTALLO, 2010 LII 1 [stampa]

ANTONIO BALDINI - ARDENGO SOFFICI, Carteggio 1917-1961. Pesaro, Metauro Edizioni, 2009. Pp. 191. 25,00 euro.

recensione di FRANCO ZANGRILLI

Le nuove tecnologie hanno portato la società postmoderna ha fare grandi passi in avanti e al tempo stesso hanno messo in crisi o annullato costumi, tradizioni, culture. Con i satelliti planetari e con internet oggi l'informazione viaggia in tutti gli angoli del "villaggio globale", in modo spaventoso e vertiginoso, quasi con la celerità del fulmine, del raggio di luce. Da tempo ci siamo abituati a inviare e a ricevere la notizia flash, a consumare i messaggi lampanti, siamo diventati veri e propri drogati della e-mail, del chat, della teleconferenza, del messaggino, del telefonino, degli strumenti di una informazione che disinforma. L'arte, inclusa quella che sgorga dalla penna del giornalista o da altre forme mediatiche, non nasce da un tipo di scrittura (-rappresentazione) che si affida alla fretta, all'immediatezza, alla spontaneità, nasce da quella che si abbandona al ripensamento. Con le nuove generazioni si sta perdendo sempre più l'abitudine di mettere sulla carta con cura sentimenti, memorie, pensieri, stati d'animo, ecc. ; la passione di scrivere con il "pensativo sentire", per dirla con Borges; la poesia della confessione, del diario, dell'epistola. Non si avranno più i carteggi di una volta utilissimi per meglio capire gli aspetti storici, psicologici, biografici, la personalità di ogni giorno e professionale, umana e artistica di scrittori, intellettuali, giornalisti, cineasti, di uomini di cultura di ogni tipo.

Ed ecco che si accoglie con gioia Il Carteggio Antonio Baldini - Ardengo Soffici 1917-1961, curato con attenzione da Marta Bruscia, che ne fa una bella "Introduzione" e lo adorna di una dovizia di note che commentano, spiegano, e presentano anche concisi profili biografici.

È un testo di grande importanza per farci comprendere i retroscena di parecchi eventi del panorama culturale del Novecento, tanti aspetti di come si costruisce l'autoritratto (e anche un'auto-biografia sui generis), e soprattutto l'intenso rapporto tra due rilevanti scrittori ed animatori della cultura letteraria, Baldini e Soffici. È la partecipazione alla prima guerra mondiale, dove Baldini viene motivato a registrarne la tragedia in un testo dal titolo ironico Nostro purgatorio ed è ferito durante un bombardamento, che dà nascita alla loro fraterna amicizia. Attraverso gli anni l'amicizia si approfondisce con il lavoro letterario nell'ambiente romano e fiorentino, con la difesa dei valori di certe tradizioni, con le affettuose attenzioni alle vicende familiari e anche ai figli che crescono e alle malattie delle mogli, con la manifestazione di reciproca stima. Infatti l'uno segue lo sviluppo letterario dell'altro con grande ammirazione e cura, si leggono, si commentano, si criticano a vicenda, ma trapelano maggiormente i giudizi di valore e gli elogi alle rispettive opere man mano che vengono alla luce, si lamentano quando non sono accolte con entusiasmo dalla critica e attaccano i critici che non ne colgono l'essenza e ne danno spiegazioni ermeneutiche fuorvianti; a proposito di Nostro purgatorio Soffici dice: "È un libro magnifico scritto da un artista di prim'ordine: un libro italianissimo e degno di stare accanto ai migliore del genere - nella storia" (p. 12), e continua il panegirico anche mentre fa la stroncatura: "sai che ho una fede assoluta nel tuo genio e che amo molto tutto quello che fai […] Io ti considero uno fra i più competenti in Italia a giudicare delle cose letterarie. E il giudizio di un ottimo scrittore è la più grande prova per un altro scrittore. In Italia, non solo ma nel mondo, la mancanza di gusto, l'ignoranza e l'imbecillità sono ormai giunte a tale […] che non si sa più cosa pensare della critica e neanche della letteratura" (pp. 29, 122-123). A volte i due amici, che si guadagnano il pane facendo i giornalisti, si fanno critici duri degli scritti dei colleghi (e anche a riguardo di quelli che appaiono sulla "Ronda": "il peggio mi paiono gli scritti di Bacchelli - scrive Baldini -, specie quella lungagnata inutile e grottesca dell'Amleto sciupato" p. 20) o dei loro libri che mettono insieme senza criteri artistici (p. 36), e del pubblico dei lettori, come fanno notare anche varie missive di Soffici: "il pubblico italiano è ancora più portato verso la cretineria e il farabuttismo dei porci meneghini" (p. 34). La corrispondenza che concerne la collaborazione ai quotidiani e periodici del regime, evidenzia che per sopravvivere devono scrivono con garbo e giusto equilibrio nei confronti di certi argomenti o di certi personaggi; un atteggiamento comune tra i tanti giornalisti che non condividono l'ideologia fascista, come illustrano gli scritti giornalistici di Buzzati, di Landolfi, di Piovene, ecc.

Il mestiere di scrittore-giornalista porta presto Baldini ad apprendere che il mondo è "empito di gente con la quale è difficilissimo andare d'accordo" (p. 3). Questo lo induce a dimettersi dalla direzione della "Ronda" (cui teneva tanto fin dalla nascita, pp. 14-15; "sappi che io sono uscito dalla Ronda - per incompatibilità di carattere" p. 24) e tale scelta è condivisa da Soffici ("Era una disgrazia se tu continuavi in quella accademia che non era fatta punto per te […] Tu non hai nulla da dividere con quella gente, e ti basterà seguire liberamente il tuo genio per trionfare" pp. 25-26); a smettere la collaborazione a vari quotidiani, a fondare periodici di suo gusto ed ideale, a lavorare nella redazione di riviste vicino alla sua indole come la "Nuova Antologia". Vicende analoghe sono sperimentate da Soffici. Certe situazioni infelici precipitano i due amici nel baratro dello scoramento, tanto che vengono a sentire il comune sentimento di repulsione, di rigetto e di odio per ciò che sta a cuore e vivono, cioè l'arte dello scrivere: "lo scrivere - dice Soffici - è divenuto per me più che mai una pena acerbissima" (p. 9). Nel carteggio ritorna l'immagine di un Baldini che trova felice rifugio nella solitudine della casa di campagna perché è profondamente insoddisfatto, disgustato, e deluso della sua attività di promotore culturale, di scrittore e di giornalista, che non desidera più scrivere e far parte dal mondo degli uomini di cultura: "sono sempre più felice di essermi allontanato da tutta codesta canaglia letteraria e giornalistica […], canaglia letteraria, artistica, giornalistica ecc. […] Io sono felice di stare senza toccar penna […] La letteratura mi disgusta sempre più" (pp. 61-62, 85), e si rivela un allontanamento alimentato dai suggerimenti di Soffici che vive gli stessi sentimenti negativi verso l'universo cultural-letterario: "meglio che tu esca di codesta galera - bordello del giornalismo: ed io farò il possibile per aiutarti […] Mi dà un tal disgusto dello scrivere che la solo idea di pigliar la penna in mano mi ripugna" (p. 78), un "disgusto" che lo consolida un'anima gemella di Baldini, ma che lo supera abbracciando il pennello, lo sfogo della pittura. E ritorna l'immagine di un Baldini che è molto preoccupato nel mandare avanti il lavoro redazionale, nel raccogliere i pezzi per il prossimo fascicolo, nel sollecitare i collaboratori, ecc. ; che non vede di buon occhio certi scrittori e ama registrare disparati fenomeni sociali e culturali: per esempio, nota come "il teatro di Pirandello precipita. Il pubblico non ne vuol sapere, e tira già un'aria di morte" (p. 91) e come l'Italia è in crisi, sdoppiata "in due campi, classici e romantici, passatisti e futuristi, palleschi e piagnoni" (p. 96); che nutre un profondo sentimento pessimistico, anche a riguardo delle "misteriose leggi che regolano la storia delle nazioni" (p, 151).

Nel Carteggio i due amici si confessano tanti altri segreti, disappunti, amarezze, come gioie, piaceri, amori, tanti sentimenti e pensieri; e parlano di tante altre cose: per esempio, dei propri libri in progresso o che stanno per uscire, di possibili incontri, della pittura contemporanea al punto che qui si impone la voce del Soffici pittore, dei pittori e dei letterati di epoche diverse stimati o poco apprezzati (nei riguardi di una conferenza di Velery su Baudelaire, Baldini afferma che fu "molto banale" p. 52), degli amati amici quali Cecchi, Vallecchi, Prezzolini, Papini, Ungaretti, dei luoghi prediletti del paese, di argomenti che sembrano tacciare i lineamenti della storia non solo del giornalismo contemporaneo.