IL CRISTALLO, 2012 LIV 1 [stampa]

SE LA CRISI BUSSA ALLA PORTA DELL'AUTONOMIA

di CLAUDIO NOLET

Resta dominante il tema della crisi che si caratterizza per la ricerca ad un tempo della riduzione delle posizioni debitorie e delle opportunità di sviluppo dell'economia. Sempre più è in gioco il valore dell'euro perché cresce la divaricazione delle specifiche situazioni dei singoli paesi. È evidente che per salvarne la stabilità è necessario che si garantisca per tutta l'Eurozona una sufficiente uniformità delle posizioni finanziarie. Il caso della Grecia continua a suscitare i dubbi, anche in generale, sulla tenuta e sulla praticabilità del sistema monetario. Sono in difficoltà il Portogallo, l'Irlanda, la Spagna e l'Italia.

Si è visto, nella nota precedente, che non si trova altra via per superare la crisi di quella del risanamento della finanza pubblica e privata. Di conseguenza nei paesi le decisioni politiche devono riguardare una serie di provvedimenti più o meno drastici di riduzione della spesa e di aumento della pressione fiscale.

Si parla di possibile contagio delle difficoltà di un paese anche piccolo come la Grecia sugli altri. Si ritiene allora opportuno che si aiuti la Grecia, ma anche gli altri paesi che danno segni di debolezza. Tuttavia non si vuole che l'euro ne risenta. La Germania soprattutto deve vigilare sulle modalità degli aiuti che ovviamente ritiene debbano avvenire con forti ed efficaci garanzie, altrimenti sarebbe compromessa la sua relativa forza finanziaria ed economica.

È venuto quindi il momento di allargare il discorso. Se l'euro deve assolvere la funzione di moneta comune, è necessario che esso poggi su una reale unità politica. La Bce deve avere il ruolo e il potere della Federal reserve statunitense che però è espressione di uno stato federale compiuto ed effettivo. Si è pensato che l'anticipazione dell'unità monetaria avrebbe spinto i paesi aderenti ad una collaborazione più stretta nella definizione dei singoli ruoli. Ciò non è avvenuto in misura adeguata. Per certi aspetti l'Unione ha realizzato una politica comune, ma per altri i singoli stati hanno seguito vie proprie. Ora ci si accorge che la Germania, con la partecipazione delle forze politiche maggiori, ha negli anni passati attuato riforme atte a far fronte al processo di globalizzazione mondiale. Sia per quanto riguarda il welfare che l'ordinamento del lavoro ha fatto molto. Le tradizionali capacità nell'organizzazione e nella qualità della produzione sono state così valorizzate. Si deve perciò registrare un comportamento completamente diverso del mercato finanziario verso la Germania che dà più affidamento. I media italiani seguono come un bollettino di guerra l'andamento dello spread tra i nostri bond e quelli tedeschi: il loro balzo in su rese inevitabile la fine del governo Berlusconi.

Su tutta l'Europa, più o meno in profondità, esercitano un ruolo notevole le valutazioni delle agenzie di rating. Ne risentono in primo luogo i corsi delle borse che hanno un andamento volatile già di per sé, data l'incertezza delle prospettive.

In Francia le elezioni sono vinte dai socialisti. Le misure del presidente uscente Sarkozy, in ottimi rapporti con Angela Merkel, hanno scontentato molto. Il nuovo presidente, il socialista François Hollande, è orientato verso una correzione della politica del rigore voluta da Germania, ma la difficoltà della situazione può consentirgli soltanto un avvio ad una certa solidarietà degli stati dell'Eurozona. Le elezioni in Grecia del 17 giugno, svoltesi in un clima drammatico di forti tensioni sociali, rendono possibile la formazione di un governo di coalizione che comprende la destra di Nuova democrazia di Antonis Samaras e i socialisti del Pasok con grande sollievo di Bruxelles. La Spagna, che ha scelto nelle recenti elezioni un governo di destra, affronta la crisi con provvedimenti drastici ma che non sono ancora sufficienti a sanare la finanza pubblica e privata.

Il governo è costretto a chiedere il soccorso che è concesso dall'Eurogruppo, riunitosi d'urgenza il 9 giugno, per salvare le banche.

A fine giugno il Consiglio europeo affronta i problemi della finanza e dello sviluppo. È raggiunto un accordo sullo scudo anti spread, la ricapitalizzazione delle banche e lo stanziamento di 120 miliardi per la crescita. Si tratta di un compromesso che attenua in piccola parte il rigore sostenuto da Angela Merkel che comunque è molto criticata in Germania per i suoi pur limitati cedimenti.

Purtroppo i rapporti tra gli stati dell'Eurozona diventano di giorno in giorno più difficili. Si profila una contrapposizione tra i paesi dell'area mediterranea e quelli del Nord, in primo luogo della Germania.

È in gioco lo sviluppo dell'economia con riflessi su quella degli Usa tanto da richiamare l'attenzione di Obama. La Germania, che gode di una grande fiducia da parte del mercato, non è disposta ad aiutare chi ha bisogno in questo momento di aiuto senza valide garanzie.

Il governo Monti ha ereditato dal governo precedente pesanti impegni nei confronti dell'Europa. Può godere di una fiducia nettamente superiore, ma deve dimostrare di impostare e attuare le riforme necessarie. Dopo la riforma delle pensioni, resa possibile dal sostegno del Pdl e del Pd che hanno così scontentato una parte del loro elettorato, Monti deve metter mano a punti chiave del sistema politico, economico e sociale che, costituitosi nei lunghi anni della guerra fredda, è continuato senza sostanziali correzioni anche dopo la caduta del muro di Berlino e la conseguente fine della "prima repubblica". In realtà il bipolarismo che si è affermato negli ultimi vent'anni non ha favorito la realizzazione di politiche alternative nell'innovazione.

Il paese non è stato in grado di reagire adeguatamente al processo di globalizzazione, né di valutare gli impegni connessi con l'introduzione dell'euro. In un certo senso si deve, con grande fretta, toccare tasti proibiti. La riforma della legislazione del lavoro mette il ministro Fornero a confronto con i sindacati in maniera inedita. Il confronto è riconosciuto necessario ma si abbandona l'idea della concertazione in origine pensata dal corporativismo fascista ma sviluppata durante la "prima repubblica". La nuova legge sul lavoro contiene innovazioni molto prudenti che dovrebbero rendere meno rigide le modalità di assunzione e di licenziamento. La discussione sull'articolo diciotto occupa il campo in maniera sproporzionata perché è in gioco il potere sia dei sindacati sia quello dei datori di lavoro. Purtroppo ciò avviene in un momento in cui inizia una fase di recessione con l'occupazione in calo e con l'indebolimento della forza contrattuale dei lavoratori.

Si vuole "salvare" il paese con leggi che liberalizzino il mercato interno, modifichino gli ordinamenti professionali per favorire l'accesso dei giovani, e rendere più agevole la concorrenza anche sui compensi. In questo quadro sono importanti gli interventi sulle farmacie, sui notai, sui taxi. Naturalmente le reazioni di chi è colpito sono molto forti. Il governo deve in parte essere meno incisivo, tuttavia resta fermo l'obiettivo di intaccare in profondità il sistema delle corporazioni.

È necessario colpire più di quanto si è fatto in precedenza chi evade il fisco, bisogna soprattutto cercare di cambiare la mentalità di fatto tollerante verso gli evasori con azioni anche clamorose, tali da essere in primo piano mediaticamente. Naturalmente la difficoltà di questa lotta all'evasione rende per il momento impossibile una compensazione a favore dei contribuenti onesti. La pressione fiscale è quindi giudicata eccessiva.

Si chiede soprattutto dai sindacati e dalle forze politiche di sinistra che il governo prenda misure a carico dei patrimoni. Il governo non ritiene che siano validi ed efficaci i provvedimenti chiesti, ma, di fatto, colpisce in maniera pesante il patrimonio immobiliare con l'introduzione dell'imposta sulla prima casa che il governo precedente aveva abrogato, e l'aumento delle imposte per gli altri immobili. L'Imu, l'imposta municipale unica, è oggetto di reazioni polemiche un po' da tutte le parti, anche dai Comuni, che sono però vane perché il parlamento l'approva.

Di fronte ai segnali di recessione dell'economia, che compromettono la validità dei provvedimenti di risanamento finanziario, il governo deve varare il 15 giugno un decreto per lo sviluppo. Il ministro Passera ritiene che le misure approvate saranno in grado di assicurare risorse fino a 80 miliardi di euro. Fabrizio Forquet nel suo commento, su Il Sole 24 ore del 16 giugno, a questo decreto ricorda che fin qui non si è provveduto alla crescita. "I decreti di ieri sono il segnale di una svolta? Sarebbe ingenuo pensarlo. La bomba del rilancio non c'è, ed è d'altra parte difficile immaginare che oggi in natura ne esista una." In effetti la recessione è in atto ed è destinata ad aggravarsi.

Lo sviluppo dovrebbe essere favorito dal decreto sulle semplificazioni che porterebbero ad una riduzione dei percorsi burocratici e quindi dei vincoli per le aziende.

Bisogna spendere meno, molto meno. Lo Spending review impegna al massimo il governo perché molte situazioni da correggere sono state create nel corso del tempo anche per motivi clientelari. Si vuole ridurre gli organici dei dipendenti statali, si prevedono tagli fino al 20% per i dirigenti, si devono "riordinare" le province, visto che non è accettata la loro soppressione, si aumentano le tasse universitarie colpendo in particolare i fuoricorso, deve salire l'addizionale Irpef nelle otto regioni in cui la sanità è in deficit e gli enti locali ridurranno le società in house con diminuzione delle retribuzioni dei manager.

Il governo deve, più di quanto non abbia fatto il governo precedente, ricorrere al voto di fiducia a costo di indebolire il ruolo del parlamento. I partiti protestano, anche quelli della maggioranza, ma è evidente che l'emergenza porta non solo ad accettare un governo di tecnici ma anche la diminuzione del peso delle rappresentanze politiche.

I sondaggi intanto registrano un calo fortissimo del consenso verso i partiti politici storici, mentre le improvvisazioni contestative di Beppe Grillo, con il movimento 5 stelle, incontrano il favore crescente degli elettori. La Lega Nord che, avendo scelto la via del dissenso radicale nei confronti del governo Monti, potrebbe in qualche modo trarre vantaggio dallo scontento popolare, entra in una crisi profonda con risvolti giudiziari e scandalistici riguardo al finanziamento pubblico delle spese elettorali. Il leader storico del movimento Umberto Bossi è travolto da Maroni in un confronto condotto con la massima durezza e intransigenza.

Si va verso le elezioni amministrative in un quadro politico confuso con sondaggi che non escludono l'aumento dell'astensionismo. Le elezioni di maggio non sono però caratterizzate dall'astensionismo pur notevole ma dal crollo del Pdl e della Lega, mentre il Pd riesce a contenere le perdite e dal successo di Grillo che conquista il comune di Parma. È significativo che nella sinistra prevalgono candidati come Leoluca Orlando a Palermo e a Genova Marco Doria non sostenuti dagli organismi di partito ma dagli elettori. Massimo Franco osserva che nelle urne sono stati smaltiti i cascami di una Seconda Repubblica in agonia (Corriere della Sera, 22 maggio). Certamente per le forze politiche maggiori è arduo il compito di conciliare il sostegno al governo dei tecnici con le attese di un elettorato che, contraddittoriamente, da un lato comprende la gravità della situazione, ma dall'altro vorrebbe che se ne uscisse senza il ricorso a misure drastiche. Si dovrebbe rinnovare il gruppo dirigente, soprattutto sarebbe venuto il momento di definire gli orientamenti programmatici. Si parla di elezioni anticipate, ma purtroppo la legislatura rischia di chiudersi senza che si raggiunga un accordo su una nuova legge elettorale e senza una chiara prospettiva su come governare una crisi che purtroppo sembra essere destinata a durare oltre il 2013.

In Alto Adige lo stato dell'economia e della finanza è ancora abbastanza equilibrato pur restando incerte le prospettive ed essendoci già segnali di recessione.

Le misure del governo Monti sono valutate a Trento e a Bolzano in rapporto alle competenze autonomistiche delle province. Per certi versi esse vanno contro alcuni aspetti corporativi delle norme dello statuto e di quelle della sua attuazione. La politica dell'autonomia dinamica ha accentuato queste caratteristiche traendo vantaggio dalla debolezza delle maggioranze parlamentari dei governi. La concertazione sembra anche in questo caso non più accetta.

Le liberalizzazioni stabilite dal governo in materia di commercio sono fortemente contestate dalla locale Unione commercio. La giunta provinciale vara allora una sua legge che recepisce quella nazionale per quanto riguarda i centri storici, ma autorizza la giunta provinciale ad emanare precise direttive sulle aperture, limita il commercio nelle zone agricole e nelle zone produttive. Il Consiglio provinciale approva il disegno di legge il 15 marzo. Il ministero dello sviluppo economico invia una lettera contenente riserve critiche alla Provincia. L'assessore Widmann ne dà notizia l'8 maggio assicurando l'impegno di una risposta puntuale pur prevedendo che il governo impugnerà la legge provinciale specialmente nel punto in cui si limita fortemente il commercio nelle zone produttive. Il fatto che il governo voglia cancellare del tutto la legge provinciale perché incostituzionale è per l'assessore un attacco inaccettabile all'autonomia, colpendo la competenza primaria in materia urbanistica. Se il governo impugnerà la legge la Provincia resisterà in giudizio davanti alla Corte costituzionale.

Secondo il leader dell'ala economica della Svp Gerhard Brandstätetter l'impugnazione comporterebbe un forte indebolimento delle piccole realtà commerciali che la legge provinciale aveva mirato a tutelare (Alto Adige 8 maggio).

L'assessore Widmann cerca l'alleanza di Trento e va a Roma per un incontro, assieme all'on. Brugger e il direttore di dipartimento Ulrich Stofner, con il garante della concorrenza e del mercato per ottenere un sostegno alla legge provinciale. Il garante Giovanni Petruzzella rileva però che la concorrenza è di esclusiva competenza dello Stato che la legge invece invade. L'assessore intende tuttavia cercare un accordo prima della sentenza della Corte costituzionale (14 giugno).

Durnwalder è preoccupato per i provvedimenti del governo che a suo giudizio in parte ledono le competenze della provincia autonoma. Nell'incontro a Vienna del 18 gennaio con il presidente Fischer e con il vicecancelliere e ministro degli esteri Michael Spindelegger egli fa presente che l'autonomia è in pericolo.

L'attuale statuto di autonomia ha quarant'anni. Durnwalder, che nel 1969 votò contro il pacchetto nel congresso del partito, esprime, il 20 gennaio, un giudizio decisamente positivo, lo statuto è una colonna per la società.

L'incontro del 2 febbraio a Roma con Monti è accompagnato dalla pubblicazione di una lettera aperta che esprime la disponibilità a un accordo su misure che sono necessarie per riportare sotto controllo la questione dell'indebitamento pubblico e per far rialzare la testa all'economia nazionale ma che non devono essere in contrasto con lo Statuto di Autonomia.

Durnwalder è accompagnato da Dellai, accanto a Monti sono presenti il ministro Piero Giarda, il viceministro Vittorio Grilli e il segretario di stato Antonio Catricalà. Monti si dichiara disposto a esaminare le proposte dei presidenti delle due province di un nuovo modello finanziario che comporterebbe l'assunzione dei costi dello Stato anche in materie di sua competenza in cambio dall'esonero dell'obbligo a partecipare alle future modifiche di bilancio, nominerà perciò una persona con l'incarico di trattare questo argomento. È il ministro per gli affari regionali Piero Gnudi a dover affrontare i problemi delle regioni a statuto speciale e trattare con le province di Trento e di Bolzano. La strada da percorrere è in salita: il 24 maggio a Roma Durnwalder ripete la sua proposta con l'intenzione di convincere il ministro a discuterla. La Provincia farà la sua parte per risanare i conti pubblici secondo il principio di responsabilità, in base alle regole dell'autonomia e a criteri di equità. Il ministro promette un tavolo tecnico.

Trento e Bolzano si tengono in contatto, si veda la riunione della Commissione dei 12 del 17 aprile e l'incontro di Durnwalder con Dellai, e curano i rapporti con le regioni a statuto speciale del Friuli e Venezia Giulia e della valle d'Aosta. Il governo però è assorbito dai problemi di portata più generale, inoltre, data la sua funzione specifica, non può impegnarsi a modificare norme che appartengono all'area statutaria. Forse non può neppure ripetere, sviluppandolo o correggendolo, un accordo come quello raggiunto nel novembre del 2009 a Milano.

Il giornale Alto Adige, l'8 aprile, pubblica una intervista all'on. Karl Zeller che si esprime in maniera fortemente critica, con toni pessimistici, sul governo. Secondo i tecnici la restituzione del 90% del gettito delle imposte è troppo alto, si dovrebbe scendere al 60%. "Certamente non viene messo per iscritto, ma è stato detto. Sanno anche che non saremmo mai d'accordo sulle modifiche, ma è giusto capire qual è il clima". Viene anche intervistata l'on. Luisa Gnecchi del Pd che osserva che "bastonare l'autonomia è un modo per aumentare il consenso. Nel resto d'Italia siamo invidiati e anche odiati". Il governo è di destra, più credibile a livello europeo di Berlusconi, ma pur sempre di destra. Interviene Durnwalder che ripete la tesi che nessun taglio può esser fatto all'autonomia senza l'intesa Stato-Provincia. Il presidente della Commissione dei sei, Andreas Stacul, ritiene che sia davvero difficile per Roma cambiare queste regole fondamentali. Molto probabilmente si tratta di valutazioni e osservazioni avventate di funzionari.

Durnwalder chiede aiuto al Presidente della Repubblica: il 5 giugno è ricevuto da Napolitano. Nel colloquio Durnwalder comunica che la Giunta provinciale intende insignirlo del Grande ordine di merito. Nell'anno in cui ricorrono i 40 anni della nuova autonomia e i 20 anni della fine della controversia internazionale tra Austria e Italia ci sarà una cerimonia commemorativa a Castel Tirolo alla quale sono invitati Napolitano e il Presidente dell'Austria Heinz Fischer che in questa occasione riceveranno le onorificenze. È significativo che Durnwalder non tratti i temi del momento ma faccia presente una serie di richieste che comprende anche quella della concessione della grazia ad alcuni attivisti sudtirolesi condannati negli anni sessanta. Napolitano si dichiara favorevole al dialogo nel rispetto dello Statuto di autonomia.

Il decreto legge sullo spendig review è approvato il 7 giugno. Il governo nomina Enrico Bondi commissario straordinario per la razionalizzazione delle spese per acquisti di beni e servizi che potrà intervenire anche a Bolzano. Una mozione contraria, sottoscritta da Peterlini, Helga Außerhofer, Manfred Pinzger, Claudio Molinari e da Antonio Fosson è respinta. Peterlini precisa che non si può accettare un'ingerenza così plateale nell'autonomia. "Va bene tagliare, ma dove lo decidiamo noi".

Non è un buon segnale per la Svp neppure la reintroduzione del progetto di riforma costituzionale dell'ordinamento parlamentare del "preminente interesse nazionale" anche nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome.

Ricorsi e impugnazioni caratterizzano ormai i rapporti tra stato e province autonome. Si mette in discussione la funzione della Regione, ma, di fatto, in questo momento è anche attuale il fronte comune delle due province con riferimento ad uno statuto che riguarda in primo luogo la Regione.

La Provincia deve ad ogni modo ridurre le spese: prudenzialmente si blocca il 5% del bilancio. La spesa per opere edili sarà di duecento milioni di euro. Bolzano è a torto esclusa secondo il sindaco Spagnolli che chiede quindi un incontro con la giunta provinciale.

L'introduzione della tassa sul turismo sostenuta dall'assessore Berger ma anche da Durnwalder è rifiutata dagli albergatori che dopo una lunga polemica ottengono un rinvio al 2014 della sua applicazione. L'Imu deve essere recepita anche in sede locale. Per i contadini l'imposta è fissata con legge provinciale: saranno essenti i fabbricati strumentali (stalle, fienili, malghe) ci sarà un'aliquota del 2 per mille a carico di cooperative e agriturismi.

L'assessore Bizzo vuole realizzare il parco tecnologico. Pur essendo molto attuale l'impegno nella ricerca, gli imprenditori ritengono l'investimento eccessivamente oneroso e non rispondete alle esigenze reali dello sviluppo. La giunta però ritiene l'iniziativa valida.

Gravi sono gli sviluppi delle vicende connesse con la Sel. Da un lato la Provincia vuole realizzare il suo progetto di rafforzare l'azienda anche con l'assorbimento dell'Azienda energetica dei comuni di Bolzano e di Merano, dall'altro vuole un controllo totale capillare di tutta l'energia. Ma la caduta della dirigenza della Sel per motivi giudiziari compromette seriamente la realizzabilità di questo programma. L'assessore

Michl Laimer è oggetto delle indagini della procura di Bolzano. Il 12 maggio la stampa dà notizia del rinvio a giudizio di Laimer relativamente alla concessione per la gestione della centrale elettrica di Sant'Antonio. L'amministrazione provinciale favorì la Sel contro l'imprenditore Helmuth Frasnelli non tenendo conto del parere dell'ufficio elettrificazione. Laimer dà le dimissioni da assessore affermando di non meritare tutto questo.

Si apre così la questione della successione nell'importante assessorato che risulta straordinariamente complessa.

La presidente del Consiglio provinciale è impegnata nella riforma del regolamento. In commissione con molta tenacia riesce a far approvare alcune modifiche che dovrebbero soprattutto impedire l'ostruzionismo che è stato l'arma preferita per ostacolare il varo di leggi sgradite alle opposizioni.

La Svp lancia, ma si tratta in realtà di un ballon d'essai, il progetto di una riforma della legge elettorale con l'adozione del metodo D'Hondt che la favorirebbe a danno di formazioni minori. Le reazioni negative sono naturalmente nette.

Il 9 febbraio è avviata la discussione sulla legge della toponomastica. Il relatore Elmar Pichler Rolle afferma che la Svp è disposta ad una "soluzione costruttiva". Concorda con Francesco Palermo, membro della commissione, che sostiene che l'unica via da seguire è quella sostenuta dal consenso. Il dibattito, caratterizzato anche da un intervento brusco di Durnwalder, conferma la diversità delle posizioni non solo sulla questione in generale, ma anche sull'istituzione della consulta cartografica provinciale che Tommasini vorrebbe fosse paritetica per fare in modo che tutti i gruppi linguistici abbiano gli stessi diritti. Il centrodestra ha presentato circa 500 emendamenti alla legge. La Svp non vuole però forzare, accetta che la discussione sia ripresa in una prossima seduta. Anche la soluzione concordata dalla Svp con Fitto, ministro del precedente governo, resta aperta.

Nella nota precedente si è fatto cenno alla questione del calendario scolastico. La settimana corta proposta dalla maggioranza della giunta è stata contestata da più parti, significativo il voto contrario del Consiglio provinciale scolastico, organo che fu istituito statutariamente per porre un argine al potere politico forte delle competenze acquisite. La Svp è rimasta ferma, poco curando il voto contrario dei due assessori che rappresentano il gruppo linguistico italiano. Il 23 gennaio la delibera è approvata, con grande soddisfazione dell'assessora Kasslatter Mur. Il governo impugna la legge finanziaria provinciale nei punti che riguardano la riforma scolastica e boccia la settimana corta.

!20 genitori ricorrono al Tar che darà loro ragione per cui due istituti comprensivi di Merano conserveranno la settimana lunga (18 aprile). L'assessore Tommasini chiede che, giunti a questo punto, la delibera sia ritirata o almeno congelata e si ripensi tutta la questione ma Kasslatter Mur non vuole tornare indietro. È da notare che in tutta questa vicenda si è manifestata una forte divergenza tra i gruppi linguistici.

Di grande importanza è il varo della legge sull'apprendistato del 28 giugno. La Provincia, che ha sempre cercato di realizzare un percorso duale nella formazione, si vede finalmente confermata nel suo indirizzo dalla riforma scolastica nazionale.

In questi mesi la stampa continua a trattare l'argomento della successione a Durnwalder alla guida della giunta provinciale, prestando attenzione alle vicende interne della Svp. Il partito si prepara al congresso del 24 marzo consultando la base. L'Obmann in carica Richard Theiner incontra il favore della stragrande maggioranza degli iscritti. Sulla nomina del futuro candidato alla guida del governo provinciale i giochi sono aperti, prevale anzi la richiesta di primarie. In un documento, poi ritirato, firmato da personaggi di spicco come il capogruppo consiliare Elmar Pichler Rolle e i consiglieri Arnold Schuler e Sepp Nogler e il presidente del Consorzio dei Comuni Arno Kompatscher, si chiedono primarie aperte a tutti gli elettori. È un segno che si temono accordi di vertice. Per esempio accende sospetti in questo senso il viaggio in Africa di Durnwalder, Theiner e Berger. Si veda l'intervista a Dieter Steger al giornale Alto Adige (1° marzo). L'esecutivo della Svp decide il 12 marzo che sia il congresso a decidere se le candidature saranno di sua competenza o degli iscritti. In quest'occasione è confermata la linea politica dell'Obmann che ha come obiettivo l'autonomia integrale.

In questo modo la Svp cerca di recuperare i voti perduti nell'elettorato facendo fronte alla concorrenza delle forze politiche alla sua destra. Queste, come sempre, propongono la secessione che viene però respinta con fermezza dalla Svp. Né Durnwalder né Theiner fanno concessioni in proposito.

Non è neppure accolta la proposta dell'elezione diretta del presidente della giunta provinciale fatta dai Freiheitlichen, guidati dalla nuova segretaria Ulli Mair.

Al congresso di Merano Durnwalder, applaudito entusiasticamente, conferma la sua decisione di non ricandidarsi, ma assicura la continuità del suo impegno politico e la disponibilità a dare il suo contributo. Un grande successo ottiene Theiner che è rieletto Obmann senza avere concorrenti.

Sul problema della nomina del candidato alla presidenza della giunta prevale nettamente la proposta della consultazione degli iscritti.

Certamente il partito resta unito, pur essendo più vario e diversificato di un tempo il panorama delle lobby che agiscono nei maggiori raggruppamenti, grazie alla sua caratterizzazione etnica. Si vuole l'autonomia integrale ma anche l'Euroregione che è vista come la ricostituzione del Tirolo storico.

Alla sua sinistra i Verdi non riescono a costituire una alternativa, possono però essere un riferimento per la contestazione di specifiche scelte politiche sul territorio come l'ingrandimento dell'aeroporto di Bolzano, i lavori per il tunnel del Brennero, nel caso Sel danno un contributo alla messa in chiaro delle funzioni della Provincia in un'azienda che dovrebbe avere il controllo della produzione dell'energia.

Non sono in grado invece di scalfire il muro della divisione etnica, l'obiettivo precipuamente langeriano.

La crisi delle forze politiche "italiane" sembra aggravarsi in questi mesi. Nell'area del Pd si vuole realizzare una ricomposizione interna che dovrebbe anche rendere possibile un'alleanza con l'elettorato di centro. Il sindaco Spagnolli vorrebbe passare in consiglio provinciale nelle prossime elezioni, ma dovrebbe dimettersi creando grandi scompensi.

Il centrodestra è in piena crisi. Il Pdl invia a Bolzano Fitto per cercare di ristabilire l'unità peraltro sempre piuttosto problematica. È una questione di persone che si potrebbe risolvere con una riflessione politica sui programmi. Purtroppo è proprio la forza della Svp, che abbiamo vista confermata dal congresso, a impedire il salto di qualità necessario.

In realtà è il gruppo linguistico italiano a indebolirsi progressivamente perdendo i posti dirigenziali.

Indispensabili per avere un ruolo in provincia, le sue forze politiche, sempre molto esigue data la frammentazione, possono soltanto scegliere tra una posizione di assoluta minoranza condannata all'inefficacia o di presenza subalterna in giunta, tra l'essere accettati o meno dalla Svp.

La partita finale si gioca ad ogni modo a Bolzano. Lo si vede dai contrasti con la Giunta provinciale in materia urbanistica e per l'assegnazione di fondi per lavori pubblici. Ma anche sul piano culturale, se si guarda alla futura gestione della nuova biblioteca e al futuro del museo civico, è evidente che la Svp vuole avere la preminenza nella città.

"Storicizzare" i monumenti fascisti, questa sembra essere la via di uscita per evitare distruzioni e manomissioni e mettere in evidenza la drammaticità di un passato. Il 3 gennaio è sottoscritto, nella sede del Commissariato del governo, presente per il Ministero competente il direttore regionale per i beni culturali paesaggistici del Veneto Ugo Soragni, dall'assessore provinciale Sabina Kasslatter Mur, in rappresentanza del presidente Luis Durnwalder e dal sindaco Luigi Spagnolli un accordo di programma per il monumento più contestato, quello alla Vittoria di Bolzano. Il commissario Fulvio Testi ripercorre il cammino procedurale dal 30 ottobre 2010 ad oggi. L'assessore Kasslatter Mur ribadisce che il monumento deve restare come un monito, accessibile e liberato dall'attuale carica simbolica e ideologica. È un bell'inizio per il 2012. Il sindaco Spagnolli sottolinea l'importanza di aprire alla popolazione nuovi spazi per approfondire il periodo storico e per costruire un futuro di pace.

Si dovranno adeguare funzionalmente gli spazi necessari per l'allestimento del percorso espositivo pubblico nei locali sottostanti alla gradonata del monumento. Il percorso espositivo è proposto da Soragni, presidente, da Andrea di Michele, da Christian Rollo, da Silvia Spada e da Hannes Obermair. È istituito anche il collegio di vigilanza composto di tre membri, da Elisabetta Francescutti della direzione regionale dei beni culturali e paesaggistici del Veneto, da Antonio Travaglia, segretario generale del Comune e da Marjan Cescutti, presidente del Kulturinstitut, nominati rispettivamente dal Ministero, dal Comune e dalla Provincia.

Questa soluzione non è giudicata sufficiente dal vicesindaco Klaus Ladinser: nel centro di documentazione non metterà piede se non ci saranno altri segnali per i sudtirolesi, per esempio il cambiamento della denominazione della piazza. Schützen e destra esprimono critiche negative.

Heimatbund e Süd Tiroler Freiheit propongono di ricostruire il basamento del monumento ai Kaiserjäger, demolito quando fu costruito il monumento alla Vittoria. Durnwalder è contrario, ma viste le reazioni di critica nei suoi confronti accetta una ricerca per così dire archeologica.

Naturalmente resta ancora aperta la questione del rilievo di Piffrader.

Sotto il profilo "patriottico" l'avvenimento che più colpisce mediaticamente è certamente l'Adunata nazionale degli Alpini a Bolzano con sfilata il 13 maggio. Il comune di Bolzano, a maggioranza italiana, deve per tre giorni impegnarsi a fondo nell'organizzazione, ma anche politicamente, per ospitare una grande massa di 80 mila persone che si richiamano ad una storia tutta italiana. Si è messa in moto una grande festa che si ripete di anno in anno in diverse città italiane. Opportunamente lo stile tipico di questa manifestazione resta intatto, per niente scalfito dal riferimento alle caratteristiche della nostra provincia. La stampa locale di lingua italiana, a cominciare dal giornale Alto Adige, ha seguito i preparativi e lo svolgimento della festa con entusiasmo, ma con senso della misura. Si deve citare il titolo e il sommario di prima pagina del giornale Alto Adige del 14 maggio: "L'indimenticabile abbraccio. Bolzano vince la sfida dell'adunata e vive una giornata straordinaria."

Senza dubbio per il sindaco Spagnolli l'ottimo esito della manifestazione può essere un motivo di soddisfazione e di orgoglio. In maniera civile è sventolato il tricolore a Bolzano. I monumenti fascisti sono rimasti fuori del quadro.

La Svp ha voluto mostrare comprensione e tolleranza. Durnwalder, nel suo intervento sul giornale Alto Adige del 12 maggio scrive: "Sono passati esattamente quarant'anni dal Secondo statuto di autonomia e vent'anni dalla chiusura della vertenza tra Italia e Austria: il 2012 fotografa un Alto Adige contraddistinto da sviluppo e pacificazione, aperto alla casa comune europea. L'adunata degli alpini a Bolzano è un'occasione per confermare questa raggiunta maturità."

Gli Schützen non sono naturalmente d'accordo: organizzano una grande sfilata a Bolzano il 14 aprile, una settimana prima dell'adunata degli alpini, per chiedere la libertà del Südtirol dall'Italia.

Non solo la Svp, ma anche i Freiheitlichen hanno espresso il loro dissenso.

Il quotidiano Dolomiten, che ha pubblicato molte lettere di polemica contro le giornate degli alpini, ha descritto gli avvenimenti con serenità, non senza ironia, per concludere il 14 maggio: "Schönes Fest ist nun Geschichte".