IL CRISTALLO, 2011 LIII 2-3 [stampa]

GIUSEPPE OSTI, Attraverso la regione trentino-tirolese nel Cinquecento, Rovereto, Edizioni Osiride, 2011, pp. 454

recensione di MASSIMO BERTOLDI

Attraverso la regione trentino-tirolese nel Cinquecento di Giuseppe Osti è un libro dalle multiforme sfaccettature: è un lavoro erudito (l'autore è un membro effettivo dell'Accademia Roveretana degli Agiati) organizzato con scrupolo e rigore scientifico, quindi boccone prelibato per storici e studiosi, ma anche appetibile per il lettore curioso e raffinato. Il lavoro si basa infatti sulla pubblicazione di fonti storiche assemblate secondo una precisa impostazione spazio-temporale, che concorre a definire un repertorio organico e ragionato, che "dà l'opportunità di indagare - commenta Paola Maria Filippi nella Prefazione - una quantità di aspetti geografici, naturalistici, storici, antropologici, culturali, economici, letterari pressoché infiniti". La miniera di informazioni è offerta dalle numerose testimonianze scritte da viaggiatori, uomini di stato e di chiesa, scrittori, mercanti, pellegrini, ambasciatori, artisti, in occasione dei loro passaggi Attraverso la regione trentino-tirolese nel Cinquecento. Osti, che nel 2005 aveva pubblicato un analogo lavoro (Attraverso la regione trentino-tirolese nel Quattrocento), predispone questi frammenti di "letteratura di viaggio" in autonomi capitoli organizzati secondo il criterio dell'ordine cronologico, presenta brevemente il personaggio-scrittore e le fonti, dove necessario tradotte in lingua italiana, e completa l'informazione offrendo le indicazioni bibliografiche fondamentali. Corredano e impreziosiscono il libro immagini tratte prevalentemente dalla Topographia Provinciarum Austriacarum, Stiriate, Carinthiae, Carniolae/Tyrolis etc (…) di Meriam.

Dalle cronache di circa novanta passaggi, trentotto dei quali considerati da Osti "minori", emergono descrizioni complete e frammentarie, trasfigurate dalla fantasia, esatte o sbagliate nelle indicazioni geografiche: così fu la cosiddetta "letteratura di viaggio" che maturò nel Cinquecento.

Tra gli ambasciatori spiccano i fiorentini Francesco Vettori, che nel Viaggio in Alemagna (1508) dirottò la narrazione storica nella letteratura novellistica, e Niccolò Machiavelli, che rivelò nelle Legazioni e commissarie una penna attenta e abile nella descrizione di Castel Pietro intorno al quale si erano accampate le truppe veneziani e imperiali alla vigilia della battaglia di Calliano. Un altro esempio indicativo è dato da due ambasciatori della Repubblica di Venezia diretti in Germania, Zuan Michel e messer Lunardo Donato, che compilarono per il Senato una relazione di viaggio. Di Bolzano scrisse: "terra anco notissima et famosa perla eccellentia del pane che vi si fa, et per le fiere molto nobili che si tengono due volte all'anno, con gran concorso da molte parti di Germania et da tutta Lombardia".

Bernhard von Hirschfeld apre la serie dei pellegrini diretti a Roma, che comprende, tra gli altri, Otto Hinrich, Jacob von Boimont. Il loro sguardo cattura momenti legati alla pratica religiosa: "il mercoledì 17 (novembre 1519) cavalcammo, attraverso delle belle campagne, in direzione di Driend (Trento) - raccontarono Hans e Thomas Stockar -, entrammo in città e andammo subito nella chiesa del santo fanciullo (San Simonino); in qualità di pellegrini ci fu consentito di vedere il suo corpo, venerato come una reliquia (…). Alloggiammo all'albergo Al Cervo".

Grande rilievo assumono le cronache relative ai frequenti passaggi e soggiorni di esponenti asburgici. Nella geografia delle relazioni internazionali il territorio lungo il corso del fiume Adige costituiva una cerniera di collegamento e di scambi culturali tra le corti del nord Europa e quelle italiane. L'imperatore Carlo V transitò a più riprese, nel 1530, 1541, 1543. Ricca si presenta la documentazione relativa alle visite di Ferdinando, Re dei Romani poi eletto Imperatore, con la consorte Anna d'Ungheria. Si mobilitarono scrittori di corte, quali Pietro Andrea Mattioli nel poemetto Il Magno Palazzo del Cardinale di Trento (Venezia, 1539), Marco Guazzo nelle Historie de le cose degne di memoria (Venezia, 1552), Gian Pirro Pincio nel De gestibus Ducum tridentinum (Mantova, 1546). Raccontarono con marcata enfasi celebrativa le feste di accoglienza organizzate nella città vescovile, che Osti pubblica in modo completo, arricchendo le nostre conoscenze con un manoscritto conservato presso la Biblioteca Comunale di Trento e datato 1536. Non meno significativo risultò il passaggio dell'Arciduca d'Austria Massimiliano nel 1548. Diretto in Spagna, accompagnato dal Principe Vescovo di Trento Cristoforo Madruzzo, il suo lungo viaggio diventò materiale narrativo per Carbonio Besozzi che lo espose nella dettagliata Cronaca delle solennità, guerre et altri successi che ebbero luogo dopo la Dieta di Augusta (1548) sotto l'Imperatore Carlo V.

Le testimonianze trasmesse dagli umanisti hanno un sapore particolare, in cui si confondono ingredienti poetici e dedotti dalla coeva letteratura che guidano all'osservazione della realtà assumendo aspetti di genuina prassi quotidiana. Per esempio, Georgius Sabinus, professore di retorica a Francoforte sull'Oder, nella composizione in versi Hodoeporicon racconta che a Trento "ci ospitò una vecchia megera la quale, anche se per l'età si era ricoperta di rughe, come meretrice superava addirittura Taide (celebre cortigiana ateniese). Di notte l'adultera entrava nella stanza del suo amante, violando, con coraggio il letto nuziale". Segue un gustoso episodio di scuola boccaccesca. Michel de Montagne riportò le sue impressioni ricavate nel 1580 Journalde voyage de M. de Montagne en italie par la Suisse et l'Alemaigne. Proveniva da Innsbruck, passò per Bressanone ("una città molto bella") poi arrivò a Bolzano ("è meno bella delle altre città dell'Alemagna, (…) le strade erano più strette e non c'era una bella piazza pubblica"). Annotò che "il vino è, in questa zona, così abbondante da fornire l'intera Alemagna".

Dalla lettura delle tante cronache di viaggio, in definitiva, oltre ad emergere curiosità e sistemi di vita legati al loro tempo, affiorano qua e là luoghi comuni destinati a perpetuarsi fino ad oggi. Diversi viaggiatori, per esempio, non capirono le anomalie della geografia linguistica, perché notarono che una comunità tedesca abitava a Trento, dove dominava l'italiano, e una comunità italiana viveva nella tedesca Bolzano. Così entrarono in confusione, e talvolta produssero pregiudizi, quando cercavano di individuare il reale confine politico tra i due territori confinanti. Del resto simili problemi interpretativi furono sollevati anche da Goethe e Heine, e non solo. Indicativo in merito è quanto raccontò il citato Vettori: arrivato in un borgo "detto Erce, assai buono", trovò ospitalità in un'osteria, dove successe un burrascoso episodio. Uno del suo gruppo, tale Borso da Mantova, "il più iracondo uomo che praticassi mai", inveì con offese e minacce contro il maniscalco che voleva essere pagato per il lavoro svolto, "non avvertendo che era vicino ad Italia una giornata e che quivi tutti intendevano l'italiano come lui", sebbene fossero di madrelingua tedesca. Arrivarono le guardie, arrestarono il mantovano per aver bestemmiato Cristo e lo costrinsero a passare una notte in prigione.