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Antonio Gramsci

Il teatro lancia bombe nei cervelli

Articoli, critiche, recensioni 1915-1920
A cura di Fabio Francione

Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2017, pp. 235

Il titolo di questa interessante antologia di scritti teatrali compilati da Antonio Gramsci nel periodo 1915-1920 deriva da una sua riflessione in merito a Luigi Pirandello: «le sue commedie sono tante bombe a mano che scoppiano nei cervelli degli spettatori e producono crolli di banalità, rovine di sentimenti, di pensieri». Il giudizio si riferisce a Il piacere dell’onestà in scena al Teatro Carignano di Torino che Gramsci recensisce nel 1917 per il quotidiano «L’Avanti!». Si tratta di un’eccezione perché, ad esclusione anche di Liolà, le commedie del premio Nobel sono viste come «povertà interiore, tedio, palude retorica, curiosità pettegola, verbalismo pseudofilosofico».

Dagli scritti raccolti e ordinati da Fabio Francione emergono altre e pesanti polemiche rivolte al teatro borghese e mosse da un lucido assunto critico di stampo marxista. Per esempio l’intellettuale sardo considera Appassionatamente di Alessandro Varaldo una commedia «senza bagliori di intelligenza» e Sale d’ottobre di Sabatino Lopez «un nulla adorno di parole drogate per palati casalinghi». Bersaglia inoltre la dipendenza quasi filiativa di molto teatro italiano dai modelli francesi considerati ormai obsoleti come le «sdolcinature piccolo-borghesi» che caratterizzano La volata di Dario Niccodemi, opera costruita sulla drammaturgia della leggerezza evasiva, ossia «grandi urli, situazioni piccanti, conflitti esasperati, che fanno scoccare il desiato applauso promettitore di un gran numero di repliche».

La polemica, di riflesso, si estende al sistema produttivo italiano determinato e condizionato dall’azione di avidi impresari che costringono gli attori ordinari a firmare contratti da fame in contrapposizione ai lauti compensi elargiti ai cosiddetti Grandi Attori come Ruggero Ruggeri fortemente criticato per il suo narcisismo perciò definito «infetto di febbre dannunziana». Il comunista Gramsci apprezza la ribellione tutta borghese di Nora in Casa di bambola di Henrik Ibsen secondo l’interpretazione dell’attrice Emma Gramatica; ammira inoltre l’attore siciliano Angelo Musco come artefice della diffusione del teatro dialettale e popolare e loda il capocomico Virgilio Talli paragonato all’«orafo  che trae dal metallo il suo timbro riposto, ne intuisce il valore effettivo, e lo sgrana in collane e monili di infinito pregio».

Trapela l’entusiasmo per lo spettacolo realizzato dagli operai, un prodotto culturale molto semplice che si concretizza in una rivista satirica (Arsenaleide) ma di grande valore ideologico e simbolico perché in questa esperienza al cospetto di un pubblico popolare «la cultura e l’arte finiscono col trovare anch’esse il loro posto nell’attività proletaria, non come esteriore dono della società borghese già esistente, ma come energia vitale del proletariato stesso».

In definitiva i 230 scritti pubblicati in questo pregevole volume, oltre a sintetizzare i gusti e gli orientamenti dello spettacolo italiano di inizio Novecento, arricchiscono e impreziosiscono l’impegno politico e culturale gramsciano a favore di un teatro popolare e d’impegno, importante per lo sviluppo della democrazia, come già aveva avvertito Guido Davico Bonino nel suo fondamentale e pionieristico studio Gramsci e il Teatro (Torino, Einaudi, 1973).

                                    di Massimo Bertoldi

  

 

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