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Il Camposanto Teutonico

di Marco R. Bettoni Pojaghi
con la collaborazione di Cristina Cumbo

 

Roma, Pagine, 2019, pp. 192

Il giardino segreto del Vaticano: alla scoperta del Campo Santo Teutonico «E serbi un sasso il nome / e di fiori odorata arbore amica / le ceneri di molli ombre consoli» (vv. 38-40); così nel carme Dei Sepolcri Ugo Foscolo augurava al defunto che «lascia eredità d’affetti» il degno riposo eterno, perché «non vive ei forse anche sotterra, quando / gli sarà muta l’armonia del giorno / se può destarla con soavi cure / nella mente de’ suoi? Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote è negli umani» (vv. 26-31). L’ideale cimitero evocato dai versi di Foscolo, dove gli uomini e le donne che vi sono ospitati possono riposare «all’ombra dei cipressi» e perpetuare il loro nome impresso sulla pietra, esiste davvero e si trova a Roma: è il Campo Santo Teutonico, segreto gioiello del Vaticano nascosto all’ombra di San Pietro. Alte mura preservano e proteggono quest’oasi di pace e di silenzio dalla frenetica caoticità della vita cittadina; un hortus conclusus dove il verde rigoglioso di cipressi, di palmizi e di odorose infiorescenze mitiga la severità dei marmi tombali, creando un sublime connubio tra la vita e la morte: qui può veramente realizzarsi la goethiana Wanderung, la passeggiata tra le rovine antiche del poeta romantico alla ricerca di sé stesso.

Marco R. Bettoni Pojaghi, germanista e direttore della Biblioteca Italo-Tedesca di Roma, in collaborazione con l’archeologa Cristina Cumbo, ci porta alla scoperta di questo luogo arcano e suggestivo con un libro unico, Il Camposanto Teutonico, il solo in lingua italiana che affronta tutti gli aspetti, dall’archeologia alla storia, dall’arte alle biografie delle personalità illustri ivi tumulate, necessari per uno studio del sito a tutto tondo, finora lasciato ai soli interpreti tedeschi. Il saggio, di lettura piacevole pur nell’accuratezza critica, è rivolto indifferentemente all’esperto, di germanistica come di storia dell’arte o di archeologia, e al semplice appassionato, curioso di esplorare le bellezze della Roma segreta: una guida maneggevole, un piccolo manuale dotato di un ricco apparato iconografico, che promuove la conoscenza di questo luogo poco noto e certo ne invoglia una visita diretta. Da Nerone a oggi: cenni storici su un’istituzione poco conosciuta, meta di pellegrinaggio dal Nord Europa già nell’alto Medioevo, in particolare fiammingo e tedesco, e tappa romana obbligata del Grand Tour a partire dal Settecento, il Campo Santo Teutonico è situato in territorio italiano ma gode del particolare statuto di extraterritorialità in favore della Santa Sede, come la contigua e più moderna Aula Paolo VI.

La specificazione di “teutonico” del Campo Santo suggerisce fin da subito l’appartenenza identitaria della comunità al quale esso offre ultima ospitalità: il comune denominatore è la provenienza dall’area germanica, o la parentela con qualcuno di tale origine. La Confraternita di S. Maria della Pietà, la quale si occupa della gestione del Campo così come della regolamentazione che definisce i soci della stessa, specifica i requisiti necessari per la sepoltura nel cimitero: essere di madrelingua tedesca e aver risieduto per un lungo periodo a Roma. Si tratta infatti della più antica istituzione germanica nella Città eterna. La sacralità e la destinazione cimiteriale hanno origini antiche: le ricognizioni archeologiche, pur condotte in modo sporadico e parziale, confermano la sua collocazione nell’area del Circum Neronianum (già parte degli horti di Agrippina Maggiore, madre di Caligola, ma terminato da Nerone) dove, secondo la tradizione, ebbe luogo il martirio dell’apostolo Pietro, tra il 64 e il 67 d.C.; il circo, abbandonato verso la metà del II sec. d.C., venne interrato e occupato da sepolture.

Ma è con la Schola Francorum, fondata come sembra dallo stesso Carlo Magno o comunque legata alla sua figura, che si pongono le basi per la nascita dell’attuale complesso del Campo Santo. Menzionata per la prima volta nel 799, essa non era che una delle numerose Scholae peregrinorum straniere che si costituivano nei pressi della tomba di Pietro, istituzioni adibite all’accoglienza dei pellegrini provenienti da ogni angolo dell’Impero carolingio. Ogni Schola non solo offriva asilo ai propri connazionali ma provvedeva anche a dare loro degna sepoltura in caso di morte a Roma. La Frankenschola altomedievale, guidata da chierici, comprendeva in particolare una o due chiese, un ricovero per pellegrini e un cimitero. Nel XV secolo l’areale era ormai caduto quasi in disuso e versava in condizioni precarie; fu un cittadino tedesco, Friedrich Frid, che si assunse l’onere di contrastare tale declino, intorno al 1440: restaurò la chiesa e si occupò della gestione del cimitero; grazie alla sua attività iniziale sorse quella Confraternita che si sarebbe sviluppata fino a divenire ufficialmente nel 1597 l’Arciconfraternita di Nostra Signora.

L’area attuale del Campo Santo ha una estensione di circa due chilometri quadrati e comprende, oltre al cimitero, il Collegio per sacerdoti studiosi della Chiesa e delle discipline a essa collegate (nato nel 1876), e la Chiesa di S. Maria della Pietà, alla quale si può accedere solo dall’interno. Alcune illustri personalità che riposano al Campo Santo «A egregie cose il forte animo accendono / l’urne de’ forti [...] e bella / e santa fanno al peregrin la terra / che le ricetta» (vv. 151-154). Di nuovo risuonano calzanti i versi foscoliani mentre il prof. Bettoni Pojaghi e la dott.essa Cumbo ci conducono in una passeggia immaginaria attraverso i sepolcri del Campo Santo Teutonico. Qui riposa un numero sorprendente di illustri personalità del mondo germanico ma romane d’adozione, tra artisti, poeti, eruditi, ecclesiastici, studiosi di arte e di archeologia, nobildonne di vasta cultura.

La vera ricchezza di questo luogo consiste proprio nelle infinite scoperte che il visitatore attento può fare vagando tra le tombe: ogni nome inciso sulla pietra evoca grandi storie, memorie d’altri tempi, vicende umane private e pubbliche. Per questo molte pagine de Il Camposanto Teutonico sono dedicate a diversi personaggi qui sepolti, offrendo non solo una mera rievocazione biografica ma un dettagliato quadro d’insieme sul contesto storico e culturale nella quale essi vissero e operarono. «L’unicità del Teutonico sta forse proprio in questa magica fusione di storia e natura, ove veramente sembra di respirare per alcuni momenti un clima interamente tedesco, di raccoglimento cioè e di pensiero interiore, uniti però ad un senso di etereo, quasi goethiano, congiungimento con la dolcezza e la delicatezza del solare paesaggio italiano» (p. 75). L’armonioso connubio tra italianità e germanicità che si realizza al Campo Santo ricorda la poetica di una corrente artistica ottocentesca, quella dei Nazareni, gruppo di pittori tedeschi che proprio a Roma poterono creare un’arte libera dai canoni del classicismo vigente, rinnovata in senso religioso e patriottico e ispirata al Quattrocento italiano. È emblematica in questo senso la famosa Italia e Germania, opera che raffigura le allegorie femminili delle due nazioni, del caposcuola dei Nazareni, Friedrich Overbeck (1789-1869). Sebbene il monumento funebre dell’artista si trovi nella chiesa romana di S. Bernardo alle Terme, la moglie Anna Schiffenhuber-Hartl e i figli riposano proprio al Campo Santo Teutonico.

L’arte è ben rappresentata al piccolo cimitero del Vaticano da molti artisti, tra i quali spiccano il pittore paesaggista Joseph Anton Koch (1768-1839), di origine tirolese e conosciuto per i suoi affreschi a tema dantesco nel Casino Massimo al Laterano, Othmar Brioschi (1854-1912), altro pittore paesaggista discendente di un’importante famiglia viennese di pittori scenografi, e Heinrich Maxilimilian Imhof (1795-1869), scultore svizzero e direttore delle Belle Arti presso i musei di Atene, le cui opere sono esposte in tutta Europa. Il mondo letterario e librario non è da meno: spiccano i nomi di Johannes Urzidil (1896-1970), poeta ebreo praghese membro del sodalizio letterario Prager Kreis (di cui facevano parte anche Franz Kafka e Max Brod), di Stefan Andres (1906-1970), scrittore tedesco osteggiato dal governo nazista per la libertà espressiva e per la moglie ebrea, e della famiglia di librai Immelen-Regenberg, che portarono avanti l’eredità culturale di Attilio Nardecchia e della sua celebre libreria antiquaria di Roma. Infine colpiscono le personalità di alcune grandi donne che qui riposano: suor Pascalina Lehnert (1894-1983) che fu la segretaria personale e amministratrice di papa Pio XII per decenni, fin dalla nunziatura di quest’ultimo a Monaco negli anni Venti, e figura attiva nella comunità tedesca a Roma anche dopo la morte del pontefice; la principessa polacca Carolina von Sayn-Wittgenstein, donna di grande cultura musicale, che fu amante del pianista Franz Liszt; Sybille Mertens-Schaaffhausen (1797-1857), detta la “Principessa tedesca”, archeologa e collezionista, che tenne un famoso salotto nel suo Palazzo Poli a Fontana di Trevi al quale partecipò persino Goethe; Hermine Speier (1898-1989), archeologa ebrea di Francoforte, che fu la prima donna assunta dai Musei Vaticani, durante il pontificato di Pio XI, per i quali condusse importanti studi e ricerche, (famoso il ritrovamento della testa di cavallo appartenente al frontone occidentale del Partenone). Sulla sua tomba il verso goethiano «Leben ist Liebe» (la vita è amore) e sassolini lasciati da chi le rende omaggio: secondo la tradizione ebraica simboli della memoria e della persistenza, del ricordo che non appassisce come un fiore. «Serbi un sasso il nome».

                           di Letizia Aggravi

 

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