IL CRISTALLO, 2011 LIII 1 [stampa]

Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale, Milano, I classici del pensiero libero-Corriere della Sera

recensione di EUGEN GALASSO

Importante questa ri-lettura di"Réflexions sur les causes de la liberté et de l'oppression sociale", testo del 1934 dell'allora venticinquenne Simone Weil, filosofa ebrea-francese, ora giustamente "in auge", cioè riscoperta in ogni sua opera, anche nelle pieghe, dato che la pensatrice-scrittrice visse appena 34 anni, senza mai scrivere testi di pura maniera-occasione, casuali o"non sentiti-meditati". Prima della svolta mistico-gnostica dell'autrice (che non la portò, è ben chiarirlo a scanso di equivoci, alla conversione al cattolicesimo, le leggende, anche in campo filosofico-biografico, proliferano, ma non rendono ragione della e alla storia-si cfr. anche la falsa informazione sulla presunta conversione di Antonio Gramsci, demolita già a suo tempo, più di un quarto di secolo fa, da Arnaldo Nesti in" Le fontane e il borgo") , questo testo è volto alla demolizione della filosofia della storia nel senso di una progettualità"positiva"della storia, in quanto la Weil"smonta", dal suo punto di vista, l'economicismo insito in Marx ed Engels, ben prima che lo facessero Ernst Bloch o Roger Garaudy. Uno "smontaggio" che, peraltro, non comporta assolutamente la messa in discussione dell'"operatività rivoluzionaria", allora impellente: non a caso la Weil, da sempre cagionevole di salute, decise tuttavia, da filosofa, di rinunciare all'insegnamento e alla ricerca per due anni, facendo l'operaia e poi addirittura di andare in guerra in spagna a fianco del fronte repubblicano e di sinistra. L'inquieta autrice, che ribadisce un'utopia paradossale, quand même, diremmo, per cui una socialità fondata sul valore (extra-economico, certo) del lavoro ha una sua valenza forte e importante, contro un macchinismo che l'autrice individua all'inizio del Novecento o quasi, che oggi, in epoca post-tecnologica, si manifesta con una virtualità che ha pur sempre le sue radici nella tecnologia, pur se molto differente: la Weil non è "profetessa", anche perché non si tratta di ciò, ma individua come nella storia umana e sociale si manifesta una tendenza anti-umana, rivestita di nietzschianesimo di cattiva sorta, ispirata a un frainteso "umano, troppo umano" che diventa un più che umano, nell'accezione di protesi indebite e di un cyber che si inserisce in quanto la pensatrice stessa vede ancora come"mistero"o meglio residuo dello stesso, nell'ambito dello scollamento tra pensieri e movimenti del corpo.