IL CRISTALLO, 2011 LIII 1 [stampa]

Semiotica e arte

di VITTORIO SELLERI

Introduzione

 

In questo saggio vorrei riflettere su alcuni fondamenti culturali della cultura moderna e contemporanea in relazione all'arte: teorie riguardanti la linguistica, lo strutturalismo e soprattutto la semiotica. Perché riferirsi a queste teorie per parlare dell'arte? Perché l'arte di oggi, i suoi modi espressivi, i suoi artisti e le sue opere, sottende un pensiero complesso che coinvolge molte discipline di ricerca, per esempio gli studi sulla comunicazione e i mass media e l'attenzione per lo sviluppo tecnologico che influisce sui cambiamenti della società e dei comportamenti umani.

Non è facile comprendere l'arte contemporanea, non basta solo la cultura ci vuole una sensibilità particolare e un continuo aggiornamento. Le teorie qui esposte molto in sintesi, e anche non in modo del tutto esaustivo, ci possono dare un'idea generale della semiotica in rapporto all'arte e da questa panoramica riassuntiva su alcune teorie principali della cultura possiamo partire per alcune considerazioni critiche sull'arte contemporanea in modo più consapevole.

 

Linguistica e Strutturalismo

 

Lo strutturalismo linguistico.

Per strutturalismo si intende - in linguistica (bisogna distinguere la linguistica strutturale dalla psicologia strutturale) - la teoria e la metodologia di tutte quelle scuole e correnti elaborate a partire dalle teorie del linguista ginevrino Ferdinand de Saussure (1857-1913) enunciate nel suo "cours de linguistique générale" (1916): questo è il punto di partenza del moderno strutturalismo in tutti i suoi sviluppi e declinazioni.

In questo corso universitario di studi, Saussure si proponeva di considerare la lingua come un sistema unitario e autonomo di segni, dove si possono distinguere due assi, quello della sincronia e quello della diacronia1, e dove l'asse della sincronia ha più rilievo di quello della diacronia. Lo studio sincronico della lingua è la sua descrizione in un certo periodo limitato di tempo, ad esempio lo studio del latino o del greco in un dato periodo storico. Lo studio diacronico è invece l'analisi della lingua nella sua evoluzione generale, nel cambiamento e nei passaggi da un periodo all'altro della storia.2

Mentre la linguistica ottocentesca3 era stata prevalentemente storico-comparativa (cioè diacronica), per Saussure lo studio scientifico deve essere rigorosamente sincronico, riferito cioè alla struttura sistematica della lingua in un dato e preciso momento del suo sviluppo. Solo così è possibile cogliere l'autonomia del sistema, in cui tutti gli elementi «si tengono» coerentemente sull'asse della simultaneità. Lo strutturalismo linguistico si occupa del funzionamento dei singoli elementi linguistici considerati come parti di una struttura e della loro reciproca interdipendenza e interazione.

La teoria di Saussure4 si fonda fondamentalmente sulla dicotomia tra langue e parole: la prima - la langue- è la lingua come istituto sociale, un insieme di convenzioni necessarie alla comunicazione fra i membri di una data società o comunità linguistica, è quindi una realtà astratta; invece il repertorio o codice a cui il parlante attinge e che poi adopera nel momento dell'esecuzione individuale è la parole. Per quanto Saussure riconosca che la parole possa rinnovare il codice, arricchendolo e sviluppandolo nel tempo, il suo interesse scientifico è per la langue, per il sistema. La linguistica strutturale è, fin dagli inizi, linguistica della langue e non della parole.

La definizione di segno linguistico di Saussure spiega che il segno linguistico è l'associazione di significante e di significato, di un'«immagine acustica» e di un «concetto». Saussure chiarisce definitivamente l'arbitrarietà del linguaggio e dei segni affermando che tra le parole e le cose il rapporto è del tutto convenzionale e arbitrario. Il referente (cioè la realtà oggettiva) è estraneo alla considerazione linguistica.

Lo strutturalismo linguistico ha connotato in modo determinante le più importanti scuole linguistiche del XX secolo come quella del circolo di Praga (1926, i cui principali esponenti furono J. Mukarovsky, S. Karcevskij, R. Jacobson, N. S. Trubeckoj, A. Martinet), quella del circolo di Copenaghen (detta "glossematica" e fondata dal danese L. T. Hjelmslev intorno al 1930), quella del "funzionalismo" (sviluppatasi nel XX secolo principalmente per opera di Nikolay Trubeckoj e André Martinet).

Tre anni dopo la fondazione del circolo di Praga, nel 1929, apparvero come programma del circolo, le "Nove tesi" che sono le premesse del lavoro successivo sulla concezione funzionalista della lingua, in particolare è importante la prima tesi che afferma che la lingua deve essere concepita come «sistema funzionale» di mezzi finalizzati alla comunicazione e all'espressione. Una coerente concezione funzionalista della lingua sarà poi elaborata dal Martinet (che fu in seguito tra i promotori del circolo linguistico di New York).

Roman Jacobson (Mosca, 1896 - Boston 1982) linguista e critico russo naturalizzato americano, è uno dei fondatori del circolo linguistico di mosca (1915), dove è stato elaborato il formalismo e lo strutturalismo linguistico. Il circolo di mosca raggruppava due gruppi di studiosi, uno di cui faceva parte Jacobson, con interessi più linguistici, l'altro con più interessi critico-letterari rappresentato da Sklovskij.

Nello studio della comunicazione sono basilari le teorie di Jacobson, noto per aver stabilito la «teoria della comunicazione» linguistica. La «teoria della comunicazione» si basa su sei funzioni comunicative che sono indispensabili affinché ci sia una comunicazione (fra un emittente e un destinatario):

Il mittente che invia un messaggio al destinatario, il messaggio che per essere operante richiede il riferimento dapprima a un contesto verbale (o suscettibile di verbalizzazione e che possa essere afferrato dal destinatario), un codice comune (sia al mittente che al destinatario). Infine ci vuole un contatto (canale fisico o connessione psicologica), fra mittente e destinatario che mantenga stabile la comunicazione.

A questi sei fattori corrispondono sei diverse funzioni linguistiche: funzione emotiva (si concentra sul mittente e sul suo atteggiamento verso ciò di cui si parla), funzione referenziale (l'orientamento verso il contesto); funzione conativa (riguardante il destinatario, si esplica tramite le forme grammaticali dell'imperativo e del vocativo); funzione fatica (relativa al contatto, come nell'esempio "Pronto, mi senti?"); funzione metalinguistica (orientata sul codice); funzione poetica (relativa al messaggio stesso).

Accanto al circolo di Praga, al Formalismo russo e allo stesso strutturalismo, la scuola danese di linguistica è stata uno dei più importanti centri europei di riflessione sul linguaggio.

Louis Hjelmslev (1899-1965)5 è il più importante esponente della «Scuola di Copenaghen» (insieme a studiosi come Brondal, Uldall e altri), fondatore della "glossematica". Questa teoria, pubblicata nei suoi "Fondamenti della teoria dei linguaggi" (1943), sostiene che la lingua può essere studiata esclusivamente nei suoi aspetti «formali» e pertanto è possibile delineare una sorta di «algebra della lingua».

In conformità alla linguistica strutturale, ogni elemento del testo viene considerato su due piani (o assi) differenti: sull'asse sintagmatico la parola viene considerata in relazione con tutte le altre parole presenti all'interno del testo stesso (relazione in praesentia); sull'asse paradigmatico la parola è invece considerata in correlazione a tutti i termini della sua stessa categoria che possono essere sostituiti alla parola stessa, ad es. nomi, articoli, avverbi ecc (relazione in absentia). Secondo il linguista danese il fulcro dell'analisi, è la descrizione delle dipendenze reciproche o funzioni intercorrenti tra le parti del testo: sono queste relazioni che interessano, perché "una totalità non consiste di cose ma di rapporti".

Lo strutturalismo non ha avuto solo applicazioni in linguistica. Una delle prime correnti di pensiero a indirizzo strutturalista è nata a berlino, verso il 1912, nell'ambito della psicologia: la Gestaltpsychologie o scuola di Berlino6. La teoria della Gestalt ha come obiettivo principale lo studio del funzionamento del processo percettivo umano e inoltre rappresenta la disciplina che ha avuto il maggiore influsso nello sviluppo della psicologia. I suoi maggiori esponenti Wertheimer, Kohler e Lewin furono costretti alla fuga a causa del nazismo, mentre Koffka era già precedentemente emigrato negli stati Uniti. Gli studiosi più rappresentativi della Gestalt in Italia sono stati F. Metelli e G. Kanizsa.

Alle scuole strutturaliste, nate tutte in Europa, si contrappongono le scuole statunitensi del "distribuzionismo" (scuola nata negli Stati Uniti nel 1930 a opera di Leonard Bloomfield e successivamente da Zellig Sabbetal Harris) e ancora, quella del "trasformazionalismo" (originata dalle teorie di Noam Chomsky).

 

Semiologia, semiotica e semiotica dell'arte

 

La semiotica o semiologia (i due termini vengono spesso considerati equivalenti anche se, come vedremo in seguito, ci sono delle precise differenze) prende nome dal termine greco semeion ("segno") ed è la disciplina che studia i segni.

Se il segno è "qualcosa che rinvia a qualcos'altro" (per i filosofi medievali "aliquid stat pro aliquo") la semiotica è la disciplina che studia non solo i fenomeni di significazione ma anche di comunicazione. Per significazione si intende ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente (per esempio la luce rossa del semaforo significa, o sta per, "stop").

Ogni volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione allora si attiva un processo di comunicazione (il semaforo è rosso e quindi freno e arresto l'auto). Le relazioni di significazione definiscono il sistema che viene ad essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.7

Umberto Eco nel Trattato di semiotica generale8 dà questa definizione di semiotica: "la semiotica ha a che fare con qualsiasi cosa possa essere assunta come segno. È segno ogni cosa che possa essere assunta come sostituto significante di qualcosa d'altro. Questo qualcosa d'altro non deve necessariamente esistere, né deve sussistere di fatto nel momento in cui il segno sta in luogo di esso. In tal senso la semiotica, in principio, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire."

Uno dei punti di punto di partenza della semiotica è che "non è possibile non comunicare"9 non solo le persone ma ogni elemento naturale o artificiale può comunicare perché con la sua presenza nel mondo circostante può essere interpretato da chi è presente, e questo processo di "significazione" costituisce il "senso" che attribuiamo al mondo. Ogni cosa ha senso, o può averlo, in quanto inserisce il soggetto in un contesto di relazioni interpersonali, inoltre la ricchezza di senso del mondo mobilita l'enciclopedia di tutti i saperi formali e informali.

In genere per comunicazione s'intende un'attività del tipo di una spedizione di una lettera o di un messaggio pubblicitario. In questo caso c'è un "emittente" che spedisce un "messaggio" (o "testo") ad un "destinatario". Il destinatario fa poi un lavoro di "inferenza", applicando le proprie conoscenze (la sua enciclopedia conoscitiva), al messaggio ricevuto e interpretandolo. In sintesi c'è la comunicazione vera e propria di un messaggio dall'emittente al destinatario (secondo un codice comune) e poi c'è il processo di significazione, sulla base dell'ipotesi generale che tutto ciò che accade abbia senso, noi costruiamo delle regole ipotetiche che ci aiutino a spiegare il fatto che esaminiamo. Questo tipo di ragionamento viene chiamato "abduzione" da Peirce.

Il meccanismo che rende possibile la comunicazione è caratterizzato dalla logica della significazione, solo se l'oggetto (messaggio) trasmesso dall'emittente al destinatario risulta "significativo" può adempiere alla funzione comunicativa.

Nei processi comunicativi c'è un terzo concetto importante da non confondere con primi due (comunicazione e significazione) che è "l'informazione"10. In senso generale l'informazione può essere intesa come la capacità di ridurre l'incertezza sullo stato del mondo. L'informazione può essere calcolata matematicamente sulla base di scelte binarie per determinarla univocamente, quindi l'informazione è un concetto molto utile in ambiti scientifici, tecnologici e soprattutto informatici, ma per quanto riguarda le interazioni umane, nelle quali il senso è importante, esso risulta del tutto inadeguato.

Le riflessioni sul segno risalgono all'antichità con Platone, Aristotele, gli stoici, gli epicurei. Il segno linguistico veniva distinto dal segno logico, il primo veniva collegato ad un meccanismo di equivalenza (p=q), il secondo, cioè il segno in generale, era ritenuto fondarsi su un processo di inferenza (se p allora q, stante le condizioni x, y, z, n).

Importanti spunti sulla teoria del segno vengono forniti dagli empiristi inglesi come Francis bacon (1561-1650) e John Locke (1632-1704). Dopo di loro ci sono le riflessioni di Renè Descartes (1569-1650) e Gottfried Wilhelm Leibnitz (1646-1716) nel razionalismo francese e tedesco.

In epoca contemporanea la semiotica s'identifica nelle opere e nelle riflessioni di due figure fondamentali: in Europa il linguista ginevrino Ferdinand de Saussure (1857-1913), già esaminato nel paragrafo precedente, e negli stati Uniti il filosofo Charles Sanders PEIRCE (1839-1914). Più tardi, nel 1964, la disciplina trova la sua definizione istituzionale con l'opera del francese Roland Barthes "elementi di semiologia".

In semiotica si possono dunque distinguere due indirizzi basilari: quello statunitense, di carattere più filosofico, legato alle teorie di Peirce e quello europeo, di carattere più linguistico, legato alle teorie di Saussure. Con il termine semiotica si intende l'indirizzo più filosofico della teoria (il termine fu usato inizialmente dal filosofo inglese John Locke nel 1690) e con il termine semiologia l'indirizzo più linguistico.

Successivamente il termine semiotica è stato usato per indicare le riflessioni generali teoriche e metodologiche (la "semiotica generale" così denominata da Umberto Eco) mentre il termine "semiologia" identifica le diverse applicazioni del metodo semiotico applicato a contesti particolari, come la "semiologia dell'arte" (le "semiotiche applicate" per Eco).

Sulla linea semiotica-filosofica derivata da Peirce e dalle teorie dell'altro filosofo pragmatista statunitense Charles William Morris (1901-1979) si è basata la semiotica interpretativa di Umberto Eco.

Per Saussure la semiologia o "scienza generale dei segni nel quadro della vita sociale" doveva comprendere anche la linguistica. Al contrario per Barthes (Elementi di semiologia, 1964) è la semiologia che fa parte della linguistica, perché solo nel linguaggio è possibile identificare il significato delle diverse forme di significazione che si riscontrano nel contesto sociale.

Due differenti concezioni del segno e del rapporto di significazione, contraddistinguono la semiologia europea dalla semiotica statunitense. Per Saussure il segno è costituito dal rapporto tra un significante (immagine acustica del suono) e un significato (concetto di ciò cui si rinvia), rapporto arbitrario e convenzionale.

Per Peirce invece il rapporto segnico o semiosi avviene fra tre elementi: un rapresentamen (parte materiale e percettibile del segno o significante); un oggetto (il referente cui il segno fa riferimento e rappresenta); un interpretante (il concetto o significato che viene generato dal segno).

Questa triangolazione11 rappresenta anche la dinamica di tutti i segni in quanto processi semiotici, la cui significazione Peirce, non essendo principalmente un linguista ma un filosofo, ha pensato a una teoria generale dei segni (semiotics) che comprenda certamente la lingua ma relativizzandola e inserendola in una prospettiva più larga.

La nozione d'interpretazione è un argomento centrale nella filosofia di Peirce che ritiene che il nostro rapporto con il mondo sia dettato dalla continua produzione d'ipotesi riguardo al modo in cui possiamo risolvere un dubbio per arrivare a una credenza certa.

Queste ipotesi sono chiamate abduzioni da Peirce che deriva questa modalità di pensiero dalla sua formazione scientifica. La logica del pensiero scientifico prevede una continua messa in discussione delle ipotesi di partenza di una teoria: il cosiddetto falsificazionismo di Karl Popper.

Karl Popper12 è un filosofo e epistemologo che pone al centro della sua teoria la fondamentale asimmetria tra verificazione e falsificazione di una teoria scientifica: infatti per quanto numerose possano essere le osservazioni sperimentali a favore di una teoria esse non possono mai provarla definitivamente e basta un solo controesempio per confutarla. Perciò una teoria è scientifica se e solo se, essa è falsificabile.

Proprio da Peirce e dal suo concetto di interpretazione Umberto Eco prende l'avvio per definire la sua semiotica interpretativa o estetologica. Ha concretizzato le sue ricerche nella definizione di una teoria unificata per la semiotica nel Trattato di semiotica generale (1975).

Un differente modello di analisi semiotica, estremamente adattabile a diversi oggetti di ricerca, è stato definito da Algirdas Julien Greimas (1917-1992) fondatore della semiotica strutturale e generativa. Per Greimas la narratività deve essere ritenuta il modello generale di organizzazione di ogni testo, cioè ogni testo contiene al proprio interno una struttura basata su di uno sviluppo narrativo anche solo potenziale. In questa prospettiva al centro dell'attenzione dell'analisi non è più quindi il processo di interpretazione e i suoi meccanismi (come in Eco), ma la narratività e le sue strutture all'interno del testo. Greimas parte da un "modello stratificato" del testo e delle sue strutture; la struttura del testo viene intesa come costruita secondo piani tra loro collegati da un meccanismo di "espansione" da un livello inferiore più astratto a livelli superiori più concreti. La generatività di tale percorso di strutturazione del testo non va intesa in senso genetico, come se da un nucleo di testo primario si generi il testo di superficie, ma semplicemente come un fattore per cui le strutture di base o "profonde" devono giustificare la coerenza delle strutture di superficie. Nel 1966 Greimas pubblica la "semantica strutturale", l'opera che conferma la sua statura internazionale.

Importante è stato nel modello greimasiano il riferimento all'opera dell'etnografo russo Vladimir Jakovlevic Propp autore della Morfologia della fiaba (1928). Propp, analizzando un corpus limitato di fiabe russe aveva individuato una struttura ricorrente di trentuno funzioni narrative presenti in tutte le fiabe con varianti relative. Aveva individuato il ricorrere di sette sfere d'azione che caratterizzavano i ruoli di alcuni personaggi nelle fiabe in analisi. Dalle sfere d'azione Greimas elabora un modello più astratto delle funzioni svolte dai personaggi, potenzialmente adattabile ad ogni forma di narrazione. Chiama queste funzioni attanti e le identifica in tre coppie essenziali: soggetto/oggetto; destinatante/destinatario, aiutante/opponente.

Sulle basi dello strutturalismo linguistico si formeranno successivamente altri movimenti che hanno anche sovvertito l'idea di partenza di "struttura", come i poststrutturalisti e i decostruzionisti, ma senza gli studi iniziali c'è da chiedersi se queste nuove idee si sarebbero affermate.

 

Semiologia dell'arte

 

Ho esaminato molto in generale alcune teorie basilari della semiologia e della semiotica, ora vorrei analizzare la semiologia dell'arte in quanto vicina al tema principale di questa tesi, cioè l'arte in generale e il Medialismo.

Che cos'è la semiologia o semiotica dell'arte? (Alcuni studiosi come Barthes preferiscono chiamarla semiologia "alla Saussure", altri di impostazione americana, per esempio Omar Calabrese, la chiamano semiotica).

È la branca specializzata della semiologia che si occupa di problematiche artistiche. La semiologia in generale è collegabile al modello linguistico, ma in arte non si parla solo di linguaggio e di elementi linguistici, e quindi di parole concatenate in un certo modo, ma si parla di icone, immagini e rappresentazione, pertanto il rapporto tra semiologia e arte è conflittuale. L'immagine è un segno particolare la cui definizione nella sua polivalenza e complessità non rientra necessariamente nella definizione di segno bipartita (Ferdinand de Saussure, segno come relazione fra significante e significato) sia di quella tripartita (Charles Sanders Peirce, segno come triangolazione fra representamen/significato, interpretans/significante e referente/oggetto).

Proprio per questa difficoltà Peirce definirà, in un secondo tempo, l'immagine con tre possibili caratteristiche: indice, icona, simbolo.

La semiologia ha sempre cercato di non dipendere da metodologie storiche secondo un'ottica positivista sorpassata e mira ad istituire una semiologia dell'arte considerata come scienza e indipendente dalla storia, per cui il compito del semiotico anche critico d'arte è quello di decodificare i messaggi segnici secondo un'analisi sincronica non diacronica (come diceva Saussure nella sua concezione strutturalista). Ciò non impedisce, quando necessario, di intraprendere un'analisi della storia per analizzare una problematica artistica.

Per esempio in Teoria della nuvola. Per una storia della pittura13, Hubert Damish, uno dei primi semiologi ad occuparsi di semiologia dell'arte, per dimostrare come la rappresentazione della nuvola sia una figura simbolica ricorrente in tutta la storia dell'arte, ripercorre la storia dall'età paleocristiana in poi. Ma la sua è un'analisi storica mirata, non dipendente da una chiusa metodologia storica di carattere positivista.

Bisogna premettere che, come scrive Omar Calabrese14

"... l'arte in quanto qualità di certe opere prodotte a fini estetici e in quanto produzione di oggetti con effetto estetico è un fenomeno di comunicazione e di significazione, e come tale può essere esaminato".

È necessario fare un passo indietro e ricordare che "... la semiotica considera tutti i fenomeni culturali come fenomeni di comunicazione. Ma non solo, li considera anche come processi di significazione. Un processo comunicativo è infatti, come si è già detto, un semplice passaggio di un segnale da una fonte, attraverso una emittente, lungo un canale, a un destinatario".

Qui Calabrese spiega che se attraverso due macchine c'è il passaggio di segnali, anche reciprocamente reattivi, questa è una semplice comunicazione, non c'è la significazione. Questa avviene quando il destinatario è un essere umano che interpreta il segnale.

La semiotica può essere applicata a molti campi: linguaggi animali, comunicazione tattile, sistemi del gusto, di paralinguistica, di semiotica medica, di cinesica e prossemica (gesti, posture e distanze), di linguaggi formalizzati... e di arte naturalmente. Di tutto, purché dal punto di vista della comunicazione e della significazione. Ribadito questo concetto si può osservare che la semiotica dell'arte è stata preceduta da una critica d'arte presemiotica che ha posto i primi fondamenti nel campo dell'arte con teorie nuove e rivoluzionarie per l'epoca.

La prima corrente di rilievo è stata la teoria della "purovisibilità" (così definita a posteriori da benedetto croce), teorizzata dallo studioso Konrad Fiedler (1841-1895), laureato in giurisprudenza) che sosteneva che l'arte doveva essere giudicata dall'atto stesso del vedere, libera da ogni giudizio dipendente dalla storia dell'arte passata, dall'estetica o altre discipline, avanzando dunque per primo il concetto di autonomia dell'arte. Egli portò avanti le sue convinzioni insieme al sodalizio artistico con lo scultore Adolf Von Hildebrand e il pittore Hans Von Marées.

La teoria della pura visibilità è stata ulteriormente sviluppata dallo storico dell'arte Alois Riegl (1858-1905).15 che sostiene che lo sviluppo degli stili artistici dipende, non dalla decadenza di elementi e costruzioni stilistiche precedenti, ma da momenti storici di "volontà artistica" (Kunstwollen).

Lo storico dell'arte svizzero Heinrich Wölfflin con l'opera I concetti fondamentali della storia dell'arte (1915) stabilisce una sistemazione delle categorie delle forme in base a coppie di elementi distinti in opposizione binarie come: lineare/pittorica, visione superficia

le/ visione profonda, forma aperta/forma chiusa, molteplicità/unità, chiarezza/incertezza.

Un'evoluzione della teoria della pura visibilità, anche se in contrasto con alcune delle sue concezioni, viene effettuata da Henri Focillon (1881-1943) con l'opera La vita delle forme, dove in linea con il puro-visibilismo afferma che le forme artistiche possono essere esaminate in modo autonomo, indipendente dalla storia e dalla cultura passata.

In Germania, nel primo quarto di questo secolo, ci sono le ricerche di due studiosi che sono stati fondamentali per lo sviluppo della materia: Aby Warburg (1866-1929), considerato il progenitore dell'iconologia, e Ernst Cassirer (1874-1945), uno dei maggiori filosofi europei, punto di riferimento per gli sviluppi dell'iconologia stessa (con Panofsky) e delle estetiche simboliche (Cassirer ha infatti influenzato il simbolismo di Susanne LANGER, l'estetica semiotica di Charles Morris e il New Criticism americano e inglese.

Aby Warburg è considerato uno dei padri della storia dell'arte intesa come disciplina autonoma ed è stato promotore di quella disciplina chiamata poi iconologia (termine adottato da Panofsky), per differenziarla dalla tradizionale iconografia. L'iconografia è la descrizione delle immagini (per esempio la raccolta di ritratti di un personaggio espressi in dipinti, illustrazioni, medaglie, statue e così via), l'iconologia ha invece un compito più scientifico, non meramente descrittivo, perché ricerca il significato autentico delle immagini, attraverso i documenti che lo testimoniano, come faceva Aby Warburg16 nelle sue famose ricerche in Italia e in Nord-America.

Il maggior esponente dell'iconologia è Erwin Panofsky che si rifà alla filosofia di Cassirer nei saggi Studi di iconologia (1939) e Il significato nelle arti visive (1955), dove egli delinea il problema del significato di un'opera plastica, problema che va dall'identificazione del soggetto, ai collegamenti dell'opera con la complessità della cultura e con gli atteggiamenti mentali e comportamentali dell'epoca in cui è stata composta.

Ernst Cassirer, tra il 1923 e il 1929, scrive la Filosofia delle forme simboliche. Per Cassirer, come in Kant, il problema è di fondare la conoscenza basandosi su leggi universalmente valide, che non dipendano da una pretesa "oggettività" del mondo naturale. Le "forme simboliche" (o forme strutturali) sono un complesso di elementi formali portatori di significato e legati a uno scopo o funzione; per mezzo di esse si può spiegare un mito o anche un linguaggio: linguaggio, mito, arte e scienza sono gli universi del simbolico. Le forme dell'arte condividono con le forme della scienza e del linguaggio, il fatto di essere dei costrutti intellettuali e razionali.

Per il simbolismo di Susanne LANGER (1895-1985), autrice di Sentimento e Forma (1953) la comunicazione artistica -figurativa non è analoga a quella della parola, e si apparenta piuttosto al sentimento.

Il New Criticism17 è sorto in America e Inghilterra fra il 1920 e il 1950. Suoi maggiori rappresentanti sono John Crowe Ransom (autore del saggio The New Criticism / La nuova critica, 1939), William Empson (Sette tipi di ambiguità, 1930), Renè Wellek, il poeta Thomas Stearns Eliot, Robert Penn Warren e altri.

Un vero e proprio "ponte" tra iconologia e semiotica è costituito da Ernst Gombrich18, che è considerato da molti un vero padre della semiotica dell'arte. Il concetto fondamentale delle opere di Gombrich è che il rapporto tra le rappresentazioni artistiche figurative e la realtà esterna è semplicemente "illusorio", e non derivante da maggiore o minore aderenza al "vero" (1959, Arte e illusione).19.

Sulla scia degli studi sull'iconologia di Panofsky si pongono le ricerche di Boris A. Uspenkij sulle antiche icone russe e sulla prospettiva, e di Meyer Shapiro, che sottolinea come l'analisi del fenomeno figurativo non si ponga soltanto a livello di denotazione, ma di complesse articolazioni della forma dell'espressione e del contenuto.

Un notevole contributo alla semiotica dell'arte viene dato dalla psicologia della percezione e della Gestalt (psicologia della forma). Il principio fondamentale delle teorie di Kurt Koffka, Max Wertheimer, Wolfgang Köhler, e poi di Rudolph Arnheim, è che la percezione non funzioni "atomisticamente", cioè per sommatoria di parti più piccole degli oggetti percepiti, ma per totalità. Gli oggetti tendono percettivamente a organizzarsi in una struttura complessiva, che da un lato determina la forma, la dimensione, il valore, la funzione delle parti, e dall'altro è determinata dalle parti stesse e dalle loro relazioni.

I primi studi di psicanalisi applicata all'arte sono stati compiuti da Sigmund Freud (studi sulla Gioconda di Leonardo e sulla Madonna con Bambino e Sant'Anna) e da Ernest Jones, pioniere della psicanalisi e biografo di Sigmund Freud (studio sulla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto), ma non sono convincenti perché non si basano su un'analisi dei dati veramente approfondita dal punto di vista semiotico e iconologico. Anche lo storico dell'arte, Ernst Kris (1900-1979), autore insieme a Otto Kurz della Leggenda dell'artista20, ha cercato di utilizzare la psicanalisi come strumento ausiliario per la storia dell'arte, e ha successivamente introdotto anche Gombrich alla psicoanalisi. Egli osserva che l'influenza del linguaggio sul messaggio è fondamentale per comprendere la permanenza delle forme e la loro variazione nell'arte.

La metodologia di Gombrich sta proprio nell'apparato scientifico utilizzato per lo studio della storia dell'arte, costituito dalle teorie della percezione visiva, dalla psicologia percettiva e sperimentale, dalla psicanalisi e dalla teoria dell'informazione, sempre unite però al recupero delle dottrine della pittura, così come venivano esposte dal Vasari, dagli Alberti, da Leonardo, quindi uno studio interdisciplinare che può essere considerato semiotico, anche se Gombrich non parla mai di semiotica. In questo consiste la differenza con la scuola psicologica, rappresentata per esempio da Arnheim, che cerca di unire allo studio della percezione, quello dell'estetica elementare secondo principi gestaltici.

La sociologia dell'arte presenta delle affinità con la semiotica, ma al suo interno ci sono tendenze contrastanti fra loro. Nella sociologia dell'arte d'impianto marxista Harnold Hauser, ungherese (1892-1978), allievo dello storico dell'arte Max Dvorak, pone l'arte in relazione al contesto storico-sociale21 ma con interesse verso le problematiche linguistiche e strutturaliste.

In Frederick Antal (1887-1954) e nella sua analisi sociologica troviamo elementi d'interesse semiotico come nell'opera La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento (1947).22 Una via di mezzo fra dottrine sociologiche e discipline semiotiche è stata percorsa da Pierre Francastel (1900-1970) autore del saggio "Lo spazio figurativo dal rinascimento al cubismo".

Con Francastel viene chiarito il fatto che la "sociologia" dell'arte non è una disciplina unitaria, e che sotto la sua etichetta passano ricerche e metodi assolutamente contrastanti. L'opinione di una disciplina composita e ancora suscettibile di definizione è condivisa da Enrico Castelnuovo (1929) che, nell'intento di definire la disciplina, distingue tra sociologia e storia sociale dell'arte nel saggio "Per una storia sociale dell'arte" (1976).23

 

Teorie semiotiche sull'arte: tendenze attuali

 

Omar Calabrese nel suo saggio "Il linguaggio dell'arte".24 Esamina le tendenze attuali nella semiotica in generale e nella semiotica dell'arte in particolare. Egli fa notare che la nozione più produttiva, per la semiotica dell'arte, è quella di testo, la cui definizione è "enunciato linguistico compiuto". Umberto Eco, iniziatore della semiotica interpretativa o estetologica, definisce il testo paragonandolo a una "macchina semantica pragmatica che chiede di essere attualizzata in un processo interpretativo, e le cui regole d'interpretazione coincidono con le proprie regole d'interpretazione".

si possono considerare testi non solo i racconti e i romanzi ma anche i messaggi pubblicitari, la fotografia, le architetture, le rappresentazioni teatrali, i film e le opere d'arte. Partire dal concetto testo nella semiotica dell'arte e nell'analisi dell'opera d'arte, è di grande utilità perché si parte da una struttura complessa e sistemica già formata invece che risalire dalla ricerca di "unità minime" per arrivare a un ipotetico sistema tutto da dimostrare. Inoltre, grazie alla nozione di enciclopedia (modello delle competenze socializzate in un certo momento storico), si recupera il senso di storicità dei codici perché un testo è sempre testo-nella -storia.

In sintesi la nozione di testo consente di abbandonare l'improduttiva ricerca degli specifici (cioè le unità minimali in relazione al sistema) perché ogni testo non è interpretabile come entità a sé stante (non è una struttura autonoma compiuta), bensì come entità che richiama continuamente altri testi, altre esperienze dell'autore e del lettore, indipendentemente dal supporto materiale con cui esse sono realizzate (può essere un romanzo, una poesia, un'opera d'arte).

Dopo questa nozione basilare della nozione di testo, Calabrese25 puntualizza che nella semiotica dell'arte c'è la tendenza di considerare l'opera d'arte come frutto di una teoria che la precede. Questo concetto è stato ben ribadito da Eco (in Opera aperta, 1980) dove considera il fatto che in molte opere d'arte contemporanee la teoria che le genera è altrettanto o più importante della realizzazione stessa.

Un esempio esaustivo di ricerca semiotica applicata all'arte è La teoria della nuvola (1972) di Hubert Damish. Egli ha individuato un "motivo" (in questo caso la nuvola) ripetuto in una porzione di opere in diversi periodi storici.

Questo "motivo" (o grafo) si carica di elementi teorici differenti che si scontrano e diventa esso stesso teorico e generativo di idee. Questo grafo segnico non è considerato solamente, secondo una definizione strutturalista, appartenente al piano dei contenuti o al piano dell'espressione (asse paradigmatico e sintagmatico per Hielmslev), ma anche come traccia pittorica, materica, considerabile nella sua produzione fattuale. Se percorriamo la storia dell'arte dall'epoca paleocristiana e bizantina in poi, vediamo come la nuvola assuma diversi significati: introduce il sacro nel profano, come in una simulazione teatrale, rappresenta visioni mistiche, con i santi nel cielo che si appoggiano su una nuvola, indica inferenzialmente l'irrapresentabile cioè dio e l'infinito in una fuga prospettica di nuvole (ciò avviene soprattutto nel rinascimento con la prospettiva e pittori come Correggio).

Un Altro testo importante di Damish sulla pittura è "Otto tesi pro (o contro?) una semiologia della pittura" (1974), dove, in sintesi, egli afferma che la semiotica della pittura è uno studio interdisciplinare, mirante all'interpretazione del fenomeno artistico come effetto di senso e che l'opera pittorica è da intendersi come inserita in un sistema dalla pittura che può sussistere prescindendo dalla possibilità di stabilire unità discrete minime che si articolano sui piani dell'espressione e del contenuto. Una altro importante semiotico dell'arte è Louis Marin, autore di "A proposito di un cartone di Le Brun: il quadro storico ovvero la degenerazione dell'enunciazione" (1975), in cui mette in relazione un quadro di soggetto storico e la storicità stessa del quadro, alla teoria dell'enunciazione e al concetto di "deittici". Altra opera di Marin è Détruire la peinture (1978) che affronta la differenza fra due grandi maestri manieristi come Caravaggio e Poussin, da una definizione che Poussin dà dell'artista romano. Egli dice che Caravaggio è nato per distruggere la pittura, ma possiede interamente l'arte del dipingere. con ciò Poussin non voleva dare un giudizio sull'abilità del Caravaggio quanto sul cambiamento di interpretazione teorica implicato nell'opera.

Altri autori importanti di semiotica dell'arte sono26:

- Renè Passeron, autore di Sull'apporto della poietica alla semiologia del pittorico (1976)

- Ernst Gombrich, autore di Lo specchio e la mappa: teorie della rappresentazione figurativa (1975).

- Jean Petitot, autore di San Giorgio: note sullo spazio pittorico (1979).

 

Conclusioni

 

Giustamente il lettore appassionato d'arte potrebbe chiedersi: "ma queste teorie come si relazionano con l'arte e con l'arte contemporanea in particolare?"

Innanzitutto c'è una corrente artistica come il Medialismo (vedi articoli apparsi sul IL CRISTALLO n°. 2-3 dicembre 2009 e n°1, ottobre 2010 dal titolo "Il medialismo in arte" e "Gli artisti mediali") in cui sono applicate strategie creative che si riferiscono alla semiotica.

In questo caso arte e teoria si fondono e si relazionano molto bene, ma vorrei fare un altro esempio di un concetto semiotico che è diventato opera d'arte.

Negli anni sessanta Joseph Kosuth, uno degli iniziatori dell'arte concettuale, crea "One and three chairs". Quest'opera è un'installazione composta dalla foto appesa di una sedia, dall'immagine ingrandita della definizione di sedia (da vocabolario) e da una sedia vera. Abbiamo quindi tre modi di definire la sedia: con la definizione verbale, con l'oggetto vero e con la foto dell'oggetto.

Questa è la triangolazione esposta dal filosofo Charles Sanders Peirce (1839-1914), per cui il rapporto segnico o semiosi avviene sempre tramite il rapporto di tre elementi. Il merito di Kosuth è stato di portare il concetto filosofico nel contesto artistico, non è una copiatura ma una transcodificazione, un cambiamento del contesto, da quello filosofico a quello artistico, che ha generato dei nuovi valori estetici. Infatti, Kosuth è considerato uno degli iniziatori del movimento denominato "concettuale".

 

NOTE

 

1 da Wikipedia, l'enciclopedia libera: it.wikipedia.org/wiki/strutturalismo

2 J. Dubois, m. Giacomo, L. Guespin, ch. e J. B. Marcellesi, J. P. Mével, dizionario di linguistica, Zanichelli, Bologna, 1980, pp. 87 e p. 272.

3 A. Marchese, Metodi e prove strutturali, Principato, Milano, 1978, pp. 23.

4 A. Marchese, Metodi e prove strutturali, op. cit., pp. 21-22.

5 consultazione dal sito: it.wikipedia.org/wiki/glossematica

6 www.mauriziogalluzzo.it/cladis_0607/forme/gestalt.pdf

7 consultazione dal sito: it.wikipedia.org/wiki/semiotica

8 U. Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano, 1984.

9 U. Volli, Manuale di semiotica, Laterza, Roma-Bari, 2000, pp. 6-9

10 U. Volli, Manuale di semiotica, op. cit., pp. 10-11

11 M. Joly, Introduzione all'analisi dell'immagine, Lindau, Torino, 1999, pp. 38-39

12 consultazione dal sito: it.wikipedia.org/wiki/Karl_Popper

13 H. Damish Teoria della nuvola. Per una storia della pittura, Costa & Nolan, Genova-Milano, 1984.

14 O. Calabrese, Il linguaggio dell'arte, Bompiani, Milano, 1985, pp. IV-V Introduzione.

15 A. Riegl, Industria artistica tardoromana, in due volumi (1901 e 1923).

16 A. Warburg, Il rituale del serpente, Adelphi, Milano, 1988. A. Warburg, Mnemosyne, Aragno, Torino, 2002

17 dal sito: it.encarta.msn.com/encyclopedia_981536216/New_criticism.html
[ora: http://web.archive.org/web/20090213013158/http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981536216/New_Criticism.html]

18 O. Calabrese, Il linguaggio dell'arte, op. cit. p. 27.

19 E. Gombrich, Arte e illusione, Einaudi, Torino, 1965.

20 E. Kris - O. Kurz, La leggenda dell'artista, Bollati Boringhieri, Torino, 1998.

21 H. Hauser, Storia sociale dell'arte, Einaudi, Torino, 1971.

22 F. Antal, La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Einaudi, Torino, 1960:

23 E. Castelnuovo, Per una storia sociale dell'arte, 1976
E. Castelnuovo, Arte, Industria, rivoluzioni: temi di storia sociale dell'arte. Torino, Einaudi, 1985

24 O. Calabrese, Il linguaggio dell'arte, Bompiani, Milano, 1985, p. 153

25 O. Calabrese, Il linguaggio dell'arte, op. cit., p. 209

26 (a cura di) O. Calabrese, Semiotica della pittura, il Saggiatore, Milano, 1980

 

BIBLIOGRAFIA

 

Antal F., La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel primo Quattrocento, Einaudi, Torino, 1960.

Barthes R., Introduzione all'Analisi strutturale dei racconti, in Calabrese O., Il linguaggio dell'arte, Bompiani, Milano, 1985 Castelnuovo E., Per una storia sociale dell'arte, 1976.

Calabrese O., Il linguaggio dell'arte, Bompiani, Milano, 1985.

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Warburg A., Mnemosyne, Aragno, Torino, 2002.

 

CONSULTATI I SITI

 

it.wikipedia.org/wiki/Strutturalismo

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www.mauriziogalluzzo.it/cladis_0607/forme/pdf/gestalt.pdf

it.wikipedia.org/wiki/Semiotica

it.wikipedia.org/wiki/Karl_Popper

it.encarta.msn.com/encyclopedia_981536216/New_criticism.html

    [ora: http://web.archive.org/web/20090213013158/http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981536216/New_Criticism.html]

filosofico.net/deleuze2.htm (a cura di Diego Fusaro)