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Otto Brahm e il dibattito sulla scena teatrale berlinese (1881-1892)

di Iari Iovine
prefazione di Annamaria Sapienza

Torino, Accademia University Press, 2023, pp.

Radiografare una stagione di grandi trasformazioni culturali attraverso la lente del teatro e segnatamente concentrandosi sull’attività e contributi teorici di un personaggio emblematico attivo in una città cruciale: è questo l’obiettivo dello studio luminoso e assai dettagliato di Iari Iovine, Otto Brahm e il dibattito sulla scena teatrale berlinese (1881-1892).
Il fulcro tematico è la diffusione del Naturalismo in Germania sul cadere del XIX secolo come definito da Émile Zola e in parte anticipato a livello pionieristico in area tedesca da Büchner, Lessing e Hebbel, per poi essere assunto da Otto Brahm, critico della “Vossische Zeitung”, fondatore dell’associazione teatrale Freie Bühne, successivamente direttore del Deutsches Theater e del Lessing Theater di Berlino.

Al dominante teatro commerciale e di svago Brahm contrappone l’ideale di un «teatro d’arte» basato sul rispetto del testo quale tramite veritiero per ricostruire e raccontare oggettivamente la realtà, come già praticato dalla compagnia dei Meininger che ebbe modo di esibirsi a più riprese a Berlino nel periodo 1874-1887, offrendo significativi esempi di scenografie monumentali e fedelmente archeologiche a supporto dell’esibizione di attori lontani dal divismo.

La ricerca del vero attraverso la narrazione del quotidiano vissuto da personaggi ordinari e autentici avvicina Brahm al teatro dell’austriaco Ludwig Anzengruber che con il dramma G’wissenswurm (Il tarlo della coscienza) «ha toccato i compiti più alti dell’arte», si confronta con la drammaturgia di Bjørnstjerne Bjørnson e di August Strindberg la cui Signorina Giulia trionfa nel 1892 alla Freie Bühne inaugurata nel 1889 dalla messinscena di Spettri di Heinrich Ibsen che di fatto segna l’avvio della diffusione, con effetti tellurici, del repertorio dello scandinavo nella scena berlinese. Come di primaria importanza risulta il rapporto di Brahm con Gerhart Hauptmann: si tratta di un altro passaggio nodale per l’affermazione, pur concentrata in pichi anni, nella stagione del Naturalismo tramite gli allestimenti scandalosi di Prima dell’alba, Anime solitarie e I tessitori.

Brahm, oltre che affrontare problematiche legate alla produzione testuale di stampo naturalistico, si addentra nella nodosa questione dell’attore, nel nuovo attore che, perciò, abbandona virtuosismi e tecnicismi di maniera, e recita senza trucchi e artifizi retorici, per cercare un’espressione mimico-gestuale e verbale fondata sui toni snaturali e semplici perché ricavati dal «mondo» e dall’«ambiente» quotidiano.
In merito l’intraprendente Brahm si dimostra pregevole regista e talent scout rivelando attori destinati a breve a trionfare sulla scena tedesca, da Else Lehmann a Rudolf Rittner, da Emanuel Richter a Josef Kainz e Agnes Sorma che poi si distaccano dalla lezione del maestro, come altri faranno, in quanto svilisce la figura del primo attore.

Così nasce lo Brahmstill: «I personaggi – spiega Iovine – vengono esplorati dagli attori dall’interno, psicologicamente e individualmente, trasmettendo in scena anche i più minuti dettagli». L’attore entra quindi in sintonia con il drammaturgo, come lucidamente teorizzato nel saggio del 1982 Antica e nuova arte dell’attore

Il corposo materiale raccolto nella seconda parte di questo importante studio della Iovino ha il pregio di seguire l’attività e lo sviluppo del pensiero di Brahm che si enuclea dalla pubblicazione delle tante recensioni di tanti spettacoli ibseniani e hauptmanniani visti a Berlino, unitamente alla visibilità data alla fitta corrispondenza con Hauptmann che dimostra grande profondità intellettuale e umana. Nell’ultima corrispondenza con l’autore de I tessitori Brahm scrive: «Da quel giorno d’autunno 1889 – senza che tu abbia dovuto fare più volte il giro di Berlino a piedi – mi è stato concesso di mettere in scena per primo quasi tutti i tuoi lavori; mi è stato permesso di portarli alla luce e rivelarli al pubblico tedesco per primo; e considero questo incarico battesimale e onorifico, la più grande felicità che ho provato nella mia vita professionale».
Sembrano parole, scritte il 14 novembre 1912, di veggente commiato dall’amico drammaturgo che morirà prematuramente di lì a poco, il 28 novembre.

                                  di Massimo Bertoldi

 

 

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