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Ammiratrici di Eleonora Duse

di Maria Pia Pagani

Bari, edizioni di pagina, 2022, pp. 131
 

È stato denominato il “secondo dramma”, l’effetto prodotto nello spettatore dalla recitazione di Eleonora Duse. Si trattava di un meccanismo comunicativo svincolato e indipendente dal dramma rappresentato: era una sorta di recinto emotivo entro il quale lo spettatore riviveva frammenti di se stesso, senza immedesimarsi nel personaggio del palcoscenico, animando piuttosto una sottile ma potente tensione di intima articolazione con il registro espressivo abilmente costruito dall’attrice.

Sulla base di questo assunto Maria Pia Pagani individua, a titolo esemplificativo, importanti ammiratrici che hanno vissuto, secondo diverse declinazioni, il “secondo dramma”, tanto che «la vita di queste donne – spiega la Pagani – è cambiata dopo aver visto Eleonora recitare, averla incontrata, aver avuto il privilegio di un dialogo personale». Non solo: intorno al dusismo, oltre a qualificarsi come fenomeno generazionale, si sono costruiti progetti e scambi culturali di una certa importanza per la cultura letteraria e teatrale dell’epoca, soprattutto lungo l’asse Italia – Russia per effetto delle trionfali tournée della divina all’inizio del Novecento.

È il caso della pittrice Natal’ja Gončarova emigrata a Parigi: per effetto di reciproca stima umana e di grande ammirazione artistica realizza gratuitamente, nel 1921, i bozzetti per la celebre messinscena de La donna di mare, che poi seguì accomodata in platea in tutte le tappe della tournée italiana e poi negli Stati Uniti.
Il dusismo contamina anche Raissa Olkienizkaia Naldi, autorevole traduttrice che nel 1905 vide Eleonora ne L’albergo dei poveri di Gorkij   e ne rimase abbagliata. Trasferitasi in Italia, aspettò con trepidazione il ritorno in scena della Duse, motivo per cui scrisse la commedia La prova del fuoco. Poi si conobbero, si scrissero diverse lettere; la traduttrice le dedicò luminose recensioni e sue versioni in lingua italiana di autori russi, tra cui Cechov e Evreinov.

Altrettanto significativa è l’esperienza della scrittrice Noemi Carelli D’Agostini, emigrata italiana a San Pietroburgo dove, dopo aver assistito alle esibizioni dusiane nella dannunziana La Gioconda e in Hedda Gabler di Ibsen, prima scrive lettere all’attrice poi si incontrano e discutono sull’arte della Duse in rapporto alla sua trasmissibilità ai posteri. L’ammirazione culmina nell’opera Borea. Romanzo di gente italiana a Pietroburgo del 1938 in cui si leggono coinvolgenti pagine dedicate alla trasferta russa.

La figura più emblematica è sicuramente Tatiana Pavlova, alla quale la Pagani rivolge particolare e luminosa attenzione. Emigrata dalla Russia, si integra nel teatro italiano proprio all’insegna del dusismo; per la Pavlova la Duse costituisce il vertice della perfezione teatrale, soprattutto nell’espressione mimico-gestuale. Significativamente il repertorio della regista-attrice ormeggia quello della Divina: nel 1923 debutta con Sogno d’amore di Kosorotov, che la Duse aveva considerato per il suo rientro in scena nel 1921 e ancor prima per la tournée russa del 1908, cui seguono La locandiera e La signora delle Camelie. Una lettera di Sibilla Aleramo alla Pavlova riconosceva il dusismo coltivato dalla Pavlova quando scrisse che, impegnata nella parte della tormentata Margherita Gauthier, «crea mentre s’abbandona e si dona. Compie un atto di religione insieme, sempre. Carne e spirito in lei non appaiono mai disgiunti, così come la terra baciata dai crepuscoli o dai meriggi è una cosa sola con il cielo. Sensualità profonda ed altra trascendenza si sprigionano nello stesso istante dalla sua gola di colomba e da ogni atteggiamento della persona bella».

Il bel libro della Pagani, pregevole per documentazione e impostazione scientifica, si completa con la considerazione della rivista italo-americana “Il Carroccio” diretta da Agostino De Biasi, in cui sono pubblicate, tra l’atro, poesie per Eleonora scritte da Barbara Young, Deborah Beirne e Louise de Forst Shelton.
Infine è singolare il caso di Maria Korda, attrice ungherese che, per le forti somiglianze fisiche con la Duse, avrebbe dovuto realizzare un film sulla famosa attrice al Vittoriale nel 1934, come si ricava dallo scambio epistolare con d’Annunzio e la figlia Enrichetta Duse.
 

                                     di Massimo Bertoldi

 

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