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SPETTACOLI E MOSTRE

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Albania casa mia

di e con
Aleksandros Memetaj
 

regia Gianpiero Rappa
aiuto regia Alberto Basaluzzo

Argot produzioni

 

“Albania casa mia” è un modo di dire veneto non troppo garbato e sottintende l’invito ad andarsene verso un luogo che rispecchi le propri lontane origini. Da questo deriva l’omonimo monologo scritto e interpretato da Aleksandros Memetaj, giovane e promettente autore-attore italiano, o albanese oppure italoalbanese. Scioglie il dilemma il bel monologo autobiografico Albania casa mia visto al Pippo Stage di Bolzano come ospite della rassegna Teatro Aut.

L’impianto narrativo è costruito “a ritroso”, termina nel giorno di uno sbarco di albanesi al porto di Brindisi nel 1991 quando padre, madre e figlio di pochi mesi eludono i controlli e conquistano la libertà scavalcando un muro di quattro metri pur minacciati dalle pistole di alcuni poliziotti. Albania casa mia inizia con il racconto di Aleksandros stesso arrivato a cinque mesi in un piccolo paese veneto. Lì cresce, frequenta l’asilo come bambino di fatto italiano ma considerato da amici e compagni “diverso” per il cognome tanto da essere spesso vittima di atti di razzismo e bullismo. Gli corrisponde il padre Alexander, protagonista di innumerevoli e spesso fallimentari tentativi di raggiungere da Tirana la tanto agognata Albania. Così si apre lo scenario sulle difficoltà e ansie di viaggio, sulle offese e frustrazioni vissute, sulle illusioni di libertà e di benessere alimentate dallo stato albanese che dopo oltre quarantacinque anni di rigidi controlli e chiusure apre i confini e invita i propri cittadini all’espatrio.

Quello che unisce queste storie maturate nello stesso ambito familiare è la ricerca della propria identità ma il rapporto con le radici albanesi si sviluppa in modo contraddittorio, è di odio e di amore, pur da assunti esistenziali diversi.

Affidato alla regia sicura e precisa di Gianpiero Rappa Albania casa mia è uno spettacolo asciutto, senza fronzoli. La parola ferisce con delicati effetti il sentimento umano e turba la percezione storica dello spettatore. Senza il supporto di musiche, luci particolari, scenografie, domina la forza espressiva e comunicativa dell’attore che rende il testo toccante, divertente, scorrevole e poetico, soprattutto protetto dal rischio di banali scivolate nel patetico e nel facile moralismo. La voce narrante di Memetaj procede per immagini e descrizioni dettagliate, unite da un flusso narrativo sostenuto da precisi ritmi in cui gli effetti sonori della parola si armonizzano con un repertorio gestuale essenziale e pulito. Da questo equilibrio si materializzano nella mente dello spettatore i tanti personaggi con le loro sfumature caratteriali e comportamentali che l’attore colora di dialetto padovano, di lingua italiana e albanese.

Sul pavimento del palco è steso un tappeto nero sul quale sono tracciati con un gesso i confini dell’Albania. Si tratta della metafora visiva di una piccola terra abbandonata dalla fantasia senza confini ma verso la quale ritorna la forza della memoria di sé. Ed è questo il senso di questa performance tanto scabra quanto appassionante: sentirsi parte del tutto o del niente di una terra. Oppure come recita lo stesso autore-attore in due passaggi di Albania casa mia: io “sto nel mezzo”.

 

                                   di Massimo Bertoldi

 

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