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Odio scrivere lettere. I romanzi attraverso le lettere 1838-80

di Fëdor Dostoevskij

a cura di Fausto Malcovati

Imola (BO), Cue Press, 2021, pp. 572


Il titolo è suggerito dallo stesso Dostoevskij: in una missiva del 1878 parla di «terribile, insuperabile riluttanza a scrivere lettere», tanto da aggiungere che «se finirò all’inferno, la punizione per i miei peccati sarà sicuramente quella di scrivere decine di lettere al giorno, non meno». Eppure ne ha scritte un migliaio, molte lunghissime, con una prosa fluida e elegante, capace di sprigionare emozioni e commozioni di grande umanità quale segno di un’anima dolente, schiva e introversa, convinta che «l’uomo è un mistero».

Queste lettere permettono di entrare nei misteri di Dostoevskij come uomo e come scrittore. Ordinate in senso cronologico, costituiscono una sorta di prelibato contorno ai principali romanzi, da Memorie del sottosuolo a Delitto e castigo, da L’idiota a I demoni fino a I fratelli Karamazov. In merito si raccontano le lunghe gestazioni e le difficoltà legate alle pubblicazioni pensando soprattutto al denaro, altro tema molto trattato in queste lettere. Con ossessione e disperazione lo scrittore lotta per la sopravvivenza quotidiana. Anche minacciato da creditori, vive in pensioni assai misere, fugge all’esteri per evitare l’arresto sempre sperando di racimolare il minimo necessario per sposarsi e poi per affrontare i problemi di salute di moglie e figli.

A questo tormentato labirinto, che condiziona non poco la produzione letteraria, si aggiunge la passione morbosa per il gioco. Dalle lettere scritte da Baden Baden, Wiesbaden e Amburgo emergono i racconti di vincite di grosse somme seguite da clamorose perdite. E poi c’è la malattia, l’epilessia, vissuta con malinconica ironia.

Tra le tante, colpiscono le lettere dedicate all’arresto e alla condanna nel 1849 per attività, considerate sovversive, a favore della libertà di stampa e dell’emarginazione dei servi della gleba. «Ho dovuto affrontare i lavori forzati: quattro anni tristi, terribili. Ho vissuto con i delinquenti, con uomini senza sentimenti umani, di falsi principi, pervertiti: non vedevo e non riuscivo a vedere, durante questi quattro anni, niente di consolante, solo la nera, mostruosa realtà».

Non mancano testi ideologici di stampo slavista che declinano il mito della Grande Russia quale guida spirituale dell’Europa in quanto unica e vera depositaria del cristianesimo, come si legge, tra l’altro, nel magnifico discorso pronunciato in occasione dell’inaugurazione del monumento a Puskin nel 1880. 

Abbondano i riferimenti alla letteratura russa a lui contemporanea. È polemico verso Turgenev per la sua posizione di sudditanza verso la cultura francese e tedesca anche se aveva scritto nel 1840 al fratello Michail che «Io Schiller l’ho imparato a memoria, ho parlato con le sue parole, sono diventato pazzo di lui». Ammira ma con un certo distacco e riserva Tolstoj e Ostrovskij.

«Il mio lavoro letterario - scrive Dostoevskij – è l’unico scopo e l’unica speranza della mia vita», indicando, in questo modo, la traiettoria interpretativa per addentrarsi nella lettura di questa splendida raccolta Odio scrivere lettere. I romanzi attraverso le lettere 1838-80 che si completa con un ricco e assai ben documentato apparato iconografico con foto di ritratti dello scrittore russo, della sua famiglia, di amici e letterati, dei luoghi della sua vita, e della riproduzione di diversi manoscritti.
 

                            di Massimo Bertoldi

 

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