IL CRISTALLO, 2012 LIV 1 [stampa]

IL COMPOSITORE ALFREDO SANGIORGI (CATANIA 1894 - MERANO 1962) NEL CINQUANTESIMO DELLA MORTE

di GIULIANO TONINI

Mercoledì 18 giugno 1962 moriva a Merano il compositore Alfredo Sangiorgi, docente di composizione al Conservatorio "C. Monteverdi" di Bolzano fin dalla sua istituzione, agli inizi degli anni Quaranta. A Merano Sangiorgi risiedeva con la sua famiglia (la moglie Santagostino Giovanna e i figli Domenica e Guglielmo) dal 1947, dopo averci messo piede una prima volta al termine del primo conflitto mondiale, quando, ufficiale di artiglieria di montagna impegnato sul fronte dell'Adamello, entrò nella città del Passirio assieme alle truppe dell'esercito italiano. Sangiorgi, nato a Catania nel 1894, avviò gli studi di composizione a Napoli con Antonio Savasta, al Conservatorio S. Pietro a Majella, per poi trasferirsi nel 1921 a Vienna, alla scuola di Arnold Schönberg. È lo stesso Sangiorgi che in un lungo articolo pubblicato il 28 agosto 1951 dal quotidiano Alto Adige, in memoriam del grande compositore austriaco da poco scomparso, emblematicamente intitolato Ricordo di Arnold Schoenberg il geniale rivoluzionario, ripercorre quell'esaltante periodo formativo, vantandosi a ragione di essere «l'unico musicista italiano che possa dichiararsi allievo personale di Schönberg»:

 

La risonanza del nome dell'autore di "Pierrot lunaire" - ricorda Sangiorgi - mi attrasse a Vienna (giovane studente, disorientato dopo una lunga pausa di studio dovuta ai quattro anni di guerra vissuti da combattente) avido com'ero di nuove sensazioni quali scaturivano dal fermento rinnovatore culturale di quel dopoguerra […]. Quel grande nome mi attrasse in quella Vienna nel 1922 che era diventata la Mecca musicale. […] Durante quel mio tirocinio - prosegue Sangiorgi - […] fra l'analisi di una fuga ed un'invenzione di Bach, per lo studio del contrappunto, o di una opera di Brahms per la forma sonata, (mentre da solo mi saturavo, quasi per reazione, nella lettura di musiche nuove e specialmente schönberghiane, sì che l'op. 11, l'op. 15, l'op. l'op. 19 p. es. impegnavano già il mio spirito esaltato) cercavo timidamente di spingere il mio studio almeno verso le falde, dell'allora per me insormontabile montagna atonale; ma il maestro (che colla Sua indole bonaria ed indulgente pur mi confortava compiacendosi di sapere che io leggevo quella musica) mi riconduceva docilmente... a scuola, al sicuro diciamo così, promettendomi di avviarmi alla difficile scalata dopo un più ferrato allenamento tradizionale; e mi ripeteva che «bisogna conoscere bene il vecchio per poter fare il nuovo...». Ma purtroppo, quel tirocinio rimase fra pareti scolastiche: Schönberg lasciò Vienna nel 1923 (febbraio) ed io non lo rividi mai più. Mi interessai di musica atonale fino al 1925: era già nato il «Wozzeck» di Alban Berg che studiai avidamente poi ritornai in Italia e mi abbandonai disilluso alla corrente «chiarificatrice» per dire un'espressione allora dominante fra gli oppositori dell'atonalità.

 

Tutta la parabola compositiva del Sangiorgi si svolse nel segno di Schönberg. Nella sua fase iniziale Schönberg esercitò su Sangiorgi una sorta di fascinazione stilistica cui fece seguito, dopo il suo rientro in Italia, un allontanamento dalla Scuola Viennese favorito dagli indirizzi musicali allora dominanti in Italia, che certamente non guardava con simpatia al maestro viennese e alla sua cerchia di allievi. Dopo il diploma in composizione, conseguito a Napoli nel 1925, Sangiorgi diede avvio alla sua carriera di compositore e di didatta dapprima al Liceo musicale di Sassari, poi ai Conservatori di Palermo e di Parma e infine, fino alla sua scomparsa, a quello di Bolzano. Le composizioni del periodo compreso fra le due guerre perseguono una linea di raffinamento della «propria scrittura musicale in direzione di un personale recupero della modalità e della struttura formale».1

Una pagina pianistica del Sangiorgi risalente al 1934, Rondò burlesco, mostra qualche traccia della lezione schönberghiana, non tanto nel tono generale "spigliato" a metà fra il sarcasmo di Prokofev e il barbarismo di Bartok, ma nell'aver eletto l'intervallo di quarta a elemento chiave della costruzione melodica e armonica del brano. Il Rondò burlesco è dedicato al pianista Nunzio Montanari (Modena, 1915 - Bolzano, 1993), la cui conoscenza risaliva probabilmente agli anni di insegnamento al Conservatorio di Parma per poi consolidarsi negli anni della comune docenza al Conservatorio di Bolzano. Ed è proprio con questo brano, pubblicato dall'editore A. Forlivesi di Firenze in una edizione accurata e provvista anche della diteggiatura, che il Montanari fece conoscere la musica del Sangiorgi ai radioascoltatori bolzanini e del nord Italia nell'immediato secondo dopoguerra: «lavoro che, pur nelle sue limitate proporzioni, attesta una scrittura disinvolta e fluida dettata da maturata dottrina», commenta il critico musicale Guglielmo Barblan dalle colonne del quotidiano «Alto Adige» di giovedì 10 ottobre 1946. Montanari accompagnò successivamente il soprano Lydia Stix nel 7° concerto della prima stagione della Società dei Concerti di Bolzano, che ebbe luogo martedì 6 maggio 1947 nella sala dell'Hotel Grifone. Il programma di sala annunciava l'esecuzione (in prima assoluta) delle Quattro liriche tratte dal ciclo poetico Ingresso nella notte di Giuseppe Villaroel, composte nel giugno - luglio del 1946, a pochi mesi dal rientro definitivo del maestro a Bolzano per riprendere il suo posto di docente di composizione dopo l'interruzione forzata degli anni di guerra.2 Dedicate rispettivamente alla memoria dell'amico compositore Mario Pilati (1904 - 1938) (Telaio), di Guido Pannain (Chimica), di Achille Longo (Geologia) e di Renato Parodi (Geometria), le Quattro liriche «nelle quali il richiamo scientifico è inteso in senso filosofico-religioso, sono state musicate dal Sangiorgi, docente al nostro Conservatorio, valendosi del sistema atonale di Schönberg» (dal programma di sala). In realtà delle Quattro liriche fu eseguita la sola Geologia 3 abbinata alla lirica L'orfano4 del maggio 1946, su testo di Ottavio Profeta e con dedica alla Stix: «lavori concepiti secondo i postulati del sistema dodecafonico, tendenti più alla obiettiva chiarezza strutturale che ad una individuale espressione melodica».5 Il soprano di origine russa Lydia Grauen si era trasferita a Catania nel 1941 al seguito del marito Stix, docente di letteratura tedesca all'Università; donna affascinante, dal grande temperamento artistico, 6 fu probabilmente invitata dalla Società dei Concerti di Bolzano su interessamento del catanese Alfredo Sangiorgi. Il Trio di Bolzano, di cui faceva parte il pianista Nunzio Montanari, aveva in repertorio le Tre invenzioni per violino, violoncello e pianoforte del 1947, che eseguì in prima assoluta agli inizi degli anni Cinquanta in diversi centri italiani.7 Del Trio di Bolzano faceva parte anche il violinista Giannino Carpi (Gualtieri, Reggio Emilia, 1912 - Bolzano, 1987) a cui il Sangiorgi dedicò il Tempo di Sonata per violino e pianoforte (1950). Ad un altro violinista di origini siciliane Luigi Schininà (Ragusa 1906 - Napoli 1993), docente al Conservatorio di Bolzano e pure lui residente a Merano, primo violino del "Gruppo strumentale meranese", il Sangiorgi firmò dediche autografe annotate su copie di alcune sue partiture.

La fortuna delle musiche del Sangiorgi nell'ambito delle istituzioni concertistiche locali registra un'altra importante "prima". Sabato 17 marzo 1950, nel corso della quarta stagione concertistica della Società dei Concerti, gli archi del Complesso strumentale da camera di Bolzano (Giorgio Mendini violino, Mario Vianello viola e Adolfo Fantini violoncello) eseguirono un tempo della Sonata a tre per violino, viola e violoncello. La Sonata, portata a termine il 10 aprile del 1950, fu poi eseguita integralmente in prima assoluta a Venezia il 19 settembre 1952 nella Sala dei Filosofi, nell'ambito del XV Festival internazionale di musica contemporanea.8 «Un delicato Tempo di Sonata melodicamente sentito e linearmente espresso in chiarezza impeccabile […] Particolarmente festeggiato il Sangiorgi che è stato accolto sul podio da applausi insistenti». Così il Barblan dalle colonne dell'Alto Adige di sabato 18 marzo 1950. Questo invece il commento di Rudolf Oberpertinger dalle colonne del quotidiano locale in lingua tedesca Dolomiten in data martedì 21 marzo 1950: «Der Autor, Lehrer für Komposition am hiesigen Konservatorium, offenbart sich in diesem Werk als ein Moderner, der bei all seinem Vordringen in musikalisches Neuland nie vom Wege gesunden Musikempfindens abirrt».9

Il periodo bolzanino coincise dunque con un rinnovato slancio compositivo di Sangiorgi dopo «il "silenzio" del periodo di tempo compreso fra il 1938 e il 1946, in cui dovette avvertire l'esigenza di un nuovo impegno morale e civile e di un deciso rinnovamento linguistico, ritrovando le fila della lontana esperienza viennese e divenendo così nel meriggio della vita, dodecafonico».10

 

Collo stesso spirito disorientato del precedente dopoguerra sono ritornato a Schönberg illudendomi di continuare le lezioni giovanili interrotte a Mödling bei Wien nel 1923! Ma ora comprendo quelle op. 11. op. 15, op. 19 che allora mi stordivano; ora comprendo il «Pierrot Lunaire» in tutto il suo alto significato rivoluzionario: ora comprendo la complessa attuazione tecnica e l'esaltante poesia del Wozzeck berghiano; ora comprendo il logico calcolato astrattismo di Webern.11

 

E proprio questa nuova e più profonda comprensione del Wozzek berghiano lo indusse a rimettere mano fra il 1947 e il 1949 all'opera in un atto La Bardana, su testo di Alberto Colantuoni, composta ancora nel 1938, in vista della sua prima esecuzione pubblica al San Carlo di Napoli nel 1950. La Bardana fu abbinata all'opera Kascei l'immortale di Rimskij-Korsakov, in prima italiana, «una fiaba amabile e delicata e una cupa, fosca tragedia d'amore».

 

Kascei - osserva il critico musicale Antonino [Antonello? ] Procida - è una perla amabile e delicata, eppure vi scappano due morti […]. Ma i morti nelle fiabe non assumono carattere tragico: muoiono i cattivi perche i buoni trionfino […]. Invece la morte, nella brulla terra di Sardegna, del giovane Belvi Sargius - ucciso dal piombo del fucile paterno perché, nel recarsi a salutare la donna che amava vien scambiato nella notte per ladro di bestiame - non solo assume tono di fosca tragedia, ma è come presentita, cupa e fatale, fin dall'inizio di questa vicenda di terrigna e pur palpitante poesia. […] E Alfredo Sangiorgi - osserva acutamente il Procida - ha accolto il tacito invito del Colantuoni, citando una musica che è intimamente aderente al dramma, e che disdegna le facili risorse esteriori della demagogia melodrammatica […] ed ha circoscritto la musica alla pittura d'ambiente con incisivi tocchi che includono anche i sentimenti degli stessi personaggi: la cupa tenerezza malinconica di Maria, l'appassionata smania amorosa di Belvi, la cupa primitività dell'autoritario Lazzaro, la serena virilità di Michele. Sangiorgi ha creato una specie di acquaforte, monocroma, così come si conveniva alla visione del poeta: un solo colore, un ritorno ossessionante dei pochi temi plastici e bene appropriati, una patina orchestrale che risente della fosca oppressione della notte in cui si svolse il rapido dramma, e del chiuso martirio di Maria e di Michele. Sangiorgi ha mostrato di sentire il teatro in una linea di sana tradizione moderna. Canto che non solo non ricorre mai all'asmatico od allo smanioso, ma che sa utilmente contenersi; e recitativo che tende allo scultoreo. Le armonie, preziose, ma mai cerebrali; e lo strumentale - sottilmente ricercato - atomizzato magari, con visione appassionatissima non sono mai fini a se stessi. Scaturiscono dalla situazione drammatica, dalla stessa parola, in modo da dare pieno risalto al dramma. Da ciò nasce una efficace monocromia attraverso la quale il Sangiorgi riesce a creare quel senso di cupo presagio che domina tutta la vicenda, l'elemento espressivo ambientale e quella unità drammatica che costituisce il pregio maggiore de «La Bardana».12

 

Alla Bardana, fecero seguito due opere 'dodecafoniche': La Nuova Colonia, opera in un prologo e tre atti, su testo di Luigi Pirandello del 1952, e San Giovanni decollato, opera in tre atti, su testo di Nino Martoglio del 1958.13

Una copia dello spartito per voce e pianoforte de La Bardana è presente anche nella biblioteca del Conservatorio di Bolzano che conserva, dopo quello custodito presso la biblioteca dell'Istituto Musicale "Vincenzo Bellini" di Catania, il fondo più cospicuo di musiche del Sangiorgi fra cui anche alcune composizioni non presenti nel fondo catanese: Frammenti dorici per piccola orchestra, Tre pezzettini per pianoforte del 1954 dedicati al figlio Guglielmo, e la Sonatina per flauto e clarinetto del 1950. Alcune delle partiture donate dal maestro alla biblioteca del Conservatorio "Claudio Monteverdi" recano dediche autografe a Cesare Nordio (Trieste, 1891 - Bologna, 1977), direttore del Conservatorio bolzanino; a Guido Piamonte, bibliotecario e docente di storia della musica; «alla gentile collega Carmela Toss in ricordo di una lunga amicizia», docente di pianoforte complementare.

Fra gli allievi che frequentarono la classe di composizione del maestro A. Sangiorgi presso il Conservatorio di Bolzano ricordiamo il pianista trentino Bruno Mezzena, 14 i compositori Aldo Clementi, 15 Alearco Ambrosi16 e Albert Mayr il quale mi ha consegnato questa sua memoria personale:

 

Ho studiato con Alfredo Sangiorgi al Conservatorio di Bolzano dal 1956 al 1961, completando con lui il corso inferiore di composizione. Ero stato indirizzato al suo corso dal mio insegnante di pianoforte di allora, Nunzio Montanari, che evidentemente non riponeva grande fiducia nella mia abilità pianistica ma aveva giudicato benevolmente i miei primi, assai giovanili, tentativi compositivi. Eravamo un piccolo gruppo nella classe di Sangiorgi, per di più alcuni allievi fecero apparizioni solo intermittenti e penso di essere stato l'allievo più assiduo in quegli anni. Nel piccolo conservatorio di Bolzano inoltre eravamo adocchiati con un certo sospetto, studiare composizione, che scelta strana! Ogni tanto facevano capolino i suoi vecchi allievi Ambrosi e Clementi. Sangiorgi mi voleva bene, forse anche perché avevo solo 14 anni quando entrai nel suo corso. Già allora soffriva di un asma feroce, che non rese sempre facile la comunicazione. Svolgemmo con regolarità il programma ufficiale, e inoltre Sangiorgi mi incoraggiò a scrivere "autonomamente". Mi raccontava (non molto) degli studi a Vienna, e mi fece conoscere le partiture di Webern. Non riuscivo comunque, forse perché troppo giovane, a capire quale fosse veramente il suo rapporto con, per chiamarla così, l'avanguardia dodecafonica-seriale. Dai lavori suoi che guardammo insieme ("La Bardana", i pezzi per la figlia Dodò, e altri) mi rendevo conto che era tornato ad una scrittura di tonalità allargata modaleggiante, però non indicava mai tale stile come modello da seguire, anzi era abbastanza restio a esprimere valutazioni sulla situazione musicale di allora o esplicitare il suo rapporto con essa. Quando mi avventurai sulla strada della dodecafonia mi seguì con i suoi suggerimenti. E sempre lui mi convinse ad andare ai Ferienkurse di Darmstadt nel 1961. Dopo la maturità e il IV. di composizione, sempre nel 1961, ero indeciso se dedicarmi principalmente allo studio della composizione o iscrivermi all'università. Passai un anno in Belgio e Germania. Quando tornai a Bolzano seppi che Alfredo Sangiorgi era morto. Mi trasferii a Firenze, attratto dalla "Schola" dodecafonica capeggiata da Dallapiccola.

 

L'anonimo estensore del necrologio pubblicato sul quotidiano L'Adige di giovedì 19 luglio 1962 all'indomani della scomparsa del maestro Sangiorgi, tracciò questo profilo esistenziale e formulò questo bilancio artistico del compositore:

 

Abitava con la famiglia nella tranquilla Merano […] le aiuole e i parchi della città del Passirio erano la sua predilezione più spiccata. Tra le piante gli pareva di cogliere le armonie del creato, che riecheggiavano nelle sue opere con singolare intensità e vigore. La morte lo ha colto nella sua abitazione meranese, in via Petrarca 47. Sarà ricordato dai suoi moltissimi allievi, ma soprattutto sopravvivranno i suoi lavori, intessuti di bontà e di delicatezza d'animo, ma al tempo stesso corroborati dalla sua forte tempra di combattente dell'arte, che ha saputo affrontare ogni disagio per realizzare il suo sogno. Il nome di Alfredo Sangiorgi entra di diritto nelle pagine della storia della musica.

 

 

 

NOTE

 

1 Riccardo Insolia - Antonino Marcellino, Introduzione. Un contributo agli studi sul Novecento musicale italiano, in Alfredo Sangiorgi, Quaderni dell'Istituto Musicale Vincenzo Bellini di Catania III-2003, LIM, Lucca 2004, p. XII.

2 Sangiorgi annota scrupolosamente in calce ad ogni lirica luogo e data della sua composizione: Telaio, Catania 6 giugno 1946; Chimica, Catania 12 giugno 1946; Geologia, Bolzano [sic] 5 luglio 1946; Geometria, Catania 8 giugno 1946.

3 «Innervature d'alberi dispogli per la campagna dentro un cielo chiaro. Poi la luna riprende a navigare in un sereno luccicore d'onde. Emergono dall'aria isole e monti in cui si ferma il tempo sbalordito. Così vidi una notte a chiuso inverno nascere dietro i vetri la natura profondata nel pallido sopore dell'infanzia perduta la mia vita...». Sangiorgi non basa la sua lirica su una serie dodecafonica: il profilo melodico alterna segmenti diatonici ad altri cromatici e termina, nella sua frase conclusiva, con la scala cromatica in tutta la sua estensione discendente. Il riferimento ai «postulati del sistema dodecafonico» è ravvisabile piuttosto nel ricorso a procedimenti canonici, anche nella forma retrogada/cancrizzante, fra la linea vocale e la parte pianistica («Innervature d'alberi dispogli»). Il senso di stupefazione e di sospensione temporale che percorre il testo poetico è reso dal pedale armonico di una settima di terza specie in terzo rivolto che sostiene i primi e gli ultimi versi, "lanciato" in anacrusi.

4 Il brano fu riproposto dal soprano Jolanda Mancini mercoledì 16 marzo 1955 nell'ambito del 13° concerto della stagione della Società dei concerti di Bolzano. Accompagnava al pianoforte il maestro Luigi Ferrari Trecate. "Suggestiva lirica" la definì Andrea Mascagni dalle colonne dell'Alto Adige di giovedì 17 marzo 1955.

5 Guglielmo Barblan , Il soprano Stix alla Società dei concerti, in Alto Adige, mercoledì 7 maggio 1947.

6 La Stix interpretò nel 1949 il ruolo di Lulu nella prima italiana a Venezia dell'opera di A. Berg.

7 Le Tre Invenzioni sono state riproposte dal Trio viennese Altenberg, su segnalazione dello scrivente, il 22 novembre 2004 nell'Auditorium Zo di Catania, nell'ambito del convegno indetto per commemorare il 110.mo anniversario della nascita del compositore.

8 Gli esecutori furono V. Emanuele, E. Berengo Gardin e B. Morselli. In programma, tutto incentrato su un repertorio cameristico contemporaneo, anche i brani Quaderno di Francine settenne di W. Vogel, il Quartetto n. 2 di M. Pilati, la Sonata per violino e pianoforte di A. Veretti e il Quintetto di H. Badings.

9 Le cronache musicali regionali registrano anche l'esecuzione del brano pianistico Preludio del 1934 da parte del pianista catanese Santi Di Stefano, amico del Sangiorgi, nel recital che tenne il 30 maggio 1950 nella Sala della Filarmonica di Trento.

10 Graziella Seminara, Sangiorgi, Pirandello e la ricerca di una moderna teatralità, in Alfredo Sangiorgi, Quaderni dell'Istituto Musicale Vincenzo Bellini di Catania III-2003, LIM, Lucca 2004, p. 116.

11 Alfredo Sangiorgi, Ricordo di Arnold Schoenberg il geniale rivoluzionario, in Alto Adige martedì 28 agosto 1951.

12 Antonino Procida, Il successo di due opere nuove al S. Carlo di Napoli, in Alto Adige, domenica 15 gennaio 1950.

13 La regia della terza opera di Sangiorgi, San Giovanni decollato, andata in scena al Teatro Donizetti di Bergamo nel 1958, fu affidata allo scrittore siciliano Andrea Camilleri che ricorda come «il mio tentativo fu quello quasi disperato di riuscire a far ridere con la musica seriale di Sangiorgi, un impegno che segnò la mia vita e mi fece da allora rinunciare alla lirica».

14 Bruno Mezzena aveva in repertorio la Toccata del 1946, eseguita a Trento l'8 marzo 1950 nella Sala della Filarmonica. Lo stesso brano fu eseguito anche dalla pianista bolzanina Maria Cristina Mohovich, il 31 marzo 1970, sempre nella Sala della Filarmonica di Trento.

15 Cfr. Dario Miozzi, Alla scuola di Alfredo Sangiorgi e di Goffredo Petrassi. Conversazione con Aldo Clementi sugli anni di apprendistato (Catania-Bolzano-Roma, 1939-1954), in Alfredo Sangiorgi, Quaderni dell'Istituto Musicale Vincenzo Bellini di Catania III-2003, LIM, Lucca 2004, pp. 163-193.

16 Alearco Ambrosi, Un indimenticabile Maestro, in Alfredo Sangiorgi, Quaderni dell'Istituto Musicale Vincenzo Bellini di Catania III-2003, LIM, Lucca 2004, pp. 159-161.