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LIBRI

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Anne-Marie La beltà

di Yasmina Reza
traduzione di Ena Marchi e Donatella Punturo


Milano, Adelphi, 2021, pp. 70
 

Commediografa e scrittrice francese, la pluripremiata Yasmina Reza staziona ormai stabilmente nell’Olimpo della drammaturgia contemporanea. Sui palcoscenici italiani le sue commedie godono di una considerazione ancora parziale mentre maggiore considerazione è riscontrabile in campo editoriale, segnatamente da parte di Adelphi che annovera nel suo catalogo testi teatrali – Il dio del massacro, «Arte» (recensito da «Il Cristallo»: https://www.altoadigecultura.org/recensioniLibriNew.php?idT=41&argo=&mate=N),
Bella figura – e due splendidi romanzi (Felici e felici e Babilonia).

A queste pubblicazioni si aggiunge Anne-Marie La beltà, un monologo intenso e coinvolgente, tutto giocato sul flusso della parola torrenziale che intreccia il realismo alla lucida follia, l’ironia alla malinconia, le banalità quotidiane ad un tessuto di riflessioni profonde, ponendo la girandola dei personaggi su una scacchiera dove le pedine fanno mosse ora banali ora imprevedibili.

Realtà e finzione, in un gioco ormeggiante la formula del teatro nel teatro, definiscono la loro forza interattiva a partire dall’imput narrativo: una anziana ex attrice di fantasia, Anne-Marie Mille, immagina di essere intervistata da giornalisti inesistenti in occasione della morte della celebre collega Giselle Fayolle, chiamata Gigi, conosciuta in un teatro parigino a diciannove anni e con la quale aveva recitato, tra l’altro, Berenice di Racine.

Ora Anne-Marie, vedova di un marito noioso e petulante, ha al ginocchio una protesi, sente sempre freddo, si lamenta della pressione alta e della mancanza di nipoti; tuttavia le sue parole sprigionano vitalità, disegnano illusioni, ritagliano dalla memoria frammenti di positività alternata alla tristezza simile allo spleen. «Ho le ali ai piedi. Quasi», anche a teatro «aspetti per tanto tempo la tua ora, può perfino capitare che arrivi giusto per un po’ prima che la ruota giri e faccia di te un’ombra». Sono le parole di un’attrice sempre impegnata in ruoli secondari ma legata da una sorta di cordone ombelicale al mondo artistico del teatro e alle sue dinamiche relazionali, fino a confondere il piano della vita con quello del palcoscenico.

Nel suo impetuoso procedere monologante, l’attrice racconta, per esempio, il grigiore quotidiano della cittadina mineraria in cui è nata, ravvivata da una piccola e dilettantesca compagnia teatrale locale che per lei risulta di abbagliante seduzione a partire dal direttore di cui scoprirà la tomba in occasione del funerale dei suoi genitori.
Questa ragazzina triste e sognatrice, che ritaglia le foto di Brigitte Bardot dai giornali, cerca la fortuna al Théâtre de Clichy della capitale francese, dove continuerà a nutrire il gioco delle illusioni con il riso beffardo del fallimento ma non della sconfitta, tanto che alla fine, quasi a voler chiudere il cerchio della sua esistenza e ponendo il teatro come antidoto contro la morte – ricorda tutti i nomi degli attori di provincia applauditi negli anni dell’infanzia. Ecco perché la commedia si intitola Anne-Marie La beltà.
 

                            di Massimo Bertoldi

 

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