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SPETTACOLI E MOSTRE

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Pueblo

di Ascanio Celestini

con Ascanio Celestini, Gianluca Casadei
suono Andrea Pesce

(produzione Mismaonda)

 

Pueblo di Ascanio Celestini è il secondo capitolo di una trilogia iniziata nel 2015con Laika della quale costituisce l’ideale prosecuzione. I personaggi mantengono la stessa identità: sono anime di periferie, marginali, semplici e indifese, forse invisibili, forse maschere. L’attore e drammaturgo romano le racconta per frammenti sospesi tra prosa e poesia, le guarda da vicino e da lontano, e le intreccia lungo un percorso narrativo in chiaroscuro che alimenta l’immaginazione.

C’è Violetta, la cassiera del supermercato dall’esistenza monotona e ciclica perché divisa tra lavoro e casa dove la aspetta la madre che cucina solo zuppa liofilizzata. Quando necessario, per lei, svolge dei lavoretti Domenica, una barbona vagabonda che non chiede mai elemosina, limitandosi a sopravvivere nutrendosi di cibi in scadenza. Vive nel vicino parcheggio, la vita per lei è stata una catena di violenze e umiliazioni. Ha un fidanzato, Said, un nord africano che sarà espulso dall’Italia in quanto privo di permesso di soggiorno non prima di aver promesso a Domenica un suo ritorno per amore. Inoltre l’uomo è il facchino dello stesso supermercato, vorrebbe regalarle una bicicletta e un cappotto ma spende tutto il misero guadagno il sabato sera in una slot machine. Poi si parla delle ragazze spensierate di un collegio, vittime di continui soprusi e ricatti morali da parte delle “suore bastarde”. Tanto sbandati quanto emblematici sono lo zingarello che fuma dall’età di otto anni, la vecchia del bar capace solo di servire il cappuccino decaffeinato.

Per la rappresentazione di questo mondo balordo, Celestini costruisce uno spettacolo – visto al Teatro Comunale di Gries per la rassegna “Stagione Gries” organizzata dal Teatro Stabile – di eleganti e funzionali soluzioni artistiche. L’ambientazione scenica presenta la sagoma di un teatrino-stanza chiuso da una tenda bianca oltre la quale si intravvede in trasparenza un tavolo con oggetti di cucina e un televisore. Intorno sono accatastate casse d’acqua vuote.

Da questo metaforico microcosmo domestico, come ponendosi dalla finestra della cucina, l’attore guarda il macrocosmo degli emarginati, ai quali l’intrigante monologo dà sostanza e fisicità attraverso l’articolazione di una narrazione basata su un ritmo rapido e incisivo, denso di immagini e di effetti sonori della parola a sostegno di una scrittura limpida che anima un concerto di voci e visioni. Fondamentale è il contributo del pianoforte e della fisarmonica di Gianluca Casadei, il musicista anche interlocutore/ascoltatore al quale Celestini pone domande e offre risposte.

Così in Pueblo ogni momento di vita prende forma nel momento in cui è detta da qualcuno poi, come una bolla di sapone, svanisce e ritrova la sua dimensione notturna e silenziosa. Così i profili di queste “vite degli altri” sussurrano il canto e la poesia di un’umanità disperata ma vera.

 

                                  di Massimo Bertoldi

 

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