IL CRISTALLO, 2011 LIII 1 [stampa]

Giancarlo De Cataldo, I traditori, Torino, Einaudi, 2010, pp.554

recensione di LEANDRO PIANTINI

Per i 150 anni dell'unità nazionale tra i tanti libri usciti spicca questo romanzo - fiume di Giancarlo De Cataldo che costituisce un evento importante. De Cataldo è anche l'autore, insieme al regista Mario Martone, della sceneggiatura del film Noi credevamo dedicato al Risorgimento. Il romanzo racconta tutto o almeno una parte significativa di quell'epopea, avvalendosi di un'originale impostazione storica e di un perfetto taglio narrativo. L'autore ha diviso la narrazione in lunghi capitoli dedicati ciascuno a una fase cruciale del periodo che va dai moti mazziniani del 1844 in Calabria, attraverso l'attività e i tentativi eversivi che vedono all'opera le varie formazioni patriottiche in lotta contro i regimi assolutisti, e si spinge attraverso quei convulsi decenni fino alla proclamazione dell'Unità, e agli ultimi tentativi garibaldini di conquistare Roma con le armi.

Il romanzo si avvale della fluidità e dell'eleganza della narrazione, nella quale s'intrecciano descrizioni di ambienti (anche non italiani, per esempio la Londra dove Mazzini e altri patrioti sono in esilio), i dialoghi tra i personaggi e soprattutto molte azioni, politiche e militari, descritte in modo vivace con una tecnica quasi teatrale e cinematografica. Tra i nodi narrativi meglio raccontati vorrei segnalare l'attentato contro Napoleone III compiuto a Parigi da Felice Orsini e dai suoi amici, che provocò un'orrenda strage senza peraltro raggiungere l'obiettivo. I traditori è dunque un racconto vibrante in cui sono rappresentati fatti, situazioni, conflitti politici e personali, e quindi balzano in primo piano ideologie e lotte politiche: i temi che hanno interessato per anni la ricerca storiografica sul risorgimento ma che forse hanno lasciato pressoché indifferente in Italia il grande pubblico.

Magari proprio il libro di De Cataldo potrebbe far scoprire a chi conserva soltanto pallidi ricordi scolastici del Risorgimento, che esso fu un grande evento, nonostante le ambiguità, le doppiezze di alcuni suoi protagonisti e i nodi storici irrisolti (per esempio la questione meridionale) che ha lasciato in eredità. Insomma molti da un libro come questo potrebbero convincersi che il risorgimento fu pur con i suoi difetti un periodo di grandi sogni e di passioni, da amare dunque e non da disprezzare, e sicuramente da conoscere meglio.

La narrazione di De Cataldo mette in scena numerosi attori: cospiratori, giovani rivoluzionari, idealisti e attentatori, gente del popolo e naturalmente i grandi protagonisti come Carlo Alberto, Mazzini, Garibaldi e Cavour. L'autore fa intrecciare le vite dei personaggi storici con quelle di personaggi di fantasia, e l'aver inserito episodi romanzati accanto a quelli veri a mio parere giova non poco al risultato artistico. Ci sono regnanti e comprimari, in azione nelle insurrezioni, nelle guerre d'indipendenza, nella difesa di Roma nel 1849; ed accanto ad essi troviamo le spie, i doppiogiochisti, i trafficanti, e perché no anche mafiosi e camorristi, in un caleidoscopio di azioni coraggiose ed eroiche mischiate con i sotterfugi, i calcoli di potere, le viltà ecc., in modo tale che tutti, aristocratici borghesi e popolani vengono a recitare una specie di happening nazionale che molto assomiglia a quello che sovente si è ripetuto nel nostro paese e che, mutatis mutandis, si ripete ancor oggi.

Al centro di tutto vi è soprattutto Giuseppe Mazzini, visto nei vari spostamenti cui lo costrinsero le esigenze rivoluzionarie e la caccia che gli davano i governi reazionari e le polizie di mezza Europa, mentre sul suo capo pendeva una condanna a morte. Se Mazzini è il protagonista storico, quello "inventato" è il barone veneziano Lorenzo di Vallelaura, arrestato nel '44 in Calabria e costretto a diventare spia degli Austriaci per aver salva la vita. E come spia Lorenzo fa da filo conduttore del racconto, sempre al centro degli eventi e delle macchinazioni, impeccabile nell'eseguire il suo compito di riuscire sempre a sapere tutto quello che Mazzini, il maestro, ordisce ai danni dell'Austria, e capace sempre di non farsi smascherare, anche se qualcuno intuisce chi è, anzi sembra averlo capito Mazzini stesso ma non lo rivela a nessuno. In fondo quella spia così intelligente fa comodo a tutti. E Lorenzo benché sia una spia direi che si dimostra il più bravo di tutti. Fra tanti rivoluzionari incapaci e pasticcioni egli è professionalmente impeccabile. Ed è giusto perciò che finisca la sua carriera da eroe. Questo spione, che aveva cominciato come rivoluzionario, lo troviamo nel 1867 sulle barricate di Villa Glori a combattere nell'ultimo disperato tentativo dei garibaldini di conquistare Roma con le armi, senza aspettare l'aiuto delle diplomazie europee come avverrà con Porta Pia nel 1870. "Mani robuste lo afferrano, qualcuno gli massaggia le costole a calci, un ufficiale ordina di legarlo e metterlo insieme agli altri. A notte lo portano al carcere del San Michele. Ancora vivo".